Gianrico Carofiglio: Le perfezioni provvisorie

"(…) Ho fatto l’avvocato per caso, ho sempre vissuto questo lavoro come un ripiego, quasi vergognandomene. E ho sempre avuto difficoltà – con me stesso, figuriamoci con gli altri – ad ammettere quanto mi piaccia, invece”.Lei fece un bel sorriso. Di quelli che capisci che l’altra persona ti sta ascoltando davvero. Non disse niente, ma non ce n’era bisogno. Mi invitava a continuare.

“La verità è che ho sempre trattato il mio lavoro con sufficienza. All’università mi ci sono iscritto non sapendo cosa fare. Ho sempre avuto una visione ideologica e stereotipa del lavoro di avvocato e mi sono quasi sempre negato il diritto di esserne orgoglioso. Non ho mai veramente avuto il coraggio di rivedere quell’idea infantile dell’avvocato come lavoro eticamente traballante. Una cosa da imbroglioni o azzeccagarbugli.”

“Non è così? Io, a parte te, non ho avuto grandi esperienze con gli avvocati.”

“Certo che spesso è così. La categoria è piena di cialtroni, imbroglioni, semianalfabeti e anche qualche bel delinquente. Peraltro non ne mancano anche fra i magistrati, o in qualsiasi altra categoria. La questione però non è se ci siano i mascalzoni o gli incompetenti, o che il lavoro di avvocati si presti ad esaltare alcuni degli aspetti peggiori dell’intelligenze e delle persone."

“E qual è la questione?”

“La questione è che questo è un lavoro in cui puoi essere un uomo libero. Ed è un lavoro che ti può riservare cose… ecco, ci sono poche cose nella vita come ottenere l’assoluzione di un imputato, che magari rischiava una pena altissima o addirittura l’ergastolo, quando sai che quell’imputato è innocente. ”

“Io non ero innocente” disse Nadia sorridendo.

[Sellerio Editore Palermo, 2010, pp.234-235]

"(…) Ho fatto l’avvocato per caso, ho sempre vissuto questo lavoro come un ripiego, quasi vergognandomene. E ho sempre avuto difficoltà – con me stesso, figuriamoci con gli altri – ad ammettere quanto mi piaccia, invece”.Lei fece un bel sorriso. Di quelli che capisci che l’altra persona ti sta ascoltando davvero. Non disse niente, ma non ce n’era bisogno. Mi invitava a continuare.

“La verità è che ho sempre trattato il mio lavoro con sufficienza. All’università mi ci sono iscritto non sapendo cosa fare. Ho sempre avuto una visione ideologica e stereotipa del lavoro di avvocato e mi sono quasi sempre negato il diritto di esserne orgoglioso. Non ho mai veramente avuto il coraggio di rivedere quell’idea infantile dell’avvocato come lavoro eticamente traballante. Una cosa da imbroglioni o azzeccagarbugli.”

“Non è così? Io, a parte te, non ho avuto grandi esperienze con gli avvocati.”

“Certo che spesso è così. La categoria è piena di cialtroni, imbroglioni, semianalfabeti e anche qualche bel delinquente. Peraltro non ne mancano anche fra i magistrati, o in qualsiasi altra categoria. La questione però non è se ci siano i mascalzoni o gli incompetenti, o che il lavoro di avvocati si presti ad esaltare alcuni degli aspetti peggiori dell’intelligenze e delle persone."

“E qual è la questione?”

“La questione è che questo è un lavoro in cui puoi essere un uomo libero. Ed è un lavoro che ti può riservare cose… ecco, ci sono poche cose nella vita come ottenere l’assoluzione di un imputato, che magari rischiava una pena altissima o addirittura l’ergastolo, quando sai che quell’imputato è innocente. ”

“Io non ero innocente” disse Nadia sorridendo.

[Sellerio Editore Palermo, 2010, pp.234-235]