Luigi Pirandello (1867-1936) IL FU MATTIA PASCAL

- Tu vuoi tornare a Miragno?

- Certamente, stasera.

- Dunque non sai nulla?

Si coprì il volto con le mani e gemette:

- Disgraziato! Che hai fatto... che hai fatto...? Ma non sai che tua moglie...?

- Morta? - esclamai, restando.

- No! Peggio! Ha... ha ripreso marito!

Trasecolai.

- Marito?

- Sì, Pomino! Ho ricevuto la partecipazione. Sarà più d’un anno.

- Pomino? Pomino, marito di... - balbettai; ma subito un riso amaro, come un rigurgito di bile, mi saltò alla gola, e risi, risi fragorosamente.

Roberto mi guardava sbalordito, forse temendo che fossi levato di cervello.

- Ridi?

- Ma si! ma sì! ma sì! - gli gridai, scotendolo per le braccia. - Tanto meglio! Questo è il colmo della mia fortuna!

- Che dici? - scattò Roberto, quasi rabbiosamente. - Fortuna? Ma se tu ora vai lì...

- Subito ci corro, figùrati!

- Ma non sai dunque che ti tocca a riprendertela?

- Io? Come!

- Ma certo! - raffermò Berto, mentre sbalordito lo guardavo io, ora, a mia volta. - Il secondo matrimonio s’annulla, e tu sei obbligato a riprendertela.

Sentii sconvolgermi tutto.

- Come! Che legge è questa? - gridai. - Mia moglie si rimarita, ed io.. Ma che? Sta’ zitto! Non è possibile!

- E io ti dico invece che è proprio così! - sostenne Berto. - Aspetta: c’è di là mio cognato. Te lo spiegherà meglio lui, che è dottore in legge. Vieni... o meglio, no: attendi un po’ qua: mia moglie è incinta; non vorrei che, per quanto ti conosca poco, le potesse far male un’impressione troppo forte... Vado a prevenirla... Attendi, eh?

E mi tenne la mano fin sulla soglia dell’uscio, come se temesse ancora, che - lasciandomi per un momento - io potessi sparir di nuovo.

Rimasto solo, mi misi a fare in quel salottino le volte del leone. « Rimaritata! con Pomino! Ma sicuro... Anche la stessa moglie. Lui - eh già! - la aveva amata prima. Non gli sarà parso vero! E anche lei... figuriamoci! Ricca, moglie di Pomino... E mentre lei qua s’era rimaritata, io là a Roma... E ora devo riprendermela! Ma possibile? »

Poco dopo, Roberto venne a chiamarmi tutto esultante. Ero ormai però tanto scombussolato da questa notizia inattesa, che non potei rispondere alla festa che mi fecero mia cognata e la madre e il fratello di lei. Berto se n’accorse, e interpellò subito il cognato su ciò che mi premeva soprattutto di sapere.

- Ma che legge è questa? - proruppi ancora una volta. - Scusi! Questa è legge turca!

Il giovane avvocato sorrise, rassettandosi le lenti sul naso, con aria di superiorità.

- Ma pure è così, - mi rispose. - Roberto ha ragione. Non rammento con precisione l’articolo, ma il caso è previsto dal codice: il secondo matrimonio diventa nullo, alla ricomparsa del primo coniuge.

- E io devo riprendermi, - esclamai irosamente, - una donna che, a saputa di tutti, è stata per un anno intero in funzione di moglie con un altr’uomo, il quale...

- Ma per colpa sua, scusi, caro signor Pascal! - m’interruppe l’avvocatino, sempre sorridente.

- Per colpa mia? Come? - feci io. - Quella buona donna sbaglia, prima di tutto, riconoscendomi nel cadavere d’un disgraziato che s’annega, poi s’affretta a riprender marito, e la colpa è mia? e io devo riprendermela?

- Certo, - replicò quegli, - dal momento che lei, signor Pascal, non volle correggere a tempo, prima cioè del termine prescritto dalla legge per contrarre un secondo matrimonio, lo sbaglio di sua moglie, sbaglio che poté anche - non nego - essere in mala fede. Lei lo accettò, quel falso riconoscimento, e se ne avvalse... Oh, badi: io la lodo di questo: per me ha fatto benissimo. Mi fa specie, anzi, che lei ritorni a ingarbugliarsi nell’intrico di queste nostre stupide leggi sociali. Io, ne’ panni suoi, non mi sarei fatto più vivo.

La calma, la saccenteria spavalda di questo giovanottino laureato di fresco m’irritarono.

- Ma perché lei non sa che cosa voglia dire! - gli risposi, scrollando le spalle.

- Come! - riprese lui. - Si può dare maggior fortuna, maggior felicità di questa?

- Sì, la provi! la provi! - esclamai, voltandomi verso Berto, per piantarlo lì, con la sua presunzione.

Ma anche da questo lato trovai spine.

- Oh, a proposito, - mi domandò mio fratello, - e come hai fatto, in tutto questo tempo, per...?

E stropicciò il pollice e l’indice, per significare quattrini.

- Come ho fatto? - gli risposi. - Storia lunga! Non sono adesso in condizione di narrartela. Ma ne ho avuti, sai? quattrini, e ne ho ancora: non credere dunque ch’io ritorni ora a Miragno perché ne sia a corto!

- Ah, ti ostini a tornarci? - insistette Berto, - anche dopo queste notizie?

- Ma si sa che ci torno! - esclamai. - Ti pare che dopo quello che ho sperimentato e sofferto, voglia fare ancora il morto? No, caro mio: là, là; voglio le mie carte in regola, voglio risentirmi vivo, ben vivo, e anche a costo di riprendermi la moglie. Di, un po’, è ancora viva la madre... la vedova Pescatore ?

- Oh, non so, - mi rispose Berto. - Comprenderai che, dopo il secondo matrimonio... Ma credo di sì, che sia viva...

- Mi sento meglio! - esclamai. - Ma non importa! Mi vendicherò! Non son più quello di prima, sai? Soltanto mi dispiace che sarà una fortuna per quell’imbecille di Pomino!

Risero tutti. Il servo venne intanto ad annunziare ch’era in tavola. Dovetti fermarmi a desinare; ma fremevo di tanta impazienza, che non m’accorsi nemmeno di mangiare; sentii però infine che avevo divorato. La fiera, in me, s’era rifocillata, per prepararsi all’imminente assalto.

Berto mi propose di trattenermi almeno per quella sera in villa: la mattina seguente saremmo andati insieme a Miragno. Voleva godersi la scena del mio ritorno impreveduto alla vita, quel mio piombar come un nibbio là sul nido di Pomino. Ma io non tenevo più alle mosse, e non volli saperne: lo pregai di lasciarmi andar solo, e quella sera stessa, senz’altro indugio.

Partii col treno delle otto: fra mezz’ora, a Miragno.

- Tu vuoi tornare a Miragno?

- Certamente, stasera.

- Dunque non sai nulla?

Si coprì il volto con le mani e gemette:

- Disgraziato! Che hai fatto... che hai fatto...? Ma non sai che tua moglie...?

- Morta? - esclamai, restando.

- No! Peggio! Ha... ha ripreso marito!

Trasecolai.

- Marito?

- Sì, Pomino! Ho ricevuto la partecipazione. Sarà più d’un anno.

- Pomino? Pomino, marito di... - balbettai; ma subito un riso amaro, come un rigurgito di bile, mi saltò alla gola, e risi, risi fragorosamente.

Roberto mi guardava sbalordito, forse temendo che fossi levato di cervello.

- Ridi?

- Ma si! ma sì! ma sì! - gli gridai, scotendolo per le braccia. - Tanto meglio! Questo è il colmo della mia fortuna!

- Che dici? - scattò Roberto, quasi rabbiosamente. - Fortuna? Ma se tu ora vai lì...

- Subito ci corro, figùrati!

- Ma non sai dunque che ti tocca a riprendertela?

- Io? Come!

- Ma certo! - raffermò Berto, mentre sbalordito lo guardavo io, ora, a mia volta. - Il secondo matrimonio s’annulla, e tu sei obbligato a riprendertela.

Sentii sconvolgermi tutto.

- Come! Che legge è questa? - gridai. - Mia moglie si rimarita, ed io.. Ma che? Sta’ zitto! Non è possibile!

- E io ti dico invece che è proprio così! - sostenne Berto. - Aspetta: c’è di là mio cognato. Te lo spiegherà meglio lui, che è dottore in legge. Vieni... o meglio, no: attendi un po’ qua: mia moglie è incinta; non vorrei che, per quanto ti conosca poco, le potesse far male un’impressione troppo forte... Vado a prevenirla... Attendi, eh?

E mi tenne la mano fin sulla soglia dell’uscio, come se temesse ancora, che - lasciandomi per un momento - io potessi sparir di nuovo.

Rimasto solo, mi misi a fare in quel salottino le volte del leone. « Rimaritata! con Pomino! Ma sicuro... Anche la stessa moglie. Lui - eh già! - la aveva amata prima. Non gli sarà parso vero! E anche lei... figuriamoci! Ricca, moglie di Pomino... E mentre lei qua s’era rimaritata, io là a Roma... E ora devo riprendermela! Ma possibile? »

Poco dopo, Roberto venne a chiamarmi tutto esultante. Ero ormai però tanto scombussolato da questa notizia inattesa, che non potei rispondere alla festa che mi fecero mia cognata e la madre e il fratello di lei. Berto se n’accorse, e interpellò subito il cognato su ciò che mi premeva soprattutto di sapere.

- Ma che legge è questa? - proruppi ancora una volta. - Scusi! Questa è legge turca!

Il giovane avvocato sorrise, rassettandosi le lenti sul naso, con aria di superiorità.

- Ma pure è così, - mi rispose. - Roberto ha ragione. Non rammento con precisione l’articolo, ma il caso è previsto dal codice: il secondo matrimonio diventa nullo, alla ricomparsa del primo coniuge.

- E io devo riprendermi, - esclamai irosamente, - una donna che, a saputa di tutti, è stata per un anno intero in funzione di moglie con un altr’uomo, il quale...

- Ma per colpa sua, scusi, caro signor Pascal! - m’interruppe l’avvocatino, sempre sorridente.

- Per colpa mia? Come? - feci io. - Quella buona donna sbaglia, prima di tutto, riconoscendomi nel cadavere d’un disgraziato che s’annega, poi s’affretta a riprender marito, e la colpa è mia? e io devo riprendermela?

- Certo, - replicò quegli, - dal momento che lei, signor Pascal, non volle correggere a tempo, prima cioè del termine prescritto dalla legge per contrarre un secondo matrimonio, lo sbaglio di sua moglie, sbaglio che poté anche - non nego - essere in mala fede. Lei lo accettò, quel falso riconoscimento, e se ne avvalse... Oh, badi: io la lodo di questo: per me ha fatto benissimo. Mi fa specie, anzi, che lei ritorni a ingarbugliarsi nell’intrico di queste nostre stupide leggi sociali. Io, ne’ panni suoi, non mi sarei fatto più vivo.

La calma, la saccenteria spavalda di questo giovanottino laureato di fresco m’irritarono.

- Ma perché lei non sa che cosa voglia dire! - gli risposi, scrollando le spalle.

- Come! - riprese lui. - Si può dare maggior fortuna, maggior felicità di questa?

- Sì, la provi! la provi! - esclamai, voltandomi verso Berto, per piantarlo lì, con la sua presunzione.

Ma anche da questo lato trovai spine.

- Oh, a proposito, - mi domandò mio fratello, - e come hai fatto, in tutto questo tempo, per...?

E stropicciò il pollice e l’indice, per significare quattrini.

- Come ho fatto? - gli risposi. - Storia lunga! Non sono adesso in condizione di narrartela. Ma ne ho avuti, sai? quattrini, e ne ho ancora: non credere dunque ch’io ritorni ora a Miragno perché ne sia a corto!

- Ah, ti ostini a tornarci? - insistette Berto, - anche dopo queste notizie?

- Ma si sa che ci torno! - esclamai. - Ti pare che dopo quello che ho sperimentato e sofferto, voglia fare ancora il morto? No, caro mio: là, là; voglio le mie carte in regola, voglio risentirmi vivo, ben vivo, e anche a costo di riprendermi la moglie. Di, un po’, è ancora viva la madre... la vedova Pescatore ?

- Oh, non so, - mi rispose Berto. - Comprenderai che, dopo il secondo matrimonio... Ma credo di sì, che sia viva...

- Mi sento meglio! - esclamai. - Ma non importa! Mi vendicherò! Non son più quello di prima, sai? Soltanto mi dispiace che sarà una fortuna per quell’imbecille di Pomino!

Risero tutti. Il servo venne intanto ad annunziare ch’era in tavola. Dovetti fermarmi a desinare; ma fremevo di tanta impazienza, che non m’accorsi nemmeno di mangiare; sentii però infine che avevo divorato. La fiera, in me, s’era rifocillata, per prepararsi all’imminente assalto.

Berto mi propose di trattenermi almeno per quella sera in villa: la mattina seguente saremmo andati insieme a Miragno. Voleva godersi la scena del mio ritorno impreveduto alla vita, quel mio piombar come un nibbio là sul nido di Pomino. Ma io non tenevo più alle mosse, e non volli saperne: lo pregai di lasciarmi andar solo, e quella sera stessa, senz’altro indugio.

Partii col treno delle otto: fra mezz’ora, a Miragno.