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Le società benefit

Aziende protagoniste del processo di rigenerazione della società
operazioni soggettivamente inesistenti
operazioni soggettivamente inesistenti

La crescente attenzione delle imprese riguardo ai profili di sostenibilità delle attività produttive ha determinato, negli ultimi anni, una forte diffusione del modello della società benefit.

Il ricorso a tale veste giuridica ha principalmente l’obiettivo di diffondere un paradigma economico più evoluto, che vede le aziende come protagoniste del processo di rigenerazione della società. L’ obiettivo, infatti, è quello di innescare una competizione positiva tra tutte le aziende, affinché siano misurate e valutate nel loro operato secondo uno stesso metro: l’impatto positivo sulla collettività e il pianeta.

Questa tipologia di società, nata negli Stati Uniti, è stata recepita, a partire dal 2016, anche nel nostro ordinamento giuridico.

Con la legge di stabilità n. 208/2015, infatti, il legislatore, sull’esempio statunitense, ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della “società benefit” per consentire a imprenditori, manager, azionisti e investitori di proteggere la missione dell’azienda e distinguersi sul mercato attraverso una veste giuridica virtuosa e innovativa.

Non si tratta di imprese sociali o di una evoluzione del non profit, ma di una trasformazione positiva dei modelli dominanti di impresa a scopo di lucro. Dal 1° gennaio 2016, le società di persone, di capitali e cooperative, inserendo nell’atto costitutivo la previsione di una o più finalità di beneficio comune, possono perseguire in modo congiunto e integrato un duplice fine: da una parte, la realizzazione di attività lucrative dirette a distribuire gli utili ai soci e, dall’altra, iniziative benefiche a favore di una vasta pluralità di portatori di interesse.

In particolare, la normativa Benefit definisce i portatori di interesse in: persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse, che sono comunque coinvolti dall’attività di impresa.

Le società benefit sono, quindi, una particolare forma giuridica d’impresa che permette ad una azienda di bilanciare lo scopo utilitaristico dell’attività di impresa con il raggiungimento di un beneficio comune al quale viene riservata una parte degli utili destinati agli azionisti.

Tali società tendono al superamento della tradizionale divisione tra società finalizzata al profitto e organizzazione non profit, facendo emergere un approccio innovativo al business. La società benefit sceglie volontariamente e formalmente, di produrre contemporaneamente benefici di carattere sia sociale che ambientale mentre raggiunge i propri risultati di profitto.

A tal fine la legge non crea un nuovo tipo societario, potendo la società benefit assumere la forma giuridica di una qualsiasi società prevista dal codice civile, ma delinea un quadro normativo in cui la duplice finalità del profitto e del beneficio comune si declina nell’oggetto sociale e nella governance dell’impresa.

Scopo delle nuove norme, dunque, non è certo quello di creare un nuovo tipo di società, bensì quello di integrare la disciplina societaria già esistente con regole che consentano all’impresa di vincolare nel tempo i valori originari che ispirano l’attività aziendale, coniugando gli obiettivi di profitto e crescita dell’impresa con il rispetto del contesto socio-ambientale nel quale la stessa opera.

L’acquisizione della qualifica giuridica di società benefit è vincolata dalla presenza di specifici requisiti. Per le società di nuova costituzione è necessario attenersi alla normativa che disciplina tali società, con le specifiche indicazioni da prevedere nello statuto. Per quanto riguarda invece le società già esistenti, qualora si voglia assumere tale veste giuridica, è necessario modificare appositamente lo statuto con le clausole statutarie previste dalla normativa Benefit.

Quando la società indica nello statuto le finalità perseguite ed è in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può introdurre nella propria denominazione le parole “società benefit” o l’abbreviazione “SB”, e può utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso i terzi. Il riconoscimento di tale status consente alla società di collocarsi sul mercato e far conoscere ai terzi che essa persegue, accanto alla finalità di lucro, ulteriori finalità di utilità sociale, con un’informazione chiara e legalmente riconosciuta.

 

Società benefit: quale oggetto sociale?

Con riferimento all’oggetto sociale, l’atto costitutivo deve indicare, accanto all’attività propria dell’impresa, le finalità di beneficio comune ossia il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, nei confronti dei cd. portatori di interesse. Tale disposizione è volta a consentire espressamente alla società di attribuire stabilità e certezza a un progetto imprenditoriale in cui la massimizzazione del profitto non costituisce l’unico obiettivo dell’attività aziendale.  Per quanto riguarda le società già costituite (diverse dalle società benefit), intenzionate a perseguire finalità di beneficio comune, anch’esse saranno tenute a modificare l’atto costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto proprie di ciascun tipo di società.

La legge non specifica espressamente quali siano le finalità di beneficio comune che possono essere indicate nell’oggetto sociale, rimettendo, quindi, alla società la libertà di scegliere le finalità in concreto da perseguire.  Si ritiene, tuttavia, che per far diventare l’impatto sociale parte integrante della strategia d’impresa, l’attività volta alla realizzazione del beneficio comune debba essere strettamente legata al processo produttivo e non, quindi, a generiche finalità che nulla abbiano a che vedere con la catena produttiva dell’impresa.

La ratio della società benefit non è, infatti, quella di un’istituzione filantropica interessata a risolvere tutti i problemi della società e ad esercitare azioni di generico interesse per la collettività, ma è quella di un’impresa che identifica gli effetti positivi e negativi generati dalla propria attività sul contesto socio ambientale di riferimento e interviene sugli stessi per cogliere le opportunità che possano allo stesso tempo generare benefici sociali ed economici.

La legge, inoltre, stabilisce che la società benefit, fermo restando quanto previsto dal codice civile, deve individuare il soggetto o i soggetti responsabili cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità di beneficio comune. L’organo sul quale grava l’obbligo di individuazione del soggetto o dei soggetti responsabili è l’organo amministrativo della società. Trattandosi di una figura di ausilio e di controllo funzionale alla gestione, la legge attribuisce ampia discrezionalità agli amministratori nell’individuazione del soggetto a cui attribuire tale compito, anche esternalizzando tale ruolo oppure prevedendo la possibilità di attribuire deleghe specifiche in tal senso allo stesso amministratore.

In capo agli amministratori delle società benefit è, poi, posto l’obbligo di redigere una specifica relazione sul beneficio comune perseguito, da allegare al bilancio sociale. Tale disposizione ha lo scopo di rafforzare la trasparenza con cui l’impresa deve operare per la realizzazione degli obiettivi indicati nello statuto. La relazione deve essere redatta annualmente e deve includere: la descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuate dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato; la valutazione dell’impatto generato utilizzando uno standard di valutazione esterno con specifiche caratteristiche; una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la Benefit intende perseguire nell’esercizio successivo.

La legge, infine, prevede che la società benefit che non persegua le finalità di beneficio comune è soggetta alle disposizioni di cui al decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, in materia di pubblicità ingannevole ed alle disposizioni del Codice del Consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, con particolare riguardo alle disposizioni in materia di pratiche commerciali scorrette. È l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a svolgere i relativi compiti di vigilanza, irrogando sanzioni amministrative qualora ricorrano le fattispecie di comportamento illecito previste dai testi legislativi sopra citati.