Pierre - Augustin Caron De Beaumarchais (1732-1799) IL MATRIMONIO DI FIGARO

Atto III - Scena quindicesima

Bartolo, Marcellina, il Conte, Don Gusman Brid’oison (Magistrato di Giurisdizione), Mandoppia. Antonio, i servi del castello. Contadini e contadine in abito da festa.

Il Conte, si siede sulla grande poltrona, Brid’oison su una seggiola a finaco; Mandoppia sullo sgabello dietro alla sua tavola, i Giudici e gli avvocati sulle panche; Marcellina accanto a Bartolo; Figaro sull’altra panca, contadini e servi in piedi, dietro

FIGARO. - Che vi è, Signori, malizia, errore, o distrazione, nel modo in cui è stato letto il corpo del. reato; poiché non è detto nello scritto: la qual somma io le restituirò, E la sposerò; ma: la qual somma io le restituirò, O la sposerò; il che è ben diverso.

Il CONTE. - C’è E nell’atto, oppure O?

BARTOLO. - C’è E.

FIGARO. - C’è O.

BRID’OISON. - Mandoppia, leggete voi stesso.

MANDOPPIA, prendendo il foglio. -Ed è la cosa più sicura; imperciocché spesso le Parti mascherano leggendo. (Legge.) E.e.e. la Damigella e.e.e. di Passo-Svelto e.e.e Ah! la quale somma le restituirò a sua richiesta, in questo castello... E...O...E...O... La parola è così mal scritta... c’è uno scarabocchio.

BRID’OISON. - Uno sca-arabocchio? so che cos’è.

BARTOLO, perorando. - Sostengo, io, che è la congiunzione copulativa E che lega le parti correlative della frase; io pagherò alla Damigella, E la sposerò.

FIGARO, perorando. - Sostengo, io, che è la congiunzione alternativa O, che separa le dette parti; io pagherò la donzella, O la sposerò: a pedante, pedante e mezzo; che provi a parlar latino, io sono greco; lo stermino.

IL CONTE. - Come giudicare cosiffatta questione?

BARTOLO. - Per troncarla, Signori, e non cavillare su una parola, ammettiamo che vi sia O.

FIGARO. - Ne chiedo atto.

BARTOLO, - E noi vi aderiamo. Un così cattivo rifugio non salverà il colpevole: esaminiamo il titolo in questo senso. (Legge.) La qual somma io le restituirò in questo castello ove la sposerò. Così come si direbbe, Signori: voi vi farete salassare in questo letto ove resterete bene al caldo, cioè "nel quale". Egli prenderà due grani di rabarbaro ove voi mescolerete un po’ di tamarindo: nei quali si mescolerà... Quindi castello ove la sposerò, Signori, è castello nel quale",

FIGARO, - Niente affatto: la frase è nel seguente senso: o la malattia vi ucciderà o sarà il medico; ovvero il medico, è incontestabile. Altro esempio: o voi non scriverete nulla che piaccia, o gli sciocchi vi denigreranno; ovvero gli sciocchi; il senso è chiaro; poiché nel detto caso, sciocchi o cattivi sono il sostantivo che regge. Maestro Barrolo, crede dunque che io abbia dimenticato la mia sintassi? Dunque, io la pagherò in questo castello, virgola; o la sposerò...

BARTOLO, pronto. - Senza virgola,

FIGARO, pronto. -Vi è. E’ virgola, Signori, oppure la sposerò.

BARTOLO, guardando il foglio; pronto. - Senza virgola, Signori.

FIGARO, pronto. - Vi era, Signori. D’altronde, l’uomo che sposa è forse tenuto a rimborsare?

BARTOIO, pronto. - Sì; noi ci sposiamo separati di beni.

FIGARO, pronto. - E noi di corpi, dappoiché matrimonio non è quietanza! (I giudici si alzano e opinano a bassa voce.)

BARTOLO. - Piacevole saldo!

MANDOPPIA. - Silenzio, Signori.

L’USCIERE, squittendo. -Silenzio.

BARTOLO. - Un simile briccone chiama questo pagare i suoi debiti!

FIGARO. - E’ la vostra causa, Avvocato, che perorate?

BARTOLO. - Io difendo questa Damigella.

FIGARO - Continuate pure a sragionare; ma cessate di ingiuriare. Quando, temendo l’irascibilità dei Litiganti, i Tribunali hanno tollerato che si chiamassero dei terzi, essi hanno inteso solo che questi difensori moderati non diventassero impunemente degli insolenti privilegiati. Ciò significa degradare il più nobile istituto. (I Giudici continuano ad opinare a bassa voce.)

ANTONIO. - a Marcellina, mostrando i Giudici. - Che hanno tanto da scilinguare?

MARCELLINA. - Hanno corrotto il Giudice maggiore, questi corrompe l’altro ed io perdo il mio processo.

BARTOLO, piano, in tono cupo. - Ne ho paura.

FIGARO, allegramente. - Coraggio, Marcellina!

MANDOPPIA, si alza, a Marcellina. - Ah, questo è troppo! io vi denuncio, e, per l’onore del Tribunale, domando che prima di far giustizia sull’altra faccenda, esso si pronunci su questa.

IL CONTE, si siede. - No, Cancelliere, io non mi pronuncerò affatto sulla mia ingiuria personale: un Giudice spagnuolo non avrà punto da arrossire di un eccesso degno tutt’al più di tribunali asiatici: ne avanza degli altri abusi! Ne corrreggerò un secondo, motivandovi la mia ordinanza: ogni Giudice che vi si rifiuta, è un gran nemico delle leggi! Che può chiedere l’Attrice? Matrimonio per difetto di pagamento; i due insieme imlicherebbero contradizione.

MANDOPPIA. - Silenzio, Signori!

L’USCIERE, squittendo. - Silenzio!

IL CONTE. - Che ci risponde il convenuto? Che egli vuol essere padrone di sé stesso; gli sia permesso.

FIGARO, con gioia. -Ho vinto!

IL CONTE. - Ma siccome il testo dice: la qual somma io pagherò alla prima richiesta, oppure sposerò, ecc., la Corte condanna il convenuto a pagare duemila piastre grandi all’Attrice; oppure a sposarla in giornata. (Si alza.)

FIGARO, stupefatto. - Ho perso.

ANTONIO, con gioia. - Superba ordinanza.

FIGARO. - In che superba?

ANTONIO. - In ciò che tu non sei più mio nipote. Tante grazie, Monsignore.

L’USCIERE, squittendo. - Andate, Signori. (Il popolo esce.)

ANTONIO. - Me ne vado a raccontare tutto alla mia nipote. (Esce.)

[Edizioni per il club del libro, traduzione di Ida Lori, Novara, 1957, p.227-233]