Roberta Levrero IL DIRITTO E LA GIUSTIZIA

(Vita e costumi nel mondo romano antico - 25)

- praetor: il termine deriva da prae-ire, andare innanzi, perché alle origini della repubblica la figura di questo magistrato sembra abbia costituito un tutt’uno con quella del console, colui che "andava innanzi" al popolo in armi e, quindi, comandante dell’esercito e depositario del potere militare, prima detenuto dal re. Alcuni studiosi propongono, infatti, di distinguere i pretori-consoli dell’epoca più antica, da cui sarebbero derivati i consoli veri e propri, dai pretori non consoli che, differenziatisi in seguito dai primi, avrebbero acquistato la particolare fisionomia di magistrati giudiziari. A suffragio di questa ipotesi, si può notare che il pretore non solo deteneva la carica più alta a Roma in caso di assenza dei consoli, ma anche, come i consoli, era dotato di imperium, aveva diritto alla sella curulis e poteva guidare l’esercito; la magistratura, inoltre, dava diritto all’accesso in Senato. Eletto dai comizi centuriati, il pretore era preposto all’amministrazione della giustizia; con l’accrescersi dello stato romano, i pretori divennero due: il praetor peregrinus, incaricato di dirimere le controversie tra stranieri, oppure tra stranieri e cittadini romani, e il praetor urbanus, a cui era affidata la giurisdizione nelle controversie fra cittadini romani. In seguito, il numero dei pretori crebbe fino a sedici; scaduto il loro mandato, a questi magistrati era affidata di norma l’amministrazione di una provincia, con la qualifica di propretori (propraetores). Come gli altri magistrati provvisti di imperium, aveva diritto ad essere scortato da sei littori (lictores), ufficiali di solito di estrazione plebea, che avevano l’incarico di custodire la persona del magistrato e di eseguire le condanne a morte e le pene corporali. Ciascuno recava sulla spalla destra il fascis, il fascio di verghe (in legno di olmo o betulla) alle quali era unita una scure, simbolo di autorità. Secondo la tradizione, i fasces sarebbero stati "importati" a Roma dall’Etruria, e precisamente dalla città di Vetulonia, per significare il potere regale. Caduta la monarchia, rimasero come attributo di pretori, consoli e dittatori.

[Edizioni Quasar, Roma, 2004, p. 19]

(Vita e costumi nel mondo romano antico - 25)

- praetor: il termine deriva da prae-ire, andare innanzi, perché alle origini della repubblica la figura di questo magistrato sembra abbia costituito un tutt’uno con quella del console, colui che "andava innanzi" al popolo in armi e, quindi, comandante dell’esercito e depositario del potere militare, prima detenuto dal re. Alcuni studiosi propongono, infatti, di distinguere i pretori-consoli dell’epoca più antica, da cui sarebbero derivati i consoli veri e propri, dai pretori non consoli che, differenziatisi in seguito dai primi, avrebbero acquistato la particolare fisionomia di magistrati giudiziari. A suffragio di questa ipotesi, si può notare che il pretore non solo deteneva la carica più alta a Roma in caso di assenza dei consoli, ma anche, come i consoli, era dotato di imperium, aveva diritto alla sella curulis e poteva guidare l’esercito; la magistratura, inoltre, dava diritto all’accesso in Senato. Eletto dai comizi centuriati, il pretore era preposto all’amministrazione della giustizia; con l’accrescersi dello stato romano, i pretori divennero due: il praetor peregrinus, incaricato di dirimere le controversie tra stranieri, oppure tra stranieri e cittadini romani, e il praetor urbanus, a cui era affidata la giurisdizione nelle controversie fra cittadini romani. In seguito, il numero dei pretori crebbe fino a sedici; scaduto il loro mandato, a questi magistrati era affidata di norma l’amministrazione di una provincia, con la qualifica di propretori (propraetores). Come gli altri magistrati provvisti di imperium, aveva diritto ad essere scortato da sei littori (lictores), ufficiali di solito di estrazione plebea, che avevano l’incarico di custodire la persona del magistrato e di eseguire le condanne a morte e le pene corporali. Ciascuno recava sulla spalla destra il fascis, il fascio di verghe (in legno di olmo o betulla) alle quali era unita una scure, simbolo di autorità. Secondo la tradizione, i fasces sarebbero stati "importati" a Roma dall’Etruria, e precisamente dalla città di Vetulonia, per significare il potere regale. Caduta la monarchia, rimasero come attributo di pretori, consoli e dittatori.

[Edizioni Quasar, Roma, 2004, p. 19]