Ludovico Ariosto (1473 - 1533) ORLANDO FURIOSO (Canto IV, LVIIl - LXVIII)

La figlia del re nostro or se ritrova

bisognosa d’aiuto e di difesa

con tra un baron che Lurcanio si chiama,

che tor le cerca e la vita e la fama.

LVIII

Questo Lurcanio al padre l’ha accusata

(forse per odio piu che per ragione)

averla a mezza notte ritrovata

trarr’un suo amante a sé sopra un verrone.

Per le leggi del regno condannata

al fuoco fia, se non truova campione

che fra un mese, oggimai presso a finire,

l’iniquo accusator faccia mentire.

LIX

L’aspra legge di Scozia, empia e severa,

vuol ch’ogni donna, e di ciascuna sorte,

ch’ad uom si giunga, e non gli sia mogliera,

s’accusata ne viene, abbia la morte.

Né riparar si può ch’ella non pèra,

quando per lei non venga un guerrier forte

che tolga la difesa, e che sostegna

che sia innocente e di morire indegna.

LX

Il re, dolente per Ginevra bella

(che cosf nominata è la sua figlIa),

ha publicato per città e castella,

che s’alcun la difesa di lei piglia,

e che l’estingua la calunnia fella

(pur che sia nato di nobil famiglia),

l’avrà per moglie, et uno stato, quale

fìa convenevol dote a donna tale.

LXI

Ma se fra un mese alcun per lei non viene,

o venendo non vince, sarà uccisa.

Simile impresa meglio ti conviene,

ch’andar pei boschi errando a questa guisa:

oltre ch’onor e fama te n’aviene

ch’in eterno da te non fìa divisa,

guadagni il fior di quante belle donne

da l’lndo sono all’ Atlantee colonne;

LXII

e una ricchezza appresso, et uno stato

che sempre far ti può viver contento;

e la grazia del re, se suscitato

per te gli fia il suo onor, che è quasi spento.

Poi per cavalleria tu se’ ubligato

a vendicar di tanto tradimento

costei, che per commune opinione,

di vera pudicizia è un paragone. -

LXIII

Pensò Rinaldo alquanto, e poi rispose:

- Una donzella dunque de’ morire

perché lasciò sfogar ne l’amorose

sue braccia al suo amator tanto desire?

Sia maladetto chi tal legge pose,

e maladetto chi la può patire!

Debitamente muore una crudele,

non chi dà vita al suo amator fedele.

LXIV

Sia vero o falso che Ginevra tolto

s’abbia il suo amante, io non riguardo a questo:

d’averlo fatto la loderei molto,

quando non fosse stato manifesto.

Ho in sua difesa ogni pensier rivolto:

datemi pur un chi mi guidi presto,

e dove sia l’accusator mi mene;

ch’io spero in Dio Ginevra trar di pene.

LXV

Non vo’ già dir ch’ella non l’abbia fatto;

che nol sappiendo, il falso dir potrei:

dirò ben che non de’ per simil atto

punizion cadere alcuna in lei;

e dirò che fu ingiusto o che fu matto

chi fece prima li statuti rei;

e come iniqui rivocar si denno,

e nuova legge far con miglior senno.

LXVI

S’un medesimo ardor, s’un disir pare

inchina e sforza l’uno e l’altro sesso

a quel suave fin d’amor, che pare

all’ignorante vulgo un grave eccesso;

perché si de’ punir donna o biasmare,

che con uno o piu d’uno abbia commesso

quel che l’uom fa con quante n’ha appetito,

e lodato ne va, non che impunito?

LXVII

Son fatti in questa legge disuguale

veramente alle donne espressi torti;

e spero in Dio mostrar che gli è gran male

che tanto lungamente si comporti. -

Rinaldo ebbe il consenso universale,

che fur gli antiqui ingiusti e male accorti,

che consentiro a così iniqua legge,

e mal fa il re, che può, né la corregge.

La figlia del re nostro or se ritrova

bisognosa d’aiuto e di difesa

con tra un baron che Lurcanio si chiama,

che tor le cerca e la vita e la fama.

LVIII

Questo Lurcanio al padre l’ha accusata

(forse per odio piu che per ragione)

averla a mezza notte ritrovata

trarr’un suo amante a sé sopra un verrone.

Per le leggi del regno condannata

al fuoco fia, se non truova campione

che fra un mese, oggimai presso a finire,

l’iniquo accusator faccia mentire.

LIX

L’aspra legge di Scozia, empia e severa,

vuol ch’ogni donna, e di ciascuna sorte,

ch’ad uom si giunga, e non gli sia mogliera,

s’accusata ne viene, abbia la morte.

Né riparar si può ch’ella non pèra,

quando per lei non venga un guerrier forte

che tolga la difesa, e che sostegna

che sia innocente e di morire indegna.

LX

Il re, dolente per Ginevra bella

(che cosf nominata è la sua figlIa),

ha publicato per città e castella,

che s’alcun la difesa di lei piglia,

e che l’estingua la calunnia fella

(pur che sia nato di nobil famiglia),

l’avrà per moglie, et uno stato, quale

fìa convenevol dote a donna tale.

LXI

Ma se fra un mese alcun per lei non viene,

o venendo non vince, sarà uccisa.

Simile impresa meglio ti conviene,

ch’andar pei boschi errando a questa guisa:

oltre ch’onor e fama te n’aviene

ch’in eterno da te non fìa divisa,

guadagni il fior di quante belle donne

da l’lndo sono all’ Atlantee colonne;

LXII

e una ricchezza appresso, et uno stato

che sempre far ti può viver contento;

e la grazia del re, se suscitato

per te gli fia il suo onor, che è quasi spento.

Poi per cavalleria tu se’ ubligato

a vendicar di tanto tradimento

costei, che per commune opinione,

di vera pudicizia è un paragone. -

LXIII

Pensò Rinaldo alquanto, e poi rispose:

- Una donzella dunque de’ morire

perché lasciò sfogar ne l’amorose

sue braccia al suo amator tanto desire?

Sia maladetto chi tal legge pose,

e maladetto chi la può patire!

Debitamente muore una crudele,

non chi dà vita al suo amator fedele.

LXIV

Sia vero o falso che Ginevra tolto

s’abbia il suo amante, io non riguardo a questo:

d’averlo fatto la loderei molto,

quando non fosse stato manifesto.

Ho in sua difesa ogni pensier rivolto:

datemi pur un chi mi guidi presto,

e dove sia l’accusator mi mene;

ch’io spero in Dio Ginevra trar di pene.

LXV

Non vo’ già dir ch’ella non l’abbia fatto;

che nol sappiendo, il falso dir potrei:

dirò ben che non de’ per simil atto

punizion cadere alcuna in lei;

e dirò che fu ingiusto o che fu matto

chi fece prima li statuti rei;

e come iniqui rivocar si denno,

e nuova legge far con miglior senno.

LXVI

S’un medesimo ardor, s’un disir pare

inchina e sforza l’uno e l’altro sesso

a quel suave fin d’amor, che pare

all’ignorante vulgo un grave eccesso;

perché si de’ punir donna o biasmare,

che con uno o piu d’uno abbia commesso

quel che l’uom fa con quante n’ha appetito,

e lodato ne va, non che impunito?

LXVII

Son fatti in questa legge disuguale

veramente alle donne espressi torti;

e spero in Dio mostrar che gli è gran male

che tanto lungamente si comporti. -

Rinaldo ebbe il consenso universale,

che fur gli antiqui ingiusti e male accorti,

che consentiro a così iniqua legge,

e mal fa il re, che può, né la corregge.