Associazioni di promozione sociale: peculiarità e disciplina giuridica
Nel nostro Paese il fenomeno delle Associazioni di promozione sociale è, da sempre, in continua evoluzione.
L’associazionismo di promozione sociale, infatti, più volte oggetto di specifici interventi normativi da parte del nostro legislatore, ha acquistato una propria identità specifica e, quindi, una propria disciplina organica mediante l’approvazione della L. 383/2020, intitolata “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”.
Tale legge ha, quindi, completato il quadro normativo sul non profit, aggiungendosi a quella sul volontariato e sulla cooperazione sociale.
Successivamente, come è noto, la riforma del Terzo settore è intervenuta organicamente per ridefinire e riorganizzare l’intero funzionamento del non profit nel nostro Paese. Tale processo di riforma ha interessato anche l’associazionismo di promozione sociale mettendone ulteriormente in risalto le peculiarità e le specificità. Il Codice del Terzo settore (D.lgs. 117/2017), infatti, se da un lato ha sancito l’abrogazione della L. 383/2000, dall’altro ha dedicato il suo Titolo V alla disciplina di particolari categorie di Enti riservando proprio alle Associazioni di Promozione Sociale (APS) il Capo II.
Ne consegue che, per le “nuove” APS, il quadro normativo di riferimento sia rappresentato, anzitutto, dalle norme del CTS dedicate specificamente alle Associazioni di promozione sociale (artt. 35-36 CTS); in secondo luogo, dalle restanti disposizioni del CTS, sempre che non siano derogate dalle suddette norme particolari in materia; infine dalle norme del Codice Civile per quanto non espressamente previsto dal CTS e sempre in quanto con esse compatibili.
Le APS, nel sistema designato dal D.lgs. 117/2017, sono, quindi, una categoria di Enti del terzo settore soggetta a particolare disciplina, necessariamente costituita in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che svolge attività di interesse generale a favore dei propri associati, dei loro familiari o di terzi. In quanto Enti del Terzo Settore, tali associazioni sono costituite “per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale…”.
Anche se il CTS non fornisce una definizione specifica delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, comunque prevede una tipizzazione esaustiva delle attività di interesse generale che gli ETS devono esercitare in via esclusiva o principale e previa iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo settore.
Tale tipizzazione, prevista all’articolo 5 del CTS, rappresenta, senz’altro, una importante novità rispetto alla precedente legge di riferimento delle APS, nella quale la tipologia delle attività di utilità sociale non veniva in alcun modo determinata limitandosi a stabilire che lo svolgimento di tale attività fosse promossa in favore di associati o di terzi.
Gli elementi peculiari delle APS sono, anzitutto, definiti dall’articolo 35 del Codice del Terzo settore.
Con riferimento alla base associativa, la previsione di un minimo legale per costituzione delle Associazioni di promozione sociale rappresenta una novità introdotta con la riforma: la norma in esame, infatti, prevede che le APS debbano essere costituite da un numero minimo di 7 persone fisiche o di 3 APS.
Possono far parte del corpo sociale anche altri Enti del Terzo settore o enti senza scopo di lucro non iscritti al Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS), purché ciò sia previsto nell’atto costitutivo (o nello statuto) e a condizione che la loro presenza non superi del 50% quella delle Aps.
Se il minimo legale richiesto viene meno successivamente alla costituzione, entro un anno è possibile reintegrare la base associativa o iscriversi in un’altra sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore. Trascorso inutilmente tale termine, l’ente viene direttamente cancellato dal RUNTS.
Per espressa previsione della norma in esame, non possono, invece, acquisire la qualifica di APS i circoli privati e le associazioni che prevedono limitazioni di tipo discriminatorio per l’ammissione di nuovi soci, diritto di trasferimento della quota associativa o collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.
L’articolo 35, comma 5, in deroga alla disciplina generale prevista dall’articolo 12 CTS, impone, inoltre, alle APS l’indicazione di associazione di promozione sociale o il relativo acronimo nella denominazione sociale.
Sotto il profilo organizzativo e di funzionamento, le Associazioni di promozione sociale sono enti che svolgono le proprie attività di interesse generale avvalendosi prevalentemente dell’apporto di volontari associati, i quali non possono essere in nessun caso retribuiti.
In tal senso, l’articolo 17 del CTS, ai commi 3 e 4, pur stabilendo che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, prevede che l’ente possa comunque provvedere ad erogare un rimborso, non in maniera forfettaria, bensì solo con riferimento alle spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti e condizioni preventivamente stabilite dall’Ente.
L’articolo 36 prevede, poi, che le APS possano assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, soltanto quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità.
In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati.
La disciplina vigente pone, quindi, un limite numerico in percentuale al numero dei lavoratori presenti nell’APS.
La previsione di due criteri disgiunti consente all’Associazione di essere in regola rispettando solo uno dei calcoli di prevalenza: solo il mancato rispetto di entrambi porrà, quindi, l’Aps in una condizione di inosservanza delle disposizioni del CTS. L’Associazione, in buona sostanza, potrà effettuare il duplice conteggio e considerare soltanto quello che soddisfa le percentuali di legge.
Siffatte modalità organizzative rappresentano, senz’altro, un elemento costitutivo ed imprescindibile delle Associazioni di promozione sociale. A differenza delle Aps, infatti, per la generalità degli Enti del Terzo settore, il fatto di avvalersi di volontari (anche non associati) per lo svolgimento delle proprie attività costituisce non un obbligo ma una mera facoltà.
L’articolo 36 fa salvo, inoltre, quanto sancito dall’articolo 17, comma 5 CTS, il quale, in materia di volontariato dispone che “la qualifica di volontario sia incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività”.
Ne consegue, quindi, come il socio volontario non possa essere nel contempo lavoratore subordinato o autonomo a servizio del medesimo ente per il quale presta attività di volontariato, posto che all’attività del primo è sotteso uno spirito solidaristico e di gratuità mentre quella del secondo è finalizzata alla percezione di un corrispettivo.
In ogni caso, il trattamento economico e normativo dei lavoratori che prestano servizio presso un ETS non deve essere inferiore a quello previsto dai contratti collettivi. In forza della previsione contenuta all’articolo 16 CTS, il compenso dovrà, quindi, essere proporzionato all’attività svolta dal socio lavoratore in favore dell’ente e dovrà, comunque, rientrare nei valori di mercato per il lavoro svolto. La finalità della suddetta norma è, in buona sostanza, quella di scongiurare il rischio di un’indiretta distribuzione di utili.
Degna di nota è, infine, la caratterizzazione mutualistica del volontariato delle APS nelle quali i destinatari delle attività sono i propri associati, i loro familiari o i terzi.
Ciò chiarito, è indubbio come, attualmente, tali associazioni non si limitino alla mera soddisfazione degli interessi e dei bisogni degli associati, ma abbiano sviluppato una forte apertura al sociale, operando promozioni della partecipazione e della solidarietà attiva.
Nella definizione di Aps, contenuta all’articolo 35, comma 1 del CTS, non è stabilita una precisa quota di associati destinatari dei servizi, anche se il tratto identitario tipico di questa tipologia di ETS rimane, comunque, quello mutualistico, cioè di scambio di utilità sociali (in senso lato) tra associazione e i propri associati.
Tuttavia, diversamente dalle ODV (Organizzazioni Di Volontariato), non è richiesto il rispetto di una condizione di “prevalenza”; infatti, il comma 1, articolo 32 del CTS stabilisce che le attività di interesse generale di tali organizzazioni debbano essere svolte “prevalentemente in favore di terzi”.