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Decorrenza del termine breve d’impugnazione

Cassazione n. 14234/2021
Marina di Ravenna
Ph. Ermes Galli / Marina di Ravenna

1. Principio di diritto

La Suprema Corte di Cassazione nell’ordinanza n.14234/2021, ribadendo il principio di diritto recentemente enucleato dalla sentenza delle S.U. n. 20866/2020, ha statuito che la notificazione della sentenza alla controparte deve contenere nella relativa relata l’indicazione onomastica del difensore di parte quale destinatario dell’atto e, tutto ciò, a pena di inidoneità della stessa ai fini della decorrenza del termine breve d’impugnazione.

 

2. Il caso

Nel caso oggetto della predetta ordinanza, l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della CTR entro il termine lungo di impugnazione (6 mesi dalla pubblicazione della sentenza), nonostante i contribuenti avessero proceduto alla notifica della sentenza di appello, al fine di far decorrere il termine breve (60 giorni dalla notifica).

Difatti, al momento della proposizione del ricorso in Cassazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria il termine breve era già decorso.

A tal proposito, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non accogliere l’eccezione di inammissibilità formulata dai contribuenti, in quanto la mancata indicazione onomastica del difensore della parte, quale destinatario dell’atto, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione.

 

3. La motivazione della sentenza

La Corte di Cassazione nella sentenza in esame ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dei contribuenti, richiamando il principio di diritto enucleato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 20866 del 30 settembre 2020, secondo cui “La considerazione della "garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica, in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell'opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall'inosservanza del termine breve di impugnazione" ha fondato la recente affermazione del principio di diritto secondo il quale la notificazione della sentenza, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 285 c.p.c. e articolo 326 c.p.c., comma 1, deve contenere nella relativa "relata" la indicazione onomastica del difensore della parte, "quale destinatario" dell'atto, colla conseguenza che, in difetto di tale indicazione, la notificazione "non e' idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l'omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall'epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza".

Alla luce di tanto, a parere del Supremo Consesso, nel caso de quo, la notificazione della sentenza impugnata è stata effettuata dal procuratore dei contribuenti impersonalmente nei confronti dell'Agenzia del territorio, senza la indicazione onomastica del funzionario - difensore dell’Amministrazione finanziaria. Ne discende, alla luce del superiore principio di diritto, che la notificazione de qua non è idonea a innescare il decorso del termine breve di impugnazione. Sicchè il ricorso per Cassazione, tempestivamente proposto prima della scadenza del termine semestrale di decadenza stabilito dall'articolo 327 c.p.c., risulta ammissibile.

 

3.1. Sez. Un., sentenza n. 20866 del 30/09/2020

La Corte di Cassazione nella citata ordinanza ha richiamato la sentenza n.20866/2020 delle Sezioni Unite che hanno risolto il contrasto giurisprudenziale inerente il tema della notifica della sentenza di primo grado nei confronti della Amministrazione finanziaria, quando il luogo di notifica oltre a essere la sede dell’ente sia anche la sede dell’avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio; nello specifico, nell’ordinanza interlocutoria, è stata sollevata la quaestio iuris se, in predetta ipotesi, l’omessa indicazione del nominativo del difensore possa essere irrilevante e se possa essere surrogata dal fatto che il nominativo dello stesso figuri nell’epigrafe della sentenza notificata.

A tal proposito vi erano due orientamenti giurisprudenziali contrastanti.

L’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità aveva affermato che quando un ente sia rappresentato in giudizio da un avvocato facente parte dell’avvocatura interna, presso la cui sede è stato eletto il domicilio, la notifica ivi effettuata senza l’indicazione del nominativo del professionista non è idonea a far decorrere il termine breve di cui all’articolo 325 del Cpc in considerazione della complessità dell’organizzazione dell’ente destinatario della notifica, per effetto delle sue dimensioni e delle prassi locali, pertanto la sola identità della domiciliazione non garantisce che la sentenza giunga a conoscenza della parte (Cass. n. 18356/16; Cass. n. 14054/16 e Cass. n. 4698/14).

Invece, l’altro indirizzo giurisprudenziale, dopo aver rammentato che la notifica della sentenza al procuratore sortisce lo stesso effetto della notifica alla parte presso il procuratore medesimo, ha statuito che, quando una pubblica amministrazione abbia un servizio di avvocatura interna e questa abbia la stessa sede dell’ente presso cui è stato eletto domicilio, sussiste una presunzione assoluta di collegamento tra la parte, il suo procuratore costituito e il domicilio di quest’ultimo.

Per tale motivo, in tali ipotesi, predetto orientamento della giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto, più estensivamente che la notifica della sentenza nel luogo che è, al tempo stesso, sede dell’ente, sede dell’avvocatura e domicilio eletto, ha gli stessi effetti di cui all’articolo 325 del c.p.c. anche se non è indicato il nome dell’avvocato che ha rappresentato l’ente in giudizio, che comunque risulta dall’epigrafe della sentenza impugnata (Cass. n. 18640/2011 e Cass. n. 14891/2015).

Le Sezioni Unite nella citata sentenza (Cass.S.U.n.20866/2020) hanno sposato la linea giurisprudenziale maggioritaria, perché in linea con il principio di effettività della difesa; difatti, tale orientamento idoneamente bilancia l'esigenza primaria e prevalentemente pubblicistica del sollecito conseguimento della definitività della decisione con quella dell'adeguata estrinsecazione delle potenzialità tecniche del diritto di difesa di tutte le parti, connaturate al riconoscimento della necessità della difesa tecnica specializzata.

Più nel dettaglio, le Sezioni Unite nel loro iter logico hanno evidenziato che il termine breve per le impugnazioni si attiva solo a seguito della notificazione della sentenza, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 285 c.p.c. e articolo 326 c.p.c., comma 1, a mente dei quali, rispettivamente: "la notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell'articolo 170" e "i termini stabiliti nell'articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza"; mentre l'articolo 170 c.p.c., prevede poi che "dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti".

Ne discende che, la disposizione che deriva dalla combinazione dei citati articoli normativi è che i termini brevi per proporre l'impugnazione decorrono dalla notificazione della sentenza eseguita al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.

Ebbene, a parere dei giudici di legittimità, la notificazione svolge così il ruolo di una vera provocazione in senso tecnico-giuridico - ad esercitare il diritto di impugnazione ed è espressione di un potere unilaterale di modificazione giuridica, riferito appunto al termine concesso a controparte per impugnare; la notifica eseguita alla parte di persona, tranne le eccezioni previste dalla legge, non può avere questo effetto.

Pertanto, da ciò ne deriva che, al fine di doversi qualificare onerata di proporre impugnazione entro il termine breve, la parte contro cui quel potere di modificazione viene esercitato ha diritto di ricevere un atto dotato di requisiti formali minimi univoci e chiari in tal senso, a tanto corrispondendo simmetricamente l'onere del notificante, per potersi giovare dei cospicui effetti positivi riconosciutigli dall'ordinamento, di formare il suo proprio atto con adeguata chiarezza ed univocità.

Sicchè, per realizzare predetto effetto, ossia la notifica del provvedimento impugnabile al procuratore costituito, è indispensabile allora che egli sia menzionato o univocamente percepibile quale destinatario dell'attività notificatoria.

E invero, l'essenzialità del riferimento nominativo al procuratore della parte nella notificazione discende dalla forma legale prevista dagli articoli 285 e 170 c.p.c., che si fonda sul rapporto di rappresentanza tecnica che lega la parte al procuratore suo domiciliatario, così assicurando, attraverso un vincolo giuridico tra le parti, la finalità essenziale ai fini del termine per l'impugnazione - che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l'opportunità dell'impugnazione.

Ragion per cui, per assicurare la funzione acceleratoria propria della notifica della sentenza e gli effetti decadenziali derivanti dalla inosservanza del termine per impugnare (articoli 325 e 326 c.p.c.), le modalità di esecuzione della notifica devono essere tali da escludere incertezze circa l'esatta ed immediata identificazione del destinatario, ossia del procuratore domiciliatario della parte cui la notificazione è diretta (Cass n. 25205 dell’08/11/2013).

Ne consegue che anche un inequivocabile collegamento tra parte, suo procuratore costituito e domicilio, tale da creare una "assoluta identità, logistica e funzionale, del domicilio (del rappresentante dell'ente) e del domicilio eletto presso il suo difensore e procuratore costituito"(Cass.n.18640/2011),è di per sé irrilevante ai fini dell'attivazione dell'onere del destinatario della notifica, quando quest’ultimo non è specificamente indicato essere il procuratore costituito, atteso che tale carenza impedisce l'effetto acceleratorio.

Infatti, non può dirsi equipollente all'indicazione esplicita nella relata di notificazione quella delle generalità del difensore nella stessa intestazione della sentenza: la notificazione dell'atto deve essere percepibile con immediatezza dal suo destinatario come rivolta in modo univoco e chiaro al procuratore costituito, solo così potendo evincersene la finalizzazione all'attivazione dell'onere del destinatario di impugnazione nel termine breve.

Alla luce di tanto, notificare ad uno dei soggetti risultanti da esso un atto senza alcuna specificazione non comporta che la notifica sia diretta univocamente al fine di sollecitare un'attività processuale tipica a colui che in quell'atto vi è menzionato quale difensore o procuratore.

La menzione nella sola intestazione della sentenza va così definita tutt'altro che univoca al fine acceleratorio del termine breve di impugnazione, al pari di ogni altro passaggio o particolare dell'atto lasciato, per scelta del notificante, indifferenziato dal complessivo contesto e non può, di per sé, da sola, colmare la significativa e dirimente lacuna della mancata direzione della stessa notifica dell'atto al procuratore costituito, secondo quanto univocamente risulti dalla relata di notifica.

 

4. Spunti di riflessione

Dall’esame dell’ordinanza della Suprema Corte n.14234/2021 emergono dei dubbi di carattere sistematico.

E’ben noto che nel processo tributario, le notifiche effettuate dal contribuente sono dirette all’Ufficio, non allo specifico funzionario che ha preso in carico la difesa dell’ente impositore nella controversia.

Precisamente, l’art. 11, comma 2 D.lgs n.546/1992, dispone che “l’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 nonché dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata”.

Ciò trova conforto, altresì, nel successivo art. 12 del D.lgs n.546/1992, dove viene chiarito che solo le parti diverse dagli enti impositori “devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato”; per tale ragione, gli enti impositori, non necessitano di un difensore abilitato, in virtù di quanto disposto dal citato art.11, ossia l’Amministrazione finanziaria sta in giudizio direttamente e personalmente.

Difatti, i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, che si occupano della redazione di un atto o che partecipano alle udienze, non sono propriamente i “difensori” della stessa, ma fanno parte della struttura dell’Ufficio e sono tra essi fungibili; è di tutta evidenza che, per gli enti impositori, non vi è un’avvocatura, così come intesa dalle Sezioni Unite.

Alla luce di tali considerazioni, si deduce che il richiamo fatto dai giudici di legittimità nell’ordinanza n. 14234/2021 alla sentenza delle Sezioni Unite n. 20866/2020 è inconferente, atteso che l’ipotesi oggetto d’esame da parte delle Sezioni Unite atteneva a un ente (un’Azienda USL) con una propria avvocatura interna e, di conseguenza, in tal caso era concretamente possibile sostenere che la notifica, fatta all’Azienda e non all’avvocato interno ad essa, non potesse equivalere alla notifica al difensore.