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Benedetto Bacchini, abate e archivista del monastero di San Pietro di Modena

Ritratto di Benedetto Bacchini
Ritratto di Benedetto Bacchini

Benedetto Bacchini, abate e archivista del monastero di San Pietro di Modena
 

Ritratto di Benedetto Bacchini
[did.] Ritratto di Benedetto Bacchini. Di B. Bonvicini, 1717 circa – Storia del giornalismo in Emilia-Romagna e a Pesaro, a cura di G. ROVERSI, Grafis Edizioni, Casalecchio di Reno (BO), 1992., CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=116037512


Vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, Benedetto (al secolo: Bernardino) Bacchini (1651-1721) fu una delle figure di erudito più straordinariamente poliedriche del suo tempo, esponente letterato dalle molteplici capacità e dai molteplici interessi. Sebbene non ebbe mai a brillare di fama assoluta anche in conseguenza di una sfortunata parabola politica, Bacchini fu in grado di muoversi lungo i confini di letteratura, scienze e arti, proponendo al contempo un modello di pratica bibliotecaria e archivistica. Influenzato da Bacon e Leibniz, legato ai padri maurini e alla Royal Society inglese, maestro diretto del ben più celebre Lodovico Antonio Muratori, Bacchini divise la sua carriera principalmente tra Parma e Modena, città nelle quali fu anche abate dei conventi benedettini, rispettivamente, di San Giovanni e San Pietro.

Una figura del genere non poté certo formarsi nel nulla: ormai, le frequentazioni culturali e le corrispondenze letterarie di Bacchini sono ampiamente note e rappresentano materia di numerosi studi, anche piuttosto recenti. È tuttavia fondamentale l’evidenziare come tali rapporti, estesi ad alcuni dei più grandi intellettuali dell’epoca, abbiano consentito a Bacchini di essere perennemente esposto alle elaborazioni ed alle innovazioni di un mondo culturale in forte mutazione, in una stretta interconnessione tra la dottrina religiosa cattolica e l’innovazione della pratica scientifica.

Molto profondo fu il suo contributo, tra gli altri, all’archivistica, materia che stava prendendo coscienza e forma proprio in quegli anni. In generale, la nuova concezione delle cosiddette “discipline ancillari” della storia, la loro stessa definizione, era allora al momento del massimo rigoglio, come evidenziato dall’apporto di Muratori, che pure non fu una monade.

Bacchini, lo si è visto, mai ottenne la fama, la notorietà ed i successi dell’allievo; eppure, la sua opera ha lasciato un’impronta ben definita, a livello di produzione critica, storica, letteraria. Abbiamo cronaca dei suoi viaggi attraverso l’Italia, durante i quali si muoveva tra gli archivi sparsi lungo la penisola, approcciandoli con la mano e l’occhio di un archivista ormai moderno, operando per regestazione e riordino, persino in contesti assai prestigiosi come l’abbazia di Montecassino. Ma anche a Modena, nella “sua” San Pietro, Bacchini, dapprima come cellerario e poi come abate, riuscì a lasciare una cospicua traccia.

Grazie ad una celebre Informazione manoscritta di Mauro Alessandro Lazzarelli, ora conservata presso la Biblioteca Estense Universitaria, Bacchini viene identificato come autore di tre fondamentali registri delle carte di San Pietro, pervenuti fortunatamente fino a noi. Registri che è sicuramente possibile collocare in un periodo compreso tra fine Seicento ed inizio Settecento, quindi coevi alla presenza di Bacchini presso l’abbazia. L’attribuzione del Lazzarelli, archivista presso la medesima fondazione, pur se stemperata da alcune rilevate incertezze della sua Informazione, getta una luce indelebile sul ruolo di Bacchini, soprattutto considerando quanto a lungo i due personaggi abbiano convissuto all’interno del cenobio modenese (dal 1691 al 1717).

Sulla spinta delle informazioni di Lazzarelli, si è ritenuto opportuno confrontare la grafia di questi tre registri con gli scritti ritenuti autografi di Bacchini. È certo impossibile attribuire alla stessa mano tutte le scritture che si rincorrono lungo i registri, percorsi da una alternanza di redattori, ma si può ugualmente ipotizzare una certa similitudine nel segno tra alcune delle lettere di Bacchini e lo stile parzialmente utilizzato in uno dei tre registri. Nel terreno incerto delle attribuzioni degli autografi, lo studio è ancora in atto, ma la testimonianza presentata da questi registri resta indubbiamente di estremo valore anche per questo motivo.

Di conseguenza, la concordanza tra la testimonianza di Lazzarelli e lo stile scrittorio dell’epoca rafforzano reciprocamente l’attribuzione al Bacchini: è assai probabile che sia stato suo l’impulso dietro a questa registrazione, che produsse tre “Indici” redatti nella successione di una manciata di anni. La forza di una tale visione archivistica, così sistematica, ordinata e precisa, riverbera perfettamente con l’opera e il carattere del Nostro.

L’approccio fu quello, scientificamente valido, di procedere alla registrazione delle carte del monastero in ordine cronologico, tramite un elenco che restituisce regesti fortemente descrittivi e ben chiari nel presentare gli elementi formali dei documenti: un’opera che anticipa l’approccio del “discepolo” Muratori e di Lazzarelli stesso, incorniciandosi nell’agire scientifico della Modena del tempo.

La mole documentaria analizzata, descritta e, forse, persino riordinata doveva essere immensa. L’archivio dell’abbazia conservava materiali risalenti sicuramente al X secolo, sebbene i tre registri siano concordi nel riportare come prima carta un documento dell’anno 880. Attualmente, tuttavia, il diplomatico dell’abbazia conserva, come pergamena più risalente, un membranaceo datato 996.

Non è stato possibile comprendere con certezza perché siano stati prodotti ben tre registri diversi, peraltro sostanzialmente redatti con i medesimi criteri e privi di significative differenze in termini di impostazione e descrizione dei documenti: la struttura dei regesti ricorre sostanzialmente identica, utilizzando uno stesso criterio, ripetuto nelle varie redazioni. Ugualmente, formulando una ipotesi basata su vari elementi intrinseci ed estrinseci, pare plausibile suggerire che ad un primo esemplare più antico abbiano fatto seguito gli altri due, approcciati con una maggiore analiticità e scientificità archivistica. Si può dunque leggere una trasformazione del criterio redazionale adottato da Bacchini e dai suoi collaboratori nello svolgimento del lungo lavoro, forse anche in conseguenza della incessante discussione intellettuale intrattenuta da Bacchini stesso.

Soppressioni napoleoniche
[did.], ASMo, Soppressioni napoleoniche, Regolari, Modena, PP. Benedettini, n. 2702, p. 3


Vale dunque la pena prendere in considerazione i singoli registri, partendo proprio da quello presumibilmente anteriore [1]. Si tratta della redazione meno dettagliata e, pur iniziando ad elencare le carte fin da una ‘Conferma fatta da Carlomanno ad Alano priore della chiesa di Zena, e sue pertinenze. Anno 880’, è l’unico esemplare che non va oltre il XVI secolo: l’ultima data riportata è del 1592. In totale, il testo presenta la successione di due mani scrittorie, per un totale di 1261 voci: un’opera già significativa ma ugualmente inferiore alle altre due, almeno da un punto di vista quantitativo. Ciò non serva a svilirlo, anzi: i documenti sono presentati con regesti efficaci e puntuali, oltre ad essere collocati in una precisa classificazione, tramite l’apposizione di un codice alfanumerico complesso, composto da due o tre elementi: mancando la chiave interpretativa, uno studioso moderno resta (temporaneamente) all’oscuro del preciso intento classificatorio, ma non può rimanere impassibile di fronte all’intento dell’autore.

È difficile collocare in una successione logica e cronologica gli altri due registri, benché appaia possibile concordare con l’ordine che essi presentano all’interno del fondo archivistico che li conserva. Di certo, essi si discostano dal precedente per vastità dell’inventario e analiticità delle voci regestate, pur tradendo la medesima origine di lavoro intellettuale: le singole annotazioni sono una riproposizione od una estensione dei regesti annotati nel primo registro.

Soppressioni napoleoniche
[did.], ASMo, Soppressioni napoleoniche, Regolari, Modena, PP. Benedettini, n. 2703, p. 3

Il registro con segnatura moderna 2703 [2] si presenta come una ordinata successione di quasi 400 pagine, fittamente redatte, che descrive documentazione fino all’anno 1717, andando quindi quasi a coincidere con il termine della presenza di Bacchini presso la congregazione benedettina di San Pietro. A redigere il lunghissimo inventario contribuirono, questa volta, nove diversi mani, che trascrissero 3280 voci: un incremento sostanziale sotto tutti i profili.

Ma se questo secondo tomo pare interrompersi con la partenza di Bacchini, il terzo registro [3] continuò invece ad essere utilizzato all’interno dell’archivio di S. Pietro ancora a lungo, forse a riprova di come fosse ritenuto l’esemplare più completo e strutturato sin dall’origine; esso è spezzato in due parti, interrotte da una preziosissima descrizione della classificazione utilizzata nel volume. Si tratta di una spiegazione esplicitata solo nelle suddivisioni maggiori, ma ciò basta a rendere chiaro un approccio sistematico e innovativo al riordino archivistico, dando evidenza dei legami sottesi alle carte e del loro inevitabile nesso causale.

Soppressioni napoleoniche
[did.], ASMo, Soppressioni napoleoniche, Regolari, Modena, PP. Benedettini, n. 2704, p. 5

La controprova più significativa è che questo indice di classificazione, identico nei tre registri, è tuttora riscontrabile nella attuale sistematizzazione dell’archivio di S. Pietro, come si evince sia, in parte, dall’intitolazione di buona parte delle filze cartacee, sia dalle note tergali che corrono lungo l’interezza della serie membranacea: segni, entrambi, di un uso effettivo e continuato di una classificazione che la logica vorrebbe ascrivere, in primis, proprio ad un intervento sistematico di Bacchini, poi trasmesso a Lazzarelli.

Il lavoro attribuito al Nostro evidenzia pertanto il contenuto della documentazione e permette di presentarla in una sequela cronologica, che funse, con ogni probabilità, da modello per la definitiva opera di indicizzazione del fondo documentario, realizzata nel 1772 e poi tramandata a noi dalle soppressioni napoleoniche.

L’impronta così creata restituiva nel vissuto la portata delle forti modifiche intellettuali e culturali dell’epoca dei maurini, dei bollandisti, del Bacchini stesso, in una progressiva trasformazione che prendeva vita dalla teoria per poi riversarsi in una pratica nuova e quasi rivoluzionaria.

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[1] Archivio di Stato di Modena (d’ora in avanti, ASMo), Soppressioni napoleoniche, Regolari, Modena, PP. Benedettini, n. 2702. Si tratta di un registro cartaceo, di formato cm 31,6 x 21,8, composta da 244 pp. non numerate. La scrittura corre ininterrotta da p. 5 a p. 194. La copertina riporta la dicitura ‘Indice dell’archivio’.

[2] ASMo, Soppressioni napoleoniche, Regolari, Modena, PP. Benedettini, n. 2703: registro cartaceo di pp. 372 + pp. 46 n.n., in formato cm 33,1 x 29,9. La copertina riporta la dicitura ‘Indice delle scritture in carta ordinaria, dell’eredità Sedazzari e nel fine’.

[3] ASMo, Soppressioni napoleoniche, Regolari, Modena, PP. Benedettini, n. 2704: registro cartaceo di pp. 242 n.n. + pp. 190 (in realtà: 193, per via di errori nella numerazione) + pp 40 n.n., in formato cm 32,1 x 23,2; sulla copertina, è annotato, a penna, ‘Indice di tutte le scritture concernenti all’archivio di S. Pietro di Modena in carta ordinaria’.

Benedetto Bacchini nell’Europa fra Sei e Settecento: libri, arti e scienze, a cura di S. Cavicchioli e P. Tinti, Modena, F.C. Panini, 2020.

P. Golinelli, Benedetto Bacchini (1651-1721): l’uomo, lo storico, il maestro, Firenze, Olschki, 2003