Rodney Stark: A gloria di Dio

Eppure, questo è precisamente ciò che disse sulla questione papa Paolo li (1534-1549). Benché appartenesse a una famiglia ecclesiastica romana, e benché fosse stato una sorta di libertino in gioventù (fu ordinato cardinale a 25 anni, ma non accettò l’ordinazione fino all’età di cinquant’anni), Paolo si rivelò un Papa molto autorevole e devoto, riconobbe pienamente il significato morale del protestantesimo e avviò la Controriforma. La sua bolla contro la schiavitù del Nuovo Mondo (così come le bolle simili di altri Papi) è andata in qualche modo «perduta» (Auping 1994; Panzer 1996) fra i documenti storici, fino a poco tempo fa. Credo che ciò sia dovuto ai pregiudizi degli storici protestanti, magari indignati dal fatto che il Papa fondasse il suo attacco sul presupposto che Satana era la causa della schiavitù:[Satana,] nemico del genere umano, che si oppone sempre alle buone opere per portare gli uomini alla distruzione, inventò un metodo fino ad allora inaudito per impedire che la parola divina di salvezza fosse predicata alle genti. Egli ha aizzato alcuni dei suoi accoliti, i quali, desiderando soddisfare la propria avarizia, si trovarono ad affermare che gli indiani occidentali e meridionali di cui abbiamo recente conoscenza, con il pretesto che ignorano la fede cattolica, debbono essere sottoposti alla nostra obbedienza come se fossero animali. E li riducono in servitù, facendoli soffrire come non farebbero nemmeno con le bestie.

Noi [...] consideriamo [...] che gli stessi indiani [siano] uomini veri [... e] facendo ricorso all’autorità apostolica determiniamo e dichiariamo con la presente lettera che detti indiani e tutte le genti che in futuro giungeranno alla conoscenza dei cristiani, anche se vivono al di fuori della fede cristiana, possono usare in modo incondizionato e lecito della propria libertà e delle proprie proprietà; che non devono essere ridotti in servitù e che tutto quello che si è fatto e detto in senso contrario è senza valore. (In Panzer 1996, pp. 16-21. Corsivo mio)

In una seconda bolla sulla schiavitù, Paolo minacciò la scomunica contro chiunque, indipendentemente da «dignità, stato, condizione o grado [...] possa in qualche modo presumere di ridurre detti indiani in servitù o di spogliarli dei loro beni» (Panzer 1996, p. 22).

Eppure, non accadde nulla. Ben presto, al brutale sfruttamento dei nativi si aggiunsero i viaggi delle navi schiaviste spagnole e portoghesi fra Africa e Nuovo Mondo. E proprio come i missionari cattolici d’oltremare avevano spinto la Chiesa romana a condannare l’asservimento degli indios, iniziarono subito simili appelli contro l’importazione di schiavi neri. Il 22 aprile 1639, papa Urbano VIII (1623-1644), su richiesta dei gesuiti del Paraguay, emanò una bolla, Commissum nobis, nella quale riaffermava le direttive «del nostro predecessore Paolo III» per cui chi riduceva altri in schiavitù era soggetto a scomunica (Panzer 1996, p. 33). Alla fine, la Congregazione del Sant’Uffizio (la Santa Inquisizione) si occupò della questione. Il 20 marzo 1686, in forma di questionario, domande e risposte, decretò:

Si chiede:

è permesso catturare con la forza e l’inganno neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno?

La risposta è: no.

È permesso comprare, vendere o stipulare contratti di compravendita di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e sono stati fatti prigionieri con la forza e l’inganno?

La risposta è: no.

I possessori di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e sono stati catturati con la forza o l’inganno sono tenuti a lasciarli liberi?

La risposta è: sì.

I catturatori, i compratori e i possessori di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e che sono stati catturati con la forza e l’inganno sono tenuti a ricompensarli?

La risposta è: sì. (Panzer 1996, appendice C)

[Rodney Stark, A gloria di Dio. Come il cristianesimo ha prodotto le eresie, la scienza, la caccia alle streghe e la fine della schiavitù, Lindau, 2011, pp.435-436]

Eppure, questo è precisamente ciò che disse sulla questione papa Paolo li (1534-1549). Benché appartenesse a una famiglia ecclesiastica romana, e benché fosse stato una sorta di libertino in gioventù (fu ordinato cardinale a 25 anni, ma non accettò l’ordinazione fino all’età di cinquant’anni), Paolo si rivelò un Papa molto autorevole e devoto, riconobbe pienamente il significato morale del protestantesimo e avviò la Controriforma. La sua bolla contro la schiavitù del Nuovo Mondo (così come le bolle simili di altri Papi) è andata in qualche modo «perduta» (Auping 1994; Panzer 1996) fra i documenti storici, fino a poco tempo fa. Credo che ciò sia dovuto ai pregiudizi degli storici protestanti, magari indignati dal fatto che il Papa fondasse il suo attacco sul presupposto che Satana era la causa della schiavitù:[Satana,] nemico del genere umano, che si oppone sempre alle buone opere per portare gli uomini alla distruzione, inventò un metodo fino ad allora inaudito per impedire che la parola divina di salvezza fosse predicata alle genti. Egli ha aizzato alcuni dei suoi accoliti, i quali, desiderando soddisfare la propria avarizia, si trovarono ad affermare che gli indiani occidentali e meridionali di cui abbiamo recente conoscenza, con il pretesto che ignorano la fede cattolica, debbono essere sottoposti alla nostra obbedienza come se fossero animali. E li riducono in servitù, facendoli soffrire come non farebbero nemmeno con le bestie.

Noi [...] consideriamo [...] che gli stessi indiani [siano] uomini veri [... e] facendo ricorso all’autorità apostolica determiniamo e dichiariamo con la presente lettera che detti indiani e tutte le genti che in futuro giungeranno alla conoscenza dei cristiani, anche se vivono al di fuori della fede cristiana, possono usare in modo incondizionato e lecito della propria libertà e delle proprie proprietà; che non devono essere ridotti in servitù e che tutto quello che si è fatto e detto in senso contrario è senza valore. (In Panzer 1996, pp. 16-21. Corsivo mio)

In una seconda bolla sulla schiavitù, Paolo minacciò la scomunica contro chiunque, indipendentemente da «dignità, stato, condizione o grado [...] possa in qualche modo presumere di ridurre detti indiani in servitù o di spogliarli dei loro beni» (Panzer 1996, p. 22).

Eppure, non accadde nulla. Ben presto, al brutale sfruttamento dei nativi si aggiunsero i viaggi delle navi schiaviste spagnole e portoghesi fra Africa e Nuovo Mondo. E proprio come i missionari cattolici d’oltremare avevano spinto la Chiesa romana a condannare l’asservimento degli indios, iniziarono subito simili appelli contro l’importazione di schiavi neri. Il 22 aprile 1639, papa Urbano VIII (1623-1644), su richiesta dei gesuiti del Paraguay, emanò una bolla, Commissum nobis, nella quale riaffermava le direttive «del nostro predecessore Paolo III» per cui chi riduceva altri in schiavitù era soggetto a scomunica (Panzer 1996, p. 33). Alla fine, la Congregazione del Sant’Uffizio (la Santa Inquisizione) si occupò della questione. Il 20 marzo 1686, in forma di questionario, domande e risposte, decretò:

Si chiede:

è permesso catturare con la forza e l’inganno neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno?

La risposta è: no.

È permesso comprare, vendere o stipulare contratti di compravendita di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e sono stati fatti prigionieri con la forza e l’inganno?

La risposta è: no.

I possessori di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e sono stati catturati con la forza o l’inganno sono tenuti a lasciarli liberi?

La risposta è: sì.

I catturatori, i compratori e i possessori di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e che sono stati catturati con la forza e l’inganno sono tenuti a ricompensarli?

La risposta è: sì. (Panzer 1996, appendice C)

[Rodney Stark, A gloria di Dio. Come il cristianesimo ha prodotto le eresie, la scienza, la caccia alle streghe e la fine della schiavitù, Lindau, 2011, pp.435-436]