Michail Bulgakov (1891 - 1940) IL MAESTRO E MARGHERITA
Così erano stati condannati a morte, e l’esecuzione doveva aver luogo oggi, tre ladroni: Disma, Cesta e Barabba, oltre a questo Yeshua Ha-Nosri. I primi due, che avevano creduto bene di sobillare il popolo a ribellarsi a Cesare, presi dalle autorità romane dopo molta resistenza, dipendevano dal procuratore per cui su di loro non c’era da discutere; gli altri due, Barabba e Ha-Nosri, erano stati presi dalle autorità locali e condannati dal Sinedrio. Secondo la legge e secondo la consuetudine ad uno dei due condannati bisognava rendere la libertà, in occasione della grande festa di pasqua che aveva inizio quel giorno. Perciò il procuratore desiderava sapere quale dei due condannati il capo del Sinedrio aveva intenzione di liberare: Barabba o Ha-Nosri?
Caifa accennò col capo che la domanda era chiara, e rispose: "Il Sinedrio chiede che sia liberato Barabba".
Il procuratore sapeva bene che così gli avrebbe risposto il Sommo sacerdote del tempio. Ma la sua intenzione era di mostrare stupore a una simile risposta.
Pilato lo fece con molta arte. Le sopracciglia si sollevarono sul viso solenne e il procuratore guardò stupito negli occhi il Sommo sacerdote.
"Confesso che questa risposta mi ha colpito" disse morbido il procuratore. "Temo che ci sia un equivoco."
Pilato spiegò. L’autorità di Roma rispetta i diritti delle autorità religiose locali. Lo sa bene il capo del Sinedrio. Ma in questo caso c’era un errore evidente. E l’autorità di Roma si seno tiva in dovere di correggere tale errore.
In realtà, i delitti di Barabba e di Ha-Nosri non erano confrontabili. Se il secondo, evidentemente un pazzo, era colpevole di aver pronunciato discorsi assurdi in Gerusalemme e in altri luoghi, il primo aveva colpe ben più rilevanti. Non solo incitava apertamente alla rivolta, ma aveva anche ucciso una guardia quando stava per essere catturato. Barabba era infinitamente più pericoloso di Ha-Nosri.
Perciò il procuratore chiedeva al Sommo sacerdote di rivedere la decisione e di lasciare in libertà il meno pericoloso dei due, che era senza dubbio Ha-Nosri. Dunque?..
Caifa disse piano ma con fermezza che il Sinedrio aveva attentamente esaminato la questione e che egli confermava la decisione di liberare Barabba.
"Come? Nonostante il mio intervento? Io, che rappresento il potere di Roma? Ripetilo per la terza volta."
"Per la terza volta confermo la nostra decisione di liberare Barabba" disse piano Caifa.
L’argomento era chiuso, e non era il caso di parlame àncora. Ha-Nosri se ne andava per sempre e nessuno avrebbe più saputo liberare il procuratore dai suoi terribili, malvagi dolori; non restava altro sollievo che la morte. Ma non era questo il pensiero che colpiva ora Pilato. L’incomprensibile ansia che già l’aveva preso sul terrazzo si era impadronita ormai di tutto il suo essere.
Cercò subito di spiegarsela, e la spiegazione era strana.
Parve al depresso procuratore di aver tralasciato di dire qualcosa al condannato e forse di aver tralasciato di ascoltare qualcosa.
Pilato scacciò questo pensiero che si dileguò in un attimo, com’era venuto. Si dileguò il pensiero ma l’angoscia rimase senza spiegazione perché non servì neppure un altro rapido pensiero durato il bagliore d’un lampo e subito spentosi: "L’immortalità... È venuta l’immortalità...". L’immortalità di chi? Non riusciva a capirlo, il procuratore, ma il pensiero di questa miste. riosa immortalità gli mise freddo sotto quel gran sole.
"Bene," disse Pilato "sia pure."
[RCS Rizzoli Libri S.p.a., Superbur Classici, 2000, pp.60-62] Pilato disse che aveva esaminato le accuse contro Yeshua Ha-Nosri e che aveva confermato la condanna a morte.
Così erano stati condannati a morte, e l’esecuzione doveva aver luogo oggi, tre ladroni: Disma, Cesta e Barabba, oltre a questo Yeshua Ha-Nosri. I primi due, che avevano creduto bene di sobillare il popolo a ribellarsi a Cesare, presi dalle autorità romane dopo molta resistenza, dipendevano dal procuratore per cui su di loro non c’era da discutere; gli altri due, Barabba e Ha-Nosri, erano stati presi dalle autorità locali e condannati dal Sinedrio. Secondo la legge e secondo la consuetudine ad uno dei due condannati bisognava rendere la libertà, in occasione della grande festa di pasqua che aveva inizio quel giorno. Perciò il procuratore desiderava sapere quale dei due condannati il capo del Sinedrio aveva intenzione di liberare: Barabba o Ha-Nosri?
Caifa accennò col capo che la domanda era chiara, e rispose: "Il Sinedrio chiede che sia liberato Barabba".
Il procuratore sapeva bene che così gli avrebbe risposto il Sommo sacerdote del tempio. Ma la sua intenzione era di mostrare stupore a una simile risposta.
Pilato lo fece con molta arte. Le sopracciglia si sollevarono sul viso solenne e il procuratore guardò stupito negli occhi il Sommo sacerdote.
"Confesso che questa risposta mi ha colpito" disse morbido il procuratore. "Temo che ci sia un equivoco."
Pilato spiegò. L’autorità di Roma rispetta i diritti delle autorità religiose locali. Lo sa bene il capo del Sinedrio. Ma in questo caso c’era un errore evidente. E l’autorità di Roma si seno tiva in dovere di correggere tale errore.
In realtà, i delitti di Barabba e di Ha-Nosri non erano confrontabili. Se il secondo, evidentemente un pazzo, era colpevole di aver pronunciato discorsi assurdi in Gerusalemme e in altri luoghi, il primo aveva colpe ben più rilevanti. Non solo incitava apertamente alla rivolta, ma aveva anche ucciso una guardia quando stava per essere catturato. Barabba era infinitamente più pericoloso di Ha-Nosri.
Perciò il procuratore chiedeva al Sommo sacerdote di rivedere la decisione e di lasciare in libertà il meno pericoloso dei due, che era senza dubbio Ha-Nosri. Dunque?..
Caifa disse piano ma con fermezza che il Sinedrio aveva attentamente esaminato la questione e che egli confermava la decisione di liberare Barabba.
"Come? Nonostante il mio intervento? Io, che rappresento il potere di Roma? Ripetilo per la terza volta."
"Per la terza volta confermo la nostra decisione di liberare Barabba" disse piano Caifa.
L’argomento era chiuso, e non era il caso di parlame àncora. Ha-Nosri se ne andava per sempre e nessuno avrebbe più saputo liberare il procuratore dai suoi terribili, malvagi dolori; non restava altro sollievo che la morte. Ma non era questo il pensiero che colpiva ora Pilato. L’incomprensibile ansia che già l’aveva preso sul terrazzo si era impadronita ormai di tutto il suo essere.
Cercò subito di spiegarsela, e la spiegazione era strana.
Parve al depresso procuratore di aver tralasciato di dire qualcosa al condannato e forse di aver tralasciato di ascoltare qualcosa.
Pilato scacciò questo pensiero che si dileguò in un attimo, com’era venuto. Si dileguò il pensiero ma l’angoscia rimase senza spiegazione perché non servì neppure un altro rapido pensiero durato il bagliore d’un lampo e subito spentosi: "L’immortalità... È venuta l’immortalità...". L’immortalità di chi? Non riusciva a capirlo, il procuratore, ma il pensiero di questa miste. riosa immortalità gli mise freddo sotto quel gran sole.
"Bene," disse Pilato "sia pure."
[RCS Rizzoli Libri S.p.a., Superbur Classici, 2000, pp.60-62]