Quinto Orazio Flacco (65 a. C – 8 a. C.): Satire (Libro I, n.3, 113-126)

Se per istinto riusciamo a distinguere l’utile dal dannoso e a riconoscere ciò che va evitato e quel che va cercato, difficile invece è stabilire il discrimine tra azioni giuste e azioni ingiuste. E neppure la ragione ci viene in aiuto quando mette sullo stesso piano di colpevolezza il ladro di cavoli novellini spiantati dall’orto del vicino e il sacrilego che trafuga oggetti sacri dai templi. E dunque, ci deve essere una norma che commisuri  il castigo alla pena, onde evitare che se uno è meritevole di qualche frustata, venga invece sferzato a sangue con il flagello.Nec natura potest iusto secernere iniquum,

dividit ut balla diversis, fugienda petendis;

nec vincet ratio hoc, tantundem ut peccet idemque,

qui teneros caules alieni fregerit horti et qui nocturnus sacra divum legerit. Adsit

regula, peccatis quae poenas inroget aequas,

ne scutica dignum horribili sectere flagello

[Antonio Vaccaro, Come Orazio vide il mondo, Osanna Edizioni, 2006, pp.144-145]

*

Non c’è davvero il rischio che tu batta con la canna chi ha meritato

di subire ben altre scudisciate, visto che metti nello stesso piano

furtarelli e rapine, e minacci, qualora ti si faccia re,

di stroncare i piccoli reati con la stessa falce

destinata a recidere i maggiori.

Nam ut ferula caedas metirum maiora subire

verbera, non vereor, cum dicas esse paris res

furta latrociniis, et magnis parva mineris

falce recisurum simili a te, si tibi regnum

permittant homines.

[Orazio, Le Opere, Garzanti, 1988, Traduzione di Mario Ramous, pp.448-449]

Se per istinto riusciamo a distinguere l’utile dal dannoso e a riconoscere ciò che va evitato e quel che va cercato, difficile invece è stabilire il discrimine tra azioni giuste e azioni ingiuste. E neppure la ragione ci viene in aiuto quando mette sullo stesso piano di colpevolezza il ladro di cavoli novellini spiantati dall’orto del vicino e il sacrilego che trafuga oggetti sacri dai templi. E dunque, ci deve essere una norma che commisuri  il castigo alla pena, onde evitare che se uno è meritevole di qualche frustata, venga invece sferzato a sangue con il flagello.Nec natura potest iusto secernere iniquum,

dividit ut balla diversis, fugienda petendis;

nec vincet ratio hoc, tantundem ut peccet idemque,

qui teneros caules alieni fregerit horti et qui nocturnus sacra divum legerit. Adsit

regula, peccatis quae poenas inroget aequas,

ne scutica dignum horribili sectere flagello

[Antonio Vaccaro, Come Orazio vide il mondo, Osanna Edizioni, 2006, pp.144-145]

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Non c’è davvero il rischio che tu batta con la canna chi ha meritato

di subire ben altre scudisciate, visto che metti nello stesso piano

furtarelli e rapine, e minacci, qualora ti si faccia re,

di stroncare i piccoli reati con la stessa falce

destinata a recidere i maggiori.

Nam ut ferula caedas metirum maiora subire

verbera, non vereor, cum dicas esse paris res

furta latrociniis, et magnis parva mineris

falce recisurum simili a te, si tibi regnum

permittant homines.

[Orazio, Le Opere, Garzanti, 1988, Traduzione di Mario Ramous, pp.448-449]