L’impatto dell’intelligenza artificiale sulla misurazione della compliance ESG aziendale
L’impatto dell’intelligenza artificiale sulla misurazione della compliance ESG aziendale
ABSTRACT
Secondo le ultime ricerche in materia (The role of artificial intelligence in capture the goal of Sustainable Development, Springer Nature Sustainability Community), l’intelligenza artificiale può fungere da fattore abilitante per il 79 % degli obiettivi dell’Agenda 2030 (su 134 obiettivi, 169 in totale). In particolare, la percentuale di accordo aumenta per l’ambiente (93%) e la governance (82%), seguito dal pilastro sociale (70%). Tuttavia il mondo ESG richiede spesso giudizi qualitativi e soggettivi che possono essere difficili da tradurre in input quantitativi per gli algoritmi di intelligenza artificiale.
Introduzione
Investitori, istituti di credito e clienti chiave, soprattutto attori internazionali, prestano sempre più attenzione alla sostenibilità, il che sottolinea la necessità di strumenti in grado di misurare l’impegno delle organizzazioni per la sostenibilità ambientale, sociale e di governance.
La valutazione ESG e il sistema di scoring ESG sono sempre più adottati come strumenti che misurano la performance delle aziende in tre dimensioni e in generale ne sintetizzano la sostenibilità. Sebbene non esista ancora un metodo unico per creare un rating ESG, le agenzie di rating utilizzano due metodi principali:
approccio quantitativo, che valuta la performance dell’azienda sulla base di dati disponibili al pubblico compilati secondo standard internazionali e un approccio qualitativo che prevede la raccolta e
l’elaborazione interna dei dati attraverso questionari ESG ad hoc.
La disponibilità a supportare una valutazione ESG richiede che un’azienda abbia una conoscenza approfondita dei più importanti fattori KPI di sostenibilità che devono essere misurati e monitorati. Le aziende dovrebbero integrare i parametri ESG nei propri piani aziendali per soddisfare le richieste di investitori e clienti, aumentando al contempo la propria attrattiva e il punteggio ESG.
Ciò significa:
- considerazione effettiva dei modelli circolari orientati alla simbiosi industriale;
- introduzione di modelli gestionali più aperti e attivamente inclusivi;
- monitorare gli impatti ambientali e sociali del territorio in cui operiamo, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici.
Il rispetto delle condizioni ESG garantisce un maggiore accesso ai finanziamenti, una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità e il miglioramento della posizione e della reputazione dell’azienda sul mercato. La capacità dell’azienda di rispondere adeguatamente ai desideri di investitori e clienti costituisce un incentivo per la transizione verso ESG nell’approccio operativo e gestionale e per l’introduzione di modelli di business adeguati.
Un contributo molto significativo può essere offerto dall’Intelligenza Artificiale, ma essa che ruolo gioca nella misurazione della compliance ESG?
Bilancio di sostenibilità
L’Unione Europea definisce il bilancio di sostenibilità, o report di sostenibilità come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Nel 2017, il Ministero dell’Interno italiano lo ha descritto come il risultato di un processo in cui il governo mostra " le scelte, le attività, i risultati e l’impiego di risorse in un dato periodo " affinché i cittadini e altri soggetti possano conoscere e valutare come il governo stesso "adempie alla sua missione istituzionale".
Si tratta quindi, innanzitutto, di uno strumento per garantire la trasparenza delle istituzioni e delle imprese nei confronti della società civile. Il bilancio di sostenibilità è un resoconto non finanziario che tiene conto delle scelte economiche, sociali e ambientali delle aziende.
Significa quindi mettere nero su bianco l’attività delle aziende, soprattutto delle grandi aziende, ma non solo per l’interesse pubblico, che è quindi la principale ricerca del profitto che legalmente ogni azienda persegue. In questo modo tutti possono controllare l’impatto dell’azienda sul territorio in cui è ubicata: fornitori, clienti, comunità locali, media, investitori, finanziatori, ecc. Un bilancio di sostenibilità è un documento rivolto a tutti gli stakeholder o stakeholders dell’azienda (dipendenti, fornitori, clienti, comunità locali, media, investitori, finanziatori, ecc.), che trasmette gli impegni e i risultati intrapresi in questo ambito.
Ogni giorno le aziende prendono decisioni che influiscono direttamente sui loro stakeholder e sulla fiducia che ripongono in loro. Le decisioni aziendali non si basano esclusivamente su informazioni economiche o finanziarie: spesso sono il risultato di valutazioni di rischi e opportunità che utilizzano informazioni su un’ampia gamma di questioni attuali e future. Il valore del processo di reporting è garantire che le organizzazioni considerino l’impatto delle loro decisioni su tutte le questioni di sostenibilità e siano trasparenti su tutti i rischi e le opportunità che devono affrontare.
I dipendenti sono anche un punto di riferimento fondamentale per la reportistica sulla sostenibilità, in quanto la presentazione dei report contribuisce ad aumentare la fedeltà e la lealtà delle persone coinvolte nelle aziende.
Tornando all’esame dei punti di riferimento per il Bilancio di sostenibilità la Direttiva 2014/95/UE – denominata anche Direttiva sull’informativa non finanziaria (NFRD) – stabilisce le regole sulla divulgazione di informazioni non finanziarie da parte di alcune grandi società. Questa direttiva modifica la direttiva contabile 2013/34/UE e ai sensi della direttiva 2014/95/UE, le grandi imprese devono pubblicare informazioni relative a:
• questioni ambientali
• questioni sociali e trattamento dei dipendenti
• rispetto dei diritti umani
• anticorruzione e concussione
• diversità negli organi aziendali (in termini di età, genere, percorso formativo e professionale)
In pratica, il rapporto di sostenibilità deve illustrare la performance ESG dell’organizzazione facendo riferimento a un livello più ampio. tema: sostenibilità. Il problema alla base del reporting di sostenibilità è il modo in cui un’organizzazione contribuisce o intende contribuire al miglioramento o al peggioramento delle condizioni economiche, ambientali e sociali e delle loro tendenze a livello locale, regionale o internazionale.
Il semplice reporting delle tendenze nelle prestazioni individuali (o nell’efficacia organizzativa) non risponde a questa domanda. Pertanto, è necessario che il rapporto presenti la performance rispetto al concetto più ampio di sviluppo sostenibile, ovvero analizzare le prestazioni dell’organizzazione nel contesto dei limiti e dei requisiti relativi alle risorse ambientali o sociali a livello settoriale, locale, regionale. o a livello internazionale.
La sostenibilità e i criteri ESG
In un mondo in cambiamento e sempre più connesso, investitori e clienti sono sempre più concentrati su aziende in grado di gestire i rischi e comportarsi in modo responsabile, non solo su attività legate alle operazioni aziendali reali. Lo sviluppo sostenibile riguarda insieme aspetti ambientali, sociali ed economici, che spesso vengono chiamati fattori ESG (Environmental, Social and Governance). L’abbreviazione ESG sta per le tre direzioni di valutazione dello sviluppo sostenibile: Ambientale, Sociale e Governance.
- ENVIRONMENTAL: le questioni ambientali dominano da tempo il panorama politico ed economico globale, ma da quando i 195 Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici hanno ratificato l’Accordo di Parigi nel 2015, la lotta contro il cambiamento climatico si è intensificata e l’obiettivo è quello di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro il 2025, e comunque al di sotto dei 2 gradi, è diventato un obiettivo ampiamente accettato.
Da allora, sempre più organizzazioni hanno prestato attenzione ai fattori ambientali che indicano l'impatto ambientale di un'azienda.
Questi includono le emissioni di gas serra dirette e indirette, la sicurezza alimentare, la gestione delle risorse naturali e la resilienza dell'azienda ai rischi climatici fisici (come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, inondazioni, incendi).
Questa dimensione copre sostanzialmente tutte le iniziative e le attività delle aziende che mirano a ridurre il proprio impatto ambientale.
L’aspetto ambientale focalizza la sua attenzione sulla salvaguardia del patrimonio ambientale attraverso la riduzione dell’impatto dell’attività antropica sull’ambiente. Aspetti cogenti di quest’area sono gli impatti in materia di climate change delle imprese, ma anche i rischi derivanti al modello di business legati alla transizione verso un’economia in cui le attese degli stakeholder sono orientate all’impegno verso le energie rinnovabile, i prodotti imballati con materiali ecocompatibili, il monitoraggio catena di fornitura per verificarne la sostenibilità, climate change, emissioni climalteranti, perdita della biodiversità, efficienza idrica ed energetica, deforestazione, gestione delle risorse e investimenti in ricerca e sviluppo, avendo definito una chiara policy ambientale.
- SOCIAL: la sfera sociale si riferisce alle relazioni dell'organizzazione con gli stakeholder, sia interni che esterni, diretti e indiretti. Fattori utili per misurare il livello di sostenibilità sociale di un'azienda includono indicatori di gestione del capitale umano (come la giusta retribuzione e il coinvolgimento dei dipendenti), il grado di diversità e inclusione all'interno dell'azienda, nonché l'impatto dell'azienda sulle comunità in cui opera. Anche i diritti dei dipendenti stanno diventando sempre più importanti per gli enti regolatori. La Commissione Europea, infatti, ha recentemente avviato una consultazione con le parti sociali europee su una possibile revisione della direttiva sui comitati aziendali dell’UE. L’obiettivo è rafforzare i Consigli europei e la loro capacità operativa e aumentarne il numero per promuovere i diritti dei lavoratori negli Stati membri.
Gli investitori diffidano anche delle violazioni dei diritti umani. Nel febbraio 2023, l’Alleanza degli investitori per i diritti umani (IAHR) ha risposto a una consultazione dell’OCSE sull’aggiornamento delle sue linee guida, invitando l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a garantire una migliore integrazione in riferimento ai diritti umani in tutte le linee guida.
Un esempio di caso che dimostra l’importanza di una due diligence e di un monitoraggio continui è quello di Nestlé nel 2012, quando sei lavoratori di una piantagione di cacao in Mali decisero di accusare l’azienda di averli obbligati, ancora minori, a giornate lavorative di 14 ore, dopo anni di silenzio. Il contenzioso legale ha messo in luce una situazione drammatica e ha dato a Nestlé l'opportunità di adottare misure per migliorarsi. Ha iniziato ad affrontare la questione del lavoro minorile e forzato nella catena di approvvigionamento del cacao collaborando con la Fair Labor Association (FLA), un’iniziativa no-profit multi-stakeholder che collabora con le grandi aziende per migliorare le condizioni di lavoro nelle loro catene di approvvigionamento. Infine, sulla base della raccomandazione della FLA, Nestlé ha implementato un piano d'azione per prevenire le violazioni dei diritti umani nella sua catena di fornitura.
- GOVERNANCE: l’ambito della governance si riferisce al modo in cui un'organizzazione viene gestita. Gli analisti ESG cercano di comprendere le politiche, il codice di condotta e le disposizioni di governance di un'azienda. Considerano inoltre gli strumenti che essa ha implementato per allineare le prestazioni di sostenibilità, il modo in cui gli incentivi per il senior management e i membri del consiglio di amministrazione corrispondono alle aspettative degli stakeholder, il modo in cui i diritti degli azionisti vengono considerati e rispettati e quali controlli interni esistono per promuovere trasparenza e responsabilità gestionale. Le aziende che prestano maggiore attenzione alla sostenibilità della propria governance solitamente adottano un codice etico che copre i diritti, i doveri e le responsabilità dell'ente verso tutti gli stakeholder (dipendenti, fornitori, clienti, azionisti, mercati finanziari e altro).
Un altro parametro importante nella valutazione del livello di sostenibilità di un'organizzazione è l'analisi degli obiettivi di sostenibilità considerati nella società. Questi sono gli obiettivi di sostenibilità inclusi nell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite pubblicata nel 2015, che devono essere raggiunti entro il 2030. Gli aspetti principali presi in considerazione quando si valuta la governance di un'azienda sono:
- Diversità nel consiglio di amministrazione;
- Compensazione dei dirigenti;
- Etica e condotta;
- Trasparenza e strategia fiscale;
- Conformità alle normative ESG;
- Gestione del rischio;
- Corruzione e attività anticoncorrenziali;
- Protezione dei dati, privacy e sicurezza informatica;
- Struttura decisionale ESG;
- Gestione delle informazioni ESG
- Reporting e divulgazione ESG.
Ad esempio, il reporting ESG sta diventando sempre più comune e persino obbligatorio per molte aziende. In Europa, secondo la direttiva CSRD, dal 2024 tutte le grandi aziende dovranno rendere pubblica la propria strategia ESG, così come le PMI quotate dal 2026, ad eccezione delle microimprese. Tuttavia, a livello globale, la rendicontazione ESG sarà guidata dagli standard dell’International Sustainability Standards Board (ISSB) della Fondazione IFRS a partire dal 2024. La diversità di governance è certamente tra le questioni di buon governo. Rispetto a questo, ci sono chiari segnali di miglioramento negli ultimi anni. Ad esempio, secondo un recente rapporto di BNP Paribas, il numero di donne nei consigli di amministrazione è aumentato dell’8% nel 2022 rispetto al 2021; Europa, Sud Africa e Australia sono i paesi più avanzati in termini di uguaglianza di genere nei CdA, anche se la situazione sta migliorando in tutte le regioni.
I criteri ESG consentono quindi di misurare oggettivamente la performance dell’organizzazione sulla base di indicatori standardizzati e uniformi in termini di ambiente, impegno sociale e governance, nonché di valutare concretamente la sostenibilità dell’azienda su una scala di misurazione che permette il “confronto” tra varie organizzazioni.
Investire in strategie ESG è importante non solo per un “obbligo morale” nei confronti del pianeta e della società, ma anche per numerosi vantaggi competitivi.
Le aziende sostenibili costruiscono effettivamente una reputazione tra i clienti esistenti o potenziali e migliorano, così, la loro posizione sul mercato. Inoltre ottenere credito diventa più semplice perché si dimostra lungimiranza e una più attenta gestione del rischio. Possono aderire a iniziative di investimento private o utilizzare sovvenzioni pubbliche per progetti e organizzazioni ESG. Hanno la possibilità di ampliare la cerchia dei partner, perché oggi la sostenibilità diventa un parametro discriminante nella scelta delle organizzazioni con cui collaborare (la mancanza di sostenibilità significherebbe il rischio di essere esclusi dalla filiera senza la possibilità di costruire nuove relazioni).
Infine, l'implementazione delle pratiche ESG, la misurazione della performance e la pubblicazione dei risultati stanno diventando obbligatori in un quadro normativo in rapida evoluzione e sempre più rigido. L’impegno per la sostenibilità e la responsabilità sociale diventa così un obbligo, con il rischio di sanzioni se non rispettato.
Pertanto, è chiaro che il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità influisce direttamente sulla gestione del rischio e sulla capacità dell'azienda di sopravvivere in futuro. Restare fermi senza adottare politiche ecologiche, sociali ed etiche diventa molto pericoloso, non solo per i danni immediati all’ambiente e alla comunità, ma anche per gli effetti collaterali sulle imprese.
Contesto normativo
Le crescenti richieste di mercati, fondi e istituzioni di divulgazione sui temi della sostenibilità hanno colpito anche le piccole e medie imprese europee, che hanno dovuto ripensare la propria capacità di creare valore basandosi sui valori dello sviluppo sostenibile.
In occasione della conferenza ONU sull’Ambiente del 1972 è stato introdotto per la prima volta il concetto di sostenibilità che è stato poi sostanziato e ufficializzato nel 1987 nel contesto del cosiddetto Rapporto Brundtland.
Questa definizione è diventata un nuovo paradigma di sviluppo proprio perché gli aspetti ecologici, sociali ed economici sono convergenti. Un altro passo importante si trova nel "Libro verde dell’UE del 2001 sulla promozione di un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese", che si concentra chiaramente sulla RSI e menziona esplicitamente per la prima volta "Rapporti e audit sulla responsabilità sociale". Il Libro verde specificatamente afferma che "“numerose multinazionali redigono relazioni sulla responsabilità sociale… Le relazioni sulla protezione dell’ambiente o sulla salute e la sicurezza sociali sono frequenti, mentre quelle che trattano ad esempio di diritti dell’uomo e il lavoro infantile non lo sono. Inoltre, la concezione che le imprese hanno di tali relazioni è tanto diversificata quanto il loro approccio alla responsabilità sociale."
Per questi motivi, il Libro verde esprime la necessità di raggiungere un consenso a livello internazionale affinché le informazioni che spieghino l’impegno delle imprese a favore dell’ambiente e la società siano chiare e trasparenti, e si raccomanda di lavorare sia sulla forma che sulle procedure di valutazione e controllo. L’Unione Europea, nel Libro verde definisce il rapporto sullo sviluppo sostenibile come segue: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Già nel 1998, però, il Consiglio Europeo aveva creato un Gruppo di esperti di alto livello focalizzato sulle implicazioni economiche e sociali delle trasformazioni industriali che aveva invitato le imprese con più di 1.000 dipendenti a rendicontare e pubblicare su base volontaria quella che era definita come “relazione sulla gestione del cambiamento”, con cui si intendeva una relazione annuale sulle condizioni di occupazione e di lavoro.
La Commissione Europea ha deciso di includere nel suo programma di politica sociale la creazione di un Centro di Monitoraggio dei Cambiamenti Industriali per identificare e gestire il cambiamento, ma sempre su base volontaria.
Nel maggio 2001 è arrivata una raccomandazione che richiedeva "nelle relazioni finanziarie e annuali delle società: mediante registrazione contabile, conferma delle informazioni e pubblicazione".
Sei anni dopo, anche il Ministero dell’Interno in Italia ha definito questa responsabilità d’impresa: “Il Bilancio Sociale è l’esito di un processo con cui l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato”.
Compito del bilancio di sostenibilità è quello di fornire un quadro equilibrato e ragionevole della sostenibilità dell’organizzazione. attività, compresi gli effetti positivi e negativi delle attività.
Uno studio sulla reputazione aziendale del 2011 ha dimostrato che aumentare la trasparenza e segnalare azioni positive sono i due modi più importanti per creare fiducia nell’azienda target.
Un altro importante passo fondamentale è il Non-Financial Reporting Directive, ovvero la Direttiva 2014/95/UE (NFRD).
Proprio nel 2014, nella direttiva sulla rendicontazione non finanziaria, l’Unione Europea stabilisce ufficialmente l’obbligo per alcune grandi aziende di includere una rendicontazione non finanziaria nella loro relazione annuale.
Il NFRD definisce quattro argomenti principali:
• effetti ambientali;
• aspetti legati ai problemi sociali;
• il tema principale del rispetto dei diritti umani;
- • aspetti legati ai rischi di corruzione e buon governo delle imprese.
Si può dire che la Direttiva sulla rendicontazione non finanziaria ha ufficialmente iniziato i suoi lavori, obbligando molti soggetti a preparare una relazione sullo sviluppo sostenibile e un bilancio sullo sviluppo sostenibile.
Il 25 settembre 2015, i 193 Stati dell’Assemblea Generale dell’Onu hanno adottato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, articolata in 17 obiettivi e quasi 250 indicatori. Questi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell'Agenda e i relativi 169 target devono però essere tradotti in soluzioni tangibili. Strettamente correlati ai 17 obiettivi SDG delle Nazioni Unite sono i punteggi e le metriche ESG, con l’intento di incoraggiare le aziende a migliorare e misurare l'impatto delle loro azioni.
Il 10 marzo 2021 è entrato in vigore il Regolamento UE 2019/2988 della Commissione Europea sulla divulgazione della sostenibilità nei servizi finanziari (SFDR), che mira ad ampliare e armonizzare le informazioni sui processi di investimento ESG. La Sustainable Finance Disclosure Regulation è quindi un regolamento che mira ad aumentare la trasparenza della finanza sostenibile, per facilitare il confronto e la comprensione di quanto i prodotti finanziari tengono conto delle caratteristiche ambientali e/o sociali e degli investimenti e degli obiettivi sostenibili. I partecipanti ai mercati finanziari, le società che offrono prodotti finanziari e le entità che possono essere oggetto di investimenti sostenibili sono i più coinvolti nell’informativa regolamentata dalla SFDR. Il regolamento SFDR richiede la divulgazione delle politiche di integrazione del rischio di sostenibilità e dei relativi effetti negativi sulla performance finanziaria. Le aziende e i consulenti che decidono di non divulgare fattori e rischi di sostenibilità devono motivare la propria scelta. Il Regolamento specifica:
- i rischi di sviluppo sostenibile sono eventi o circostanze legati all'ambiente, alla società o alla gestione, che possono avere un impatto negativo significativo sul valore dell'investimento;
- gli impatti negativi primari sono eventuali impatti negativi che le decisioni o i consigli di investimento possono avere sui fattori di sostenibilità.
Inoltre, il regolamento definisce un investimento sostenibile purché:
- contribuisca al raggiungimento di un obiettivo ambientale o sociale;
- non danneggi in modo significativo altri obiettivi ambientali o sociali (principio DNSH "nessun danno grave");
- rispetti il buon governo.
Infine, la SFDR definisce tre diverse categorie di prodotti ESG gestiti da società di investimento stabilite nell'Unione Europea e per i quali la rendicontazione è obbligatoria:
- Prodotti "dark green" ai sensi dell’Articolo 9: focalizzati su un obiettivo sostenibile, l’obiettivo è raggiungere determinati risultati in termini di sostenibilità ambientale o sociale concentrandosi sulla performance finanziaria;
- Prodotti "verde chiaro" ai sensi dell'Articolo 8: enfatizzano gli attributi sociali e/o ambientali e possono includere investimenti nella sostenibilità, anche se non l'enfasi principale;
- Prodotti " grey green " o Articolo 6: non aggiungere criteri di filtro basati solo sulla sostenibilità, consentendo investimenti in diversi settori.
Ogni categoria deve fornire informazioni dettagliate sulla politica di investimento, sugli indicatori di sviluppo sostenibile utilizzati, sulla strategia di implementazione e sull'impatto sui fattori ESG.
Nell’ambito del Green Deal Europeo si colloca l’approvazione e la pubblicazione, avvenuta il 16 dicembre 2022, sulla Gazzetta Ufficiale UE della Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive - CSRD). La CSRD va così a modificare la Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per le imprese di grandi dimensioni. Gli Stati membri hanno ora l’obbligo di recepire la Direttiva entro 18 mesi a partire dalla sua pubblicazione.
Con CSRD, l’Unione Europea mira a migliorare e standardizzare il reporting sulla sostenibilità aziendale e a creare le condizioni per tutti i soggetti coinvolti nella creazione di valore e nell’impatto, come investitori, clienti e società civile, ottenere informazioni affidabili e comparabili sugli impatti ambientali e sociali.
Va inoltre sottolineato che la Direttiva sul Corporate Sustainability Reporting amplia l’ambito della regolamentazione rispetto alla Direttiva sul Non-Financial Reporting (NFRD) e copre sia un maggior numero di aziende sia una maggiore quantità e qualità di dati.
La direttiva impone alle aziende di rispettare specifici standard di rendicontazione volti a gestire le prestazioni aziendali su temi quali il cambiamento climatico, la biodiversità, l’inquinamento, l’economia circolare, i diritti umani e il lavoro.
Dal 5 gennaio 2023, l’Unione Europea ha implementato la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
Le imprese soggette alla CSRD sono tenute a conformarsi agli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), elaborati dall’EFRAG, conosciuto come European Financial Reporting Advisory Group, un organismo indipendente che coinvolge diverse parti interessate. Il 31 luglio 2023, la Commissione Europea ha adottato il primo set di ESRS, che consentirà alle imprese di adempiere agli obblighi di reporting stabiliti dalla CSRD. Questo primo insieme comprende 12 sector-agnostic standards, di cui due di carattere generale e dieci relativi a tematiche specifiche, suddivisi in cinque ambiti ambientali, quattro sociali e uno di governance. Inoltre, la CSRD prevede che l’EFRAG continui a sviluppare standard specifici per settore.
Con l’adozione della CSRD da parte delle normative nazionali – obbligatoria entro il 6 luglio 2024 – il numero di aziende soggette agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità aumenterà notevolmente, seguendo una chiara roadmap temporale. Ecco di seguito il dettaglio delle scadenze identificate, insieme alle categorie di imprese coinvolte:
- Dal 1º gennaio 2024: GRANDI IMPRESE DI INTERESSE PUBBLICO che alla data di chiusura dell’esercizio hanno:
- più di 500 dipendenti
- € 20 milioni di totale dell’attivo
- € 40 milione di ricavi netti.
- Dal 1º gennaio 2025: TUTTE LE ALTRE GRANDI IMPRESE che alla data di chiusura dell’esercizio superino 2 dei seguenti 3 criteri:
- € 20 milioni di totale dell’attivo
- € 40 milioni di ricavi netti
- 250 dipendenti medi annui.
- Dal 1º gennaio 2026: PMI QUOTATE (escluse le microimprese)
- possono optare per u periodo di deroga (max 2 anni) non adempiendo all’obbligo.
- Dal 1º gennaio 2028: SOCIETÀ NON UE che hanno:
- un fatturato annuo superiore a € 150 milioni nell'UE
Infine, è importante evidenziare come il reporting CSRD si fonda sul principio della doppia materialità, che richiede alle aziende di divulgare informazioni sia sull’impatto delle proprie attività sull’ambiente e sulle persone (approccio inside-out), sia su come gli obiettivi, le misure e i rischi di sostenibilità influenzano la loro salute finanziaria (approccio outside-in). Pertanto, un elemento di sostenibilità diventa rilevante per un’azienda quando soddisfa i criteri di materialità sia in termini di impatto sulla sostenibilità in generale, sia in termini di impatto finanziario.
Nel 2024, l’aumento dell’urgenza per l’allineamento delle imprese agli standard ESG è sempre più tangibile. Nella sempre più abbondante “alphabet soup” che sta cuocendo nell’ambito della regolamentazione della sostenibilità ambientale, sociale e di governance delle aziende nell’Unione Europea, ma non solo, il 15 marzo 2024 con 374 voti, 235 contrari e 19 astenuti, il Parlamento Europeo ha ratificato la direttiva CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directiv), sul dovere di “diligence”, frutto di un complesso accordo con il Consiglio dell’UE e che obbliga le aziende e i loro partner ad impegnarsi nel prevenire, fermare o mitigare gli effetti negativi delle loro attività sull’ambiente e sui diritti umani.
Un obbligo che vale per tutte le imprese, comprese quelle coinvolte nell'acquisizione, produzione e distribuzione di beni.
La Direttiva fa esplicito riferimento a esempi specifici di pratiche e situazioni che intende abolire, come la schiavitù, il lavoro minorile, lo sfruttamento dei lavoratori, la perdita di biodiversità, l'inquinamento e la distruzione del patrimonio naturale.
Anche in questo caso, oltre una prima applicazione delle disposizioni della CSDDD alle società madri e alle imprese dell’area UE con più di 1.000 dipendenti e con un fatturato globale superiore a 450 milioni di EURO e ai franchising che operano nell’Unione con un fatturato superiore a 80 milioni di EURO, di cui almeno 22,5 derivanti da diritti di licenza, sono previsti tre next step di applicazione:
- DAL 2027:
- IMPRESE CON +5.000 DIPENDENTI
- FATTURATO +1.500 MILIONI DI EURO
- DAL 2028:
- IMPRESE CON +3.000 DIPENDENTI
- FATTURATO +900 MILIONI DI EURO
- DAL 2029:
- IMPRESE CON +1000 DIPENDENTI
- FATTURATO +450 MILIONI DI EURO
Inoltre, è probabile che l'UE introduca requisiti di trasparenza per le società di rating e scoring ESG per garantire che attenuino eventuali conflitti di interesse inerenti ai loro modelli di business.
Ulteriore passo è stato fatto dall'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha lanciato una consultazione aperta fino a giugno 2024. Oggetto dell’iniziativa è la proposta di modifica del Regolamento sulle agenzie di rating del credito (Crar) e del Regolamento delegato sull’integrazione dei fattori Esg nelle metodologie di rating del credito. La pubblicazione delle proposte e della consultazione risponde a una specifica richiesta di consulenza inviata all’Esma dalla Commissione europea lo scorso giugno, che mire ad allineare il quadro regolatorio con gli sforzi fatti per progredire nella costruzione di un sistema di norme coerente per la finanza sostenibile.
È pur vero che son serviti diversi decenni e innumerevoli sforzi, tuttavia l’Unione Europea è sulla buona strada per fornire delle norme univoche che regolamentino i rischi legati alla sostenibilità intesa “undique”.
Come si misurano le performance ESG
Attivare strategie responsabili ovviamente non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, ma è necessario garantire costantemente la qualità e l’efficienza delle attività realizzate.
Per valutare i risultati delle pratiche ESG esistono indici di sostenibilità, ovvero strumenti basati su unità di misura e indicatori di prestazione che forniscono evidenza oggettiva dell’impronta ambientale, sociale ed etica di un’organizzazione. I KPI che compongono l’indice permettono di calcolare quantitativamente gli effetti dell’azienda: ad esempio, viene offerta una valutazione numerica in base al consumo energetico, alle emissioni di anidride carbonica, alla gestione dei rifiuti, alla salute e sicurezza dei dipendenti, alla promozione dell’engagement, ecc.
Affinché gli indicatori di sviluppo sostenibile siano sotto controllo è necessario costruire in azienda un sistema strutturato di gestione delle informazioni. In questo modo è possibile raccogliere tutte le informazioni necessarie al calcolo dell’indice, fornendo così visibilità sui singoli processi lavorativi. Software analitici avanzati, sempre più potenti grazie al continuo sviluppo dell’intelligenza artificiale, consentono di correlare ed elaborare i dati in modo rapido ma con elevata precisione, restituendo evidenze e previsioni utili ai decisori. In questo modo è possibile ottenere una valutazione affidabile dell’efficacia delle pratiche ESG adottate, correggendo la situazione se necessario e prevenendo possibili rischi quali negligenza, perdita di reputazione o insoddisfazione dei dipendenti.
Insomma, la ricerca di un business più etico ed ecologico deve essere accompagnata da una fase di attento monitoraggio e misurazione dei risultati, affinché le strategie ESG siano realmente efficaci e lo sviluppo sostenibile diventi un obiettivo raggiunto, non solo uno slogan.
Per la misurazione delle performance ESG può essere utilizzato SUSTAINability, un servizio di valutazione di sostenibilità completamente gratuito e facilmente accessibile per le aziende. È progettato e sviluppato per aiutare le aziende a comprendere la propria sostenibilità ambientale, sociale e gestionale.
SUSTAINability è in un questionario di autovalutazione online composto da circa 60 domande a risposta multipla, la cui compilazione richiede circa 15 minuti, focalizzate sulle tre dimensioni dei pilastri ESG.
Al termine della compilazione viene automaticamente elaborato e inviato all'azienda un report riepilogativo che attraverso grafici e cifre riassume il livello di sostenibilità raggiunto dall'azienda, sia a livello complessivo che nelle aree oggetto di valutazione. Il report contiene anche una serie di sintetici spunti operativi utili al miglioramento delle performance di sostenibilità dell'azienda.
Grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale è disponibile anche IBM Cloud Carbon Calculator, uno strumento innovativo basato, appunto, sull’ IA, progettato per supportare il monitoraggio e la gestione delle emissioni di gas serra associate ai servizi cloud, offrendo la possibilità di migliorare le prestazioni di sostenibilità consigliando percorsi ibridi e multi-cloud. Si distingue per le sue funzionalità avanzate, che includono:
- il monitoraggio delle emissioni in base al carico di lavoro nei conti aziendali;
- l’identificazione dei punti caldi per le emissioni di gas serra;
- le opportunità di miglioramento;
- l’utilizzo dei dati per la rendicontazione dei gas serra.
L’IBM Cloud Carbon Calculator rappresenta un passo significativo verso la creazione di un futuro più sostenibile, aiutando le aziende a prendere decisioni informate per ridurre le proprie emissioni di gas serra e a contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico.
Tra i tools per la misurazione ex ante del grado di compliance ai criteri ESG, degno di nota è Ecovadis, una piattaforma di rating globale specializzata nella valutazione delle prestazioni ambientali, sociali e di governance (ESG) delle aziende. La sua metodologia si basa su standard internazionali di sostenibilità, tra cui la Global Reporting Initiative, il Global Compact delle Nazioni Unite e l'ISO 26000, e copre oltre 220 categorie di spesa e 180 Paesi.
EcoVadis rappresenta uno standard di riferimento per l'assessment della supply chain da parte delle aziende capofila che richiedono ai loro fornitori di sottoporsi a questa valutazione al fine di valutare il loro grado di sostenibilità in ambito ambientale, della tutela dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani, dell'eticità delle pratiche aziendali e dell'approvvigionamento sostenibile.
In che modo l’IA interviene sulla compliance ESG?
Le aziende, per combattere il greenwashing, necessitano di informazioni più approfondite e affidabili sulle prestazioni ESG, ed è dunque, proprio questo il quid pluris che rende utile il ricorso a strumenti di IA, alla combinazione di modelli di elaborazione del linguaggio naturale (NLP), modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) e intelligenza artificiale generativa. Il tutto è avvalorato dall’intelligenza artificiale che non si fa guidare dai sentimenti.
L’intelligenza artificiale generativa, apre, quindi, nuovi orizzonti per la gestione degli aspetti ESG, perché questa tipologia di intelligenza artificiale, capace di generare autonomamente dati e simulazioni, può offrire alle aziende strumenti preziosi per implementare strategie sostenibili e creare un rapporto più responsabile con le proprie risorse.
Allo stesso tempo, GenAI espone le aziende a nuovi rischi, ad es. situazioni che possono rappresentare rischi e come tali devono essere considerate e gestite.
Certamente la GenAI incide sulle attività di gestione diretta e richiede un atteggiamento adeguato.
L’intelligenza artificiale generativa non può essere considerata una semplice tendenza: rappresenta un cambio di paradigma che promette di trasformare il modo in cui le organizzazioni interagiscono con l’ambiente, la società e le parti interessate.
Gli esempi non mancano e mettono in luce il panorama in cui la GenAI influisce direttamente sul campo ESG. Inoltre, va considerato che l’integrazione tra GenAI ed ESG richiede una visione olistica di tutte le dimensioni di questo rapporto, che segna un capitolo speciale nel rapporto tra intelligenza artificiale ed etica .
- GenAI e ESG
A differenza delle tradizionali applicazioni di intelligenza artificiale che si basano sull’analisi e sull’interpretazione dei dati, l’intelligenza artificiale generativa si concentra sulla creazione di nuovi contenuti, dati o modelli che prima non esistevano.
Questa capacità di "creare" rende l’intelligenza artificiale generativa uno strumento potente per molte applicazioni, dalla progettazione del prodotto all’arte, dalla musica alla scrittura e altro ancora. Al centro dell’intelligenza artificiale generativa ci sono le reti neurali generative, reti addestrate su grandi quantità di dati per imparare a produrre output quanto più indistinguibili possibile dagli input originali.
Le Generative Adversarial Networks, o GAN, operano con due reti neurali concorrenti: una rete "generativa" che genera nuove informazioni e una rete "discriminativa" che valuta l’autenticità di tali informazioni. Questo processo di feedback continuo migliora la capacità della rete generativa di produrre risultati sempre più realistici. L’intelligenza artificiale generativa ha un forte impatto su molti settori. Per la progettazione del prodotto, può creare automaticamente migliaia di prototipi, consentendo ai progettisti di esplorare possibilità che non avrebbero mai ritenuto possibili. Nell’arte e nella musica, artisti e musicisti stanno sperimentando l’intelligenza artificiale generativa per creare opere che combinano creatività umana e calcolo in modi nuovi. Nel campo della scrittura, l’intelligenza artificiale generativa può produrre testi su vari argomenti, aprendo nuove possibilità per la creazione di contenuti e la narrazione. Anche l’industria cinematografica e quella dei videogiochi traggono grandi benefici da questa tecnologia per creare ambienti, personaggi e storie.
L’intelligenza artificiale generativa, come già detto, solleva anche problemi etici e legali, soprattutto in relazione al diritto d’autore.
La capacità di creare opere che sembrino umane solleva interrogativi sulla natura dell’originalità, della proprietà intellettuale e della creatività.
Da un punto di vista etico, dobbiamo affrontare la sfida di bilanciare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale generativa (che sono in gran parte inesplorate) con la necessità di proteggere i diritti dei creatori e preservare l’integrità delle opere creative. Si tratta di una questione affrontata anche da misure come la legge sull’intelligenza artificiale.
Considerando che GenAI ha il potenziale per reinventare il modo in cui creiamo, progettiamo e interagiamo con il mondo digitale, sarà importante affrontare i principi etici e le norme che ne derivano e che definiscono i criteri ESG, in particolare “S” e “G”.
- Analisi dei benefici e dei rischi
La prospettiva delle opportunità del rapporto GenAI ed ESG riguarda principalmente il modo in cui le aziende possono ridurre il proprio impatto ambientale con l’aiuto di dati, modelli e simulazioni in grado di mappare nuove forme di sostenibilità. Di seguito sono riportati i sei punti chiave del rapporto GenAI ed ESG.
- Ottimizzazione delle risorse: l’intelligenza artificiale generativa può analizzare grandi quantità di dati per identificare modelli di spesa inefficienti in un’azienda. Con l’aiuto di queste analisi le aziende possono ridurre lo spreco di materie prime, energia e acqua, ottimizzare l’utilizzo delle risorse e minimizzare l’impatto ambientale. A differenza delle soluzioni di intelligenza artificiale “tradizionali”, GenAI non solo può identificare problemi critici, ma anche fornire soluzioni;
- Design sostenibile: nel settore della progettazione e dell’ingegneria, l’intelligenza artificiale generativa può aiutare a creare prodotti e infrastrutture più efficienti e sostenibili. Gli algoritmi di progettazione creativa consentono alle aziende di esplorare migliaia di opzioni per trovare soluzioni che riducano l’uso dei materiali, migliorino l’efficienza energetica e riducano al minimo gli sprechi. GenAI può aiutare gli operatori dell’edilizia sostenibile a trovare e implementare nuove idee;
- Catene di fornitura verdi: l’intelligenza artificiale generativa può facilitare l’ottimizzazione delle catene di fornitura e renderle più efficienti e sostenibili. Analizzando dati complessi, può prevedere la domanda, ottimizzare i percorsi di trasporto per ridurre le emissioni di carbonio e consigliare ai fornitori locali di ridurre la loro impronta di carbonio e promuovere la produzione sostenibile;
- Energia rinnovabile: l’intelligenza artificiale generativa può guidare l’innovazione nel settore energetico, migliorare la capacità di prevedere la produzione di energia rinnovabile e integrare energia pulita nella rete, riducendo gli sprechi;
- Riciclaggio ed economia circolare: implementando i sistemi GenAI, le aziende possono migliorare i processi di riciclaggio e identificare i materiali riciclabili in modo più accurato e rapido.
Una delle sfide più grandi nel rapporto tra GenAI ed ESG è sviluppare algoritmi sempre più complessi e precisi in grado di rispondere contemporaneamente a domande etiche legate all’autonomia decisionale delle macchine e alla protezione dei dati.
L’IA generativa deve essere affrontata con la consapevolezza che, oltre alle numerose opportunità che offre, porta con sé anche nuovi rischi che sono specificatamente legati all’IA generativa e che devono essere considerati, ma non solo in una prospettiva ESG. Si pensi a:
- Pregiudizi e discriminazioni: uno dei rischi più importanti è che l’intelligenza artificiale generativa possa mantenere o addirittura rafforzare i pregiudizi nei dati su cui viene addestrata. Ciò può portare a risultati discriminatori che incidono negativamente sui gruppi sociali e creano disuguaglianze sociali;
- Violazione della privacy: l’intelligenza artificiale generativa richiede l’accesso a grandi quantità di dati, ed è sempre più difficile definire i vincoli e le modalità di selezione dei dati necessari per la formazione. Ciò crea problemi di privacy perché le informazioni sensibili possono essere utilizzate senza il consenso degli individui, portando potenzialmente a violazioni di dati e furti di identità;
- Disinformazione e manipolazione: la capacità dell’intelligenza artificiale generativa di creare contenuti realistici, come deepfake, apre le porte a nuove forme di disinformazione e manipolazione. Ciò può avere gravi conseguenze per la società e soprattutto per le imprese, perché può creare un clima di sfiducia.
- Questioni etiche e morali: l’uso dell’intelligenza artificiale generativa solleva importanti questioni etiche, come chi è responsabile dei contenuti creati e come viene protetto il copyright. Inoltre, la creazione di un’intelligenza artificiale che imita il comportamento umano solleva interrogativi sul rapporto tra tecnologia e persone.
Conclusioni
Lo sviluppo dell’IA per la sostenibilità e gli ESG dipende anche dal contesto in cui si collocano queste esigenze.
Il mercato dell’IA sta crescendo in modo significativo e l’opportunità di utilizzare il potenziale dell’intelligenza artificiale per raggiungere obiettivi di sostenibilità sarà sicuramente supportata da un numero sempre maggiore di aziende che utilizzano queste soluzioni e aumentano il livello di conoscenze e competenze relative all’intelligenza artificiale e agli ESG.
Alla luce di quanto evidenziato, se è vero che l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per analizzare tutte le fonti che forniscono segnali relativi ai fattori di rischio, per automatizzare la funzione di valutazione della gestione del rischio, per concentrarsi specificamente sui rischi ESG e per migliorare l’accuratezza e la velocità di tutte queste analisi che non possono essere eseguite con metodi tradizionali, occorre sempre la supervisione umana, fondamentale affinché i sistemi di IA ad alto rischio garantiscano un uso responsabile, sicuro ed etico.