L’intelligenza artificiale tra razionalità e poesia: un’umanità da riscoprire

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L’intelligenza artificiale tra razionalità e poesia: un’umanità da riscoprire

 

Partecipare ad un’intervista radiofonica per me resta sempre un’esperienza estremamente affascinante ed emozionante. Soprattutto, poi, se l’occasione è quella di una rubrica che si chiama “Dritti al cuore”, se vieni chiamata ad intervenire e confrontarti sul ruolo dell’IA nella società contemporanea, e se sai che l’intervista verrà trasmessa in radio subito dopo l’intervento del regista Paolo Genovese che presenta il suo ultimo film (questo il link diretto all’intervista trasmessa da Radio Vaticana il 17 marzo 2025, dal minuto 17 circa: https://www.vaticannews.va/it/podcast/rvi-programmi/dritti-al-cuore/2025/03/dritti-al-cuore-17-03-2025.html).

Apparentemente, parlare di tecnologia e Intelligenza Artificiale sembrerebbe davvero qualcosa di troppo distante e, forse, del tutto estraneo al contesto della trasmissione; la paura è quella di essere fuori luogo associata al rischio di divagare troppo su tematiche squisitamente tecnologiche che piacciono tanto a chi si occupa di informatica, ma magari meno a chi è all’ascolto.

Per cui sia io che Domenico Ventriglia (esperto di dati e IA, con cui ho condiviso l’intervista) ci siamo impegnati nel proporre a Rosario Tronnolone, conduttore della trasmissione, e agli ascoltatori tutti, un dialogo stimolante sulla crescente diffusione dell’IA e soprattutto sul suo impatto sull’essere umano, con l’intento di far riflettere sul significato più profondo e completo del concetto di “Intelligenza”.

Parlando di IA, un punto chiave che abbiamo cercato di sottolineare è la distinzione tra IA generativa e non generativa. La prima, capace di creare contenuti nuovi come testi, immagini e suoni, è soggetta a margini di errore maggiore e interpretazioni arbitrarie. La seconda, invece, si basa su dati esistenti e si dimostra spesso più affidabile dell’essere umano in compiti specifici, come la classificazione di informazioni (es. identificare e-mail di spam) o le analisi di grandi volumi di dati.

Bisogna sempre tenere presente che l'IA è fondamentalmente un insieme di elaborazioni statistiche e possiamo in fondo considerare il termine "intelligenza" come “una trovata di marketing”, più che una descrizione accurata dei sistemi con cui ci troviamo ad interagire.

Un punto centrale è quello di considerare l’IA come uno strumento, non come un’entità astratta e autonoma. L’IA non è magia, ma il frutto di algoritmi matematici sofisticati. Algoritmi che sono stati perfezionati nel corso degli anni e che avranno sempre maggiori potenzialità, considerando anche il miglioramento dell’hardware e della potenza degli strumenti di calcolo, che diventa sempre più accessibile, dato il costante abbassamento dei costi di utilizzo di tali strumenti, un tempo riservati a pochi.

Tuttavia, nessuno strumento potrà e dovrà mai sostituire totalmente l'uomo; ogni IA agisce come elemento di supporto all'attività umana.

Un’immagine suggestiva che possiamo proporre per descrivere il corretto uso degli strumenti di IA è quella di un coreografo o di un regista che ha a disposizione tanti “attori” (non a caso nell’ambito dell’IA si sente spesso parlare di agenti) di cui gli strumenti di intelligenza artificiale sono solo una parte. La bravura del coreografo o del regista sarà quella di combinare insieme capacità umane e capacità tecnologiche, per ottenere il massimo risultato, per ottenere il meglio.

Non possiamo affidarci totalmente agli strumenti di intelligenza artificiale perché hanno una capacità di errore, così come l'uomo ha capacità di sbagliare. Si può tentare, però, di raggiunge un equilibrio, combinando insieme attività umane e attività automatizzate: dopo aver analizzato a fondo e compreso quelle che sono le funzioni che la macchina può svolgere meglio dell'uomo (quelle totalmente automatizzabili), si devono parallelamente potenziare le altre, e lasciare la libertà all'uomo di esprimersi in tutte quelle che sono le funzioni che sono proprie dell'umanità e che una macchina non potrà mai superare e sostituire.

L’equivoco nasce dall’uso del termine Intelligenza. Cos’è Intelligenza? Cosa ci rende essere intelligenti?

Molto spesso si è portati a limitare il concetto di Intelligenza alla mera capacità di “fare conti”, di essere razionali. Un qualsiasi essere vivente non sia in grado di svolgere queste funzioni, lo definiamo non intelligente.

Nel corso dei secoli, soprattutto il mondo occidentale ha costruito una società talmente razionalista che ha identificato come valore fondamentale quella di “fare i conti”.

Se ribaltiamo per un attimo la prospettiva, in realtà proprio quella che definiamo “Intelligenza Artificiale” può fornirci una grandissima opportunità per rivedere questa impostazione di valori. Si tratta di un’opportunità che possiamo definire esistenziale, proprio perché ci permette di riflettere su questo punto: se definiamo intelligenza il “fare i conti”, le capacità degli strumenti di IA, ormai, superano le capacità umane.

Ma se “intelligenza” è anche altro (e questo è il momento di riflettere e capire cos'è l'altro) allora veramente abbiamo un'occasione unica per capire se la società che abbiamo costruito è davvero quella che vogliamo.

Forse questo “altro” ha a che fare proprio con la sfera imponderabile, la sfera emozionale. Parliamo quindi di un'esperienza di traduzione su base emozionale, che sembra in qualche modo far parte di quella forma di sensibilità che appartiene più all'uomo che alla macchina. In realtà tutto il mondo della traduzione automatica oggi è ampiamente assorbito dall'intelligenza artificiale, come un po' anche il mondo dell'arte, della produzione cinematografica.

L'esigenza di tradurre un linguaggio in un altro linguaggio, ossia uno schema di regole in un altro schema di regole, può essere soddisfatta dall'intelligenza artificiale in modo veramente molto efficace, con risultati in alcuni casi superiori a quelli dell'uomo.

Nel caso la traduzione debba andare oltre l’automatismo, oltre la conversione di regole, ma venga chiamata anche a “spostare significato”, il senso profondo nascosto dietro la traduzione, ciò che emoziona e fa vibrare il nostro animo, l'intelligenza artificiale, da sola, potrebbe fallire. È difficile trasferire emozioni dalla sola conversione di regole.

In tale contesto, particolarmente toccante è la testimonianza della scrittrice Liliana Cantatore, che ha raccontato la sua esperienza nell’utilizzo dell’IA per la traduzione di haiku, brevi componimenti poetici giapponesi.

Il giapponese è una lingua poco conosciuta e completamente diversa dalla nostra, con un alfabeto composto da ideogrammi che non identificano un suono, ma trasmettono direttamente significato. La scrittura, inoltre, si sviluppa in verticale e non in orizzontale, e anche questo fattore è fortemente condizionante. Si avvale poi di codici interpretativi, che si sono stratificati lentamente nel corso del tempo, rendendo ulteriormente complessa la traduzione. Di solito ci si avvale di “traduzioni ponte” (dall’inglese o dal francese ad esempio) che cercano di rendere al meglio il significato, non rispettando tuttavia la misura dell’haiku, che resta una forma poetica semplice e non può essere tradotta in forma discorsiva. Tali traduzioni riescono a rendere bene il contesto della poesia, ma non la sua semplicità e liricità.

Rispetto alle traduzioni umane, i sistemi di IA, non sono in grado di comprendere perfettamente il significato dei testi, ma riescono a restituire in qualche modo una forma di liricità e una suggestione poetica che le traduzioni umane, più razionali, non sempre riescono a trasmettere. Questo esperimento ha aperto nuove prospettive sull’uso dell’IA come strumento di supporto all’emotività e alla creatività umana: lo strumento di IA è stato usato, di fatto, per ricreare un’immagine poetica che è stata fatta risuonare e amplificare nell’anima della scrittrice stessa.

Il mondo dell'Intelligenza Artificiale nasce dal sogno di replicare le capacità intellettive dell’uomo umane tramite macchine. Ma le macchine non sono niente altro che un artefatto umano, prodotti della creatività umana e questo non lo dobbiamo mai dimenticare, ogni volta che ci relazioniamo con tali sistemi. 
In questo scenario un ruolo cruciale dovrà essere ricoperto dai percorsi formativi, dall'educazione all’uso consapevole e integrato degli strumenti di IA, valorizzando l'oratoria e la capacità di argomentare il pensiero, che restano funzioni intrinsecamente umane e difficilmente replicabili dalla macchina.

Compreso questo, l’intelligenza umana oggi più che mai è chiamata a concentrarsi sempre più sulla capacità di porre le domande giuste, quelle esistenziali che sono in grado di definire ciò che siamo. L'IA, in questo contesto, diventa un potente strumento per stimolare ed approfondire la ricerca interiore e la creatività umana.

È nella ricerca di senso e nella riflessione etica che risiede la vera sovranità dell’essere umano. L’IA può aiutare a esplorare nuove possibilità, ma è l’uomo a dover guidare il processo con consapevolezza e responsabilità, promuovendo un dialogo costruttivo tra razionalità e sensibilità, tra innovazione e tradizione.