I privilegi di un conte tedesco alla corte inglese del XVI secolo

Il 23 luglio del 1562 Elisabetta I Tudor, regina d’Inghilterra e Irlanda, emana, di suo proprio pugno, una lettera patente su pergamena, con cui libera “Francis earle of Waldeck” dal giuramento di obbedienza alla corona inglese, prestato sotto re Enrico VIII e rinnovato a Edoardo VI. La missiva è sovrastata dalla firma autografa della regina, identificata da una caratteristica sequenza di svolazzi a penna, e ripercorre in poche, quasi innocenti righe alcuni tra i più significativi passaggi nella definizione della monarchia inglese moderna.
Elisabetta era salita al trono solo quattro anni prima, dopo un turbolento susseguirsi di vicende che l’avevano proiettata dalla prigionia nella Torre di Londra al titolo regale; si intravedeva appena, quasi solo in controluce, la futura grandezza di quel regno che le fece valere, secondo l’intuizione di Edmund Spenser, l’appellativo di “Gloriana”.
Il destinatario del beneficio in questione è quasi sicuramente da identificarsi con Francesco, ottavo figlio del nobile tedesco Filippo III, conte di Waldeck-Eisenberg. Francesco, che doveva aver seguito il padre nella confessione protestante, era giunto in terra inglese nel 1539 appena tredicenne, come giovane paggio nuziale nel corteo di sua cugina, Anna di Kleve (Anne von Kleve). O, come è forse più nota alla storia, Anne of Cleves, la quarta moglie di re Enrico VIII.
Sebbene Anna fosse stata regina consorte solo per pochi mesi, quasi una minuscola parentesi nella lunga sequela di matrimoni di Enrico, la sua presenza alla corte inglese fu ben più duratura, avendo ella comunque conquistato l’amicizia e la fiducia del potente e incostante re. Laddove non aveva potuto l’aspetto della donna, che Enrico reputava non avvenente, tuttavia riuscirono ad eccellere i suoi modi, tanto da renderla un membro onorato della famiglia reale; così, Anne divenne confidente anche della giovane Elisabetta, nata dalla celebre unione di Enrico con la seconda moglie, Anna Bolena, in quel turbolento, discusso legame che aveva portato alla rottura con la Santa Sede e alla istituzione della Chiesa anglicana.
In maniera similare alla cugina Anne, viene da presumere, anche Francesco di Waldeck ebbe la possibilità di mantenere una posizione privilegiata presso la corte, forte della sua parentela e del giuramento rivolto ai sovrani inglesi. È significativo come la lettera di Elisabetta si apra citando solo Enrico ed Edoardo, tralasciando di nominare la sorellastra Mary, il cui regno fu segnato da un violento cattolicesimo, in aperto contrasto con le inclinazioni paterne.
La lettera patente prosegue poi con lo scioglimento di Francesco da ogni dovere verso la corona. Sappiamo che egli si sposò già l’anno successivo, con una tal Maria Gogreve: non sarebbe così improbabile che i due avvenimenti fossero stati, in qualche modo, correlati.
Ma i dettagli della vita di Francesco di Waldeck sono tuttora perlopiù ignoti, così come è incerto in quale modo questa lettera, tanto personale, sia giunta tra gli archivi di casa Este, mista alla corrispondenza politica dei potenti d’Europa con la famiglia ducale di Modena.
Un altro piccolo mistero della Storia, forse, destinato a non trovare risposta tanto facilmente.
In conclusione, si è pensato di fare cosa gradita col trascrivere interamente la lettera che, fatto assai curioso, è già redatta in un Early Modern English dalla forte caratterizzazione: non ci sono dubbi sulla attribuzione a Elisabetta, grazie allo studio della firma e del sigillo impresso, ma resta la curiosità per la scelta di una lingua “comune” non ancora di ampio uso nella cancelleria inglese, dove aveva resistito l'uso del latino scritto.
Ma, in fondo, era il tempo di Shakespeare e Marlowe: l’inglese stava diventando il linguaggio di un nuova epoca. L'epoca elisabettiana.