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La Brigata Estense e il suo Archivio

Seguì il duca di Modena in esilio, rimanendo in armi per quattro anni
Olio su cartone raffigurante le uniformi, prevalentemente degli ufficiali, di tutti i corpi militari austro-estensi. Il Ducato di Modena aveva un esercito piccolo, ma dotato di molte specialità. Si possono riconoscere, tra gli altri, un trabante (guardia di palazzo, dalla caratteristica giubba rossa), un cappellano assieme all'auditore giudiziario (sotto l'albero a sinistra), e tre ufficiali della milizia di riserva (a sinistra). ASMo, Archivio Privato Forni, B 42.*
Olio su cartone raffigurante le uniformi, prevalentemente degli ufficiali, di tutti i corpi militari austro-estensi. Il Ducato di Modena aveva un esercito piccolo, ma dotato di molte specialità. Si possono riconoscere, tra gli altri, un trabante (guardia di palazzo, dalla caratteristica giubba rossa), un cappellano assieme all'auditore giudiziario (sotto l'albero a sinistra), e tre ufficiali della milizia di riserva (a sinistra). ASMo, Archivio Privato Forni, B 42.*

Nel 1859, scoppiata la guerra che sarebbe stata ricordata come la «seconda d’indipendenza», il duca di Modena Francesco V d’Asburgo-Este, rispettando il trattato di alleanza che lo legava all’Impero d’Austria, fu l’unico sovrano della penisola italiana a porsi formalmente in stato di belligeranza nei confronti del Regno di Sardegna. Fin dai primi momenti della campagna, tuttavia, l'estense si trovò a subire l'iniziativa dei piemontesi e dei loro alleati francesi. Da principio si vide costretto a ritirare le sue truppe dagli indifendibili territori dell’Oltreappennino (coincidenti con l’attuale provincia di Massa Carrara). Questi, infatti, confinavano a nord con il Regno di Sardegna, che aveva iniziato le ostilità proprio in quelle zone (come stabilito a Plombières da Cavour e Napoleone III), mentre per il resto erano circondati dal Granducato di Toscana, le cui forze armate si erano sbandate o erano addirittura passate con i franco-piemontesi. La situazione dei confini non appariva migliore neppure nella parte restante dello Stato, in quanto Modena e Reggio si trovavano comprese tra il Ducato di Parma e la Romagna, traballanti dal punto di vista politico. Dopo la sconfitta subita dagli austriaci a Magenta (4 giugno 1859), con il loro conseguente ritiro dagli Stati emiliani e da parte della Lombardia, il piccolo Ducato austro-estense si trovò circondato da soverchianti forze nemiche: l’esercito parmense era stato sciolto dal giuramento di fedeltà e si era sbandato, mentre nelle Legazioni pontificie la rivoluzione prendeva il sopravvento.

L’11 giugno iniziò il ripiegamento delle truppe ducali, che, con una marcia ordinata, lasciavano lo Stato per congiungersi all’armata imperiale austriaca nel mantovano. Vista  la consistenza numerica di circa 3.600 unità, l’esercito austro-estense venne organizzato come brigata e assegnato alla divisione Herdy, inquadrata nel II corpo d’armata del feldmaresciallo luogotenente Liechtenstein. Il pessimo andamento della campagna portò, il 16 giugno, al siluramento del vertice militare asburgico: il feldmaresciallo Gyulay, che aveva dato prova di scarse capacità, venne sostituito dall'imperatore in persona, in un tentativo estremo di risollevare le sorti della guerra. L'esperimento non ebbe esito felice, anche perché Francesco Giuseppe fu comandante in capo solo sulla carta, lasciando troppo spazio ai suoi subalterni, divisi a causa di eccessivi personalismi e discordie. Questa situazione non consentì l'elaborazione di una nuova strategia, e le truppe proseguirono nel ripiegamento già disposto da Gyulay dopo Magenta.

La battaglia di Solferino, decisiva per le sorti della campagna, si combatté il 24 giugno, in maniera quasi casuale: gli austriaci in ritirata tornarono sui loro passi per attaccare frontalmente i francesi. Nessuno, tra i condottieri dei due schieramenti, si aspettava di impegnare l'intero esercito nemico. Fu uno scontro caotico, su un fronte di 15 chilometri, combattuto da entrambe le parti con feroce determinazione e alte perdite. Le truppe estensi non vennero impiegate, rimanendo in riserva agli ordini del Liechtenstein.

La citata crudezza della battaglia indusse le parti a cessare le ostilità, tregua ratificata con l'armistizio di Villafranca (11 luglio 1859). I preliminari vennero convenuti direttamente dai due imperatori (Napoleone III e Francesco Giuseppe). Un punto fondamentale riguardava il reintegro del duca di Modena e del granduca di Toscana nei loro Stati. Vittorio Emanuele acconsentì, facendo tuttavia precedere la sua sottoscrizione dalla famosa clausola «per tutto ciò che mi concerne», modo diplomatico per mantenere lo stato di fatto nei Ducati, sui quali formalmente non aveva alcun potere. I termini dell'armistizio vennero sostanzialmente confermati nella successiva pace di Zurigo, del 10 novembre 1859, che stabiliva per l'Italia un futuro di confederazione sotto la presidenza onoraria del papa. Le cose, come è noto, andarono diversamente. Riparandosi dietro l'ambigua formula di accettazione, e forte dell'appoggio di Napoleone III, Vittorio Emanuele non fece sgombrare i Ducati dalle sue truppe, dove i governi provvisori si dirigevano a marce forzate verso l'annessione al Regno di Sardegna. La Francia appoggiò tale politica, in quanto l'accantonamento della prospettata confederazione filo-austriaca diveniva un suo ulteriore successo sul piano diplomatico. L'Austria non aveva la forza di reagire: appena umiliata sul piano militare, pagava ancora l'isolamento internazionale seguito alla sua neutralità nella guerra di Crimea e doveva tener conto di un'opinione interna contraria a un nuovo conflitto per il restauro di Stati minori.

Nelle more dell'azione diplomatica, la Brigata Estense, rimasta unita attorno al sovrano, venne dislocata prevalentemente in Veneto (varie località del vicentino, tra Cartigliano e Bassano), mantenendo un deposito a Mantova (piazzaforte ancora austriaca). La mancata attuazione del trattato di pace di Zurigo fu, per i legittimisti estensi, una vera doccia fredda. Quello che sembrava un ripiegamento strategico si rivelava un esilio, privo di possibilità di esito favorevole a breve termine. Francesco V protestava e seguitava a inviare ai vari governi note diplomatiche, tramite la sua legazione di Vienna e i suoi altri, pochi, incaricati d'affari accreditati nelle capitali amiche. Tale attività, tuttavia, si risolse in una mera testimonianza politica. Nel frattempo, a Modena, il dittatore Farini emanava un proclama invitante i militari estensi a rientrare in patria e ad aderire al nuovo assetto istituzionale. A chi avesse accettato erano offerti avanzamenti di grado e pensioni. Quanti, al contrario, fossero rimasti nei ranghi ducali, sarebbero stati oggetto di pesanti misure vessatorie, tra cui la perdita dei diritti civili. Tali disposizioni furono portate a conoscenza dei militari da emissari, inviati appositamente per causare turbamenti e diserzioni. Questa attività di guerra psicologica (spesso affiancata da elargizioni di denaro) non ebbe successo.

La Brigata Estense rimase perfettamente inquadrata: non solo non si sbandò, ma divenne addirittura un polo di attrazione per legittimisti che preferivano attraversare il Po e chiedere l'arruolamento in questa unità piuttosto che prestare il servizio militare in Italia. Se al momento dell'uscita dal Ducato aveva, infatti, una consistenza di circa 3.600 uomini, dopo alcuni mesi giunse a sfiorare la cifra di circa 5.000 effettivi. In breve, tuttavia, questi arruolamenti furono disincentivati, sia per l'oggettivo timore di infiltrazioni di elementi ostili, quanto, come vedremo, per problemi di budget.

Nonostante l'efficienza e l'addestramento, la Brigata Estense non venne mai impiegata in combattimento. Si analizzò la possibilità di un suo trasferimento nello Stato Pontificio, al servizio di Pio IX. Il papa stesso, infatti, aveva inviato a Vienna mons. Nardi al fine di intavolare una trattativa segreta in tale direzione. Per motivi di opportunità politica, la Brigata avrebbe dovuto essere sciolta e i suoi membri, formalmente congedati, si sarebbero recati ad Ancona su navi del Lloyd Austriaco, per arruolarsi nell'esercito pontificio ed essere inquadrati in una brigata di nuova costituzione, che - in effetti - avrebbe ricalcato l'estense. Tale piano fu caldeggiato da Francesco Giuseppe e vide l'entusiasta adesione di Francesco V (la cui profonda religiosità è ben nota), che formalizzò gli accordi intercorsi con la Santa Sede in una convenzione. Non se ne fece nulla in quanto l'avanzata di Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie e il blocco navale piemontese di Ancona resero impossibile il progetto.

Gli estensi rimasero così stanziati in territorio austriaco, sopportando quasi quattro anni di esilio. Si tratta di un caso unico nella storia mondiale. Molti di questi soldati erano lontani da casa, dai loro affetti. Alcuni erano stati seguiti dalla famiglia, ma - specialmente gli ufficiali - si trovavano isolati dalla società veneta che, nelle classi dirigenti, sosteneva la causa unitaria. Le giornate erano scandite dai ritmi della caserma: istruzione ed esercitazioni militari, attività fisica, incombenze proprie del grado.

Il mantenimento delle truppe, in virtù di un trattato di alleanza, era a carico dell'Austria e sarebbe stato rimborsato al ristabilimento del governo ducale. Fu questo il punto sul quale fecero leva, a Vienna, i politici liberali (sostenuti dalla massoneria) per invocare lo scioglimento della Brigata. L'argomento economico, all'interno di un bilancio come quello asburgico, era difficilmente sostenibile e serviva per mascherare i veri motivi dell'attacco ai militari estensi: essi erano ormai il simbolo della reazione, del legittimismo e di quanti non si rassegnavano al nuovo assetto politico e istituzionale. Altri interessi, per di più, si sovrapponevano: il duca di Modena, Francesco V, era comunque un Asburgo, arciduca d'Austria, e mirando a lui si poteva assestare un colpo a Francesco Giuseppe, che non aveva ancora concesso autonomia all'Ungheria. Al contempo Francesco V, oltre che simbolo anch'egli della reazione, era uomo tutto d'un pezzo, poco diplomatico e la Brigata rappresentava l'ultimo segno tangibile della sua sovranità. Scioglierla era un modo per andare verso la normalizzazione di tante relazioni internazionali, in primis con l'Italia, ma anche con la Francia di Napoleone III (non riconosciuta da Modena). A nulla valsero le contromosse adottate dagli estensi. Non servì ridurre l'organico congedando parte delle truppe, misura attuata congiuntamente con il blocco degli arruolamenti, così come fu respinta la proposta di incorporare la Brigata Estense sic et simpliciter nell'esercito austriaco. Questa bocciatura apparve assolutamente illogica, sia in quanto l'Impero arruolava comunque una buona componente di lingua italiana (Veneto, Trentino, Friuli, Venezia Giulia, Istria), sia alla luce del successivo passaggio di molti militari estensi nei ranghi asburgici. La strada era tracciata: la storia della Brigata Estense si doveva concludere.

Si arrivò così al 24 settembre 1863, quando a Cartigliano si tenne la cerimonia di scioglimento della Brigata. Dopo la messa, il duca salutò i suoi soldati con un discorso commosso e decorò personalmente alcuni militari con una medaglia commemorativa dell'evento, realizzata in bronzo e uguale per tutti i militari, indipendentemente dal grado ricoperto. Denominata «medaglia dell'emigrazione», riportava al recto l'effige del duca e al verso la legenda «Fidelitate / et / Constantiae / in / adversis / MDCCCLXIII». Il nastro, bianco e celeste, venne mutuato da quello della decorazione austriaca al valore (che utilizzava i colori bianco e rosso). Venne approntato anche un diploma attestante il conferimento. Firmato dal generale Agostino Saccozzi e corredato del timbro a secco del Supremo comando generale militare, non fu consegnato contestualmente alla medaglia. A causa dei mutamenti di residenza, tuttavia, non fu possibile rintracciare tutti gli aventi diritto e la maggior parte di questi documenti rimase custodita assieme alle carte della Brigata. Nel pomeriggio si ebbe la consegna delle bandiere al duca, che, tra l'emozione generale, esortò ancora una volta i suoi a vivere con onore.

La quasi totalità degli ufficiali (156 su 157) passò al servizio austriaco, così come metà di sottufficiali e truppa. Gli altri, circa 1.200 persone, si congedarono e rientrarono a Modena, beneficiando di un'amnistia. La vita di chi rimase nei territori dell'Impero non fu facile. Spesso si dovette imparare una lingua nuova e inserirsi in comunità con usanze diverse, mentre era comune a tutti il distacco dalla famiglia d'origine. Gli «emigrati» modenesi, inoltre, ebbero necessità di fronteggiare anche problemi di natura economica, generati dal maggiore costo della vita nell'Impero asburgico e dal dover sostenere spese ulteriori (ad esempio l'affitto dell'abitazione, non potendo risiedere nella casa di proprietà, a Modena). Diversi soldati e sottufficiali pensionati si ridussero così a lavorare come braccianti. Il duca, costantemente informato sulle necessità dei suoi ex sudditi, non fece mai mancare loro un aiuto economico che, stante l'alto numero dei beneficiandi, finiva con l'essere una mera elargizione una tantum. Nel contempo operavano una Cassa vedove, vera e propria assicurazione sociale ante litteram, creata per sostentare i superstiti degli ufficiali defunti, affiancata da una Commissione di beneficenza. Le cose migliorarono nel 1866, quando, in occasione del congresso di Vienna per la stesura del trattato di pace seguito alla guerra di quell'anno, Francesco V chiese ed ottenne l'abrogazione delle misure vessatorie adottate dal Regno d'Italia nei confronti dei legittimisti. Ciò consentì il rientro in patria della maggioranza dei militari rimasti sul territorio austriaco.

Queste vicende furono, all'epoca dello scioglimento, oggetto di diverse iniziative pubblicistiche, sia con articoli apparsi sui giornali, sia tramite l'edizione di stampati autonomi. Due opuscoli uscirono nel corso del dibattito parlamentare sull'opportunità o meno del mantenimento delle truppe ducali e furono destinati principalmente agli ambienti della diplomazia e delle Corti europee, come si evince dalla scelta di utilizzare la lingua francese. Un altro opuscolo e il celebre Giornale della Reale Ducale Brigata Estense, redatti dopo lo scioglimento, sono in italiano e hanno una funzione memorialistica, per non lasciare che la storia fosse scritta solo dai vincitori e per evitare che su queste vicende scendesse l'oblio.

Durante l'esilio la Brigata Estense continuò, come si è detto, la sua consueta vita di guarnigione, fatta di istruzione teorica e pratica, turni di guardia, esercitazioni e manovre, premi e punizioni, matrimoni, nascite e morti. Lo specchio fedele di queste vicende è il suo Archivio. Formato dall'amministrazione dell'unità militare, dopo il suo scioglimento fu trasportato a Vienna, nell'archivio di Francesco V, del quale condivise le sorti successive. Alla morte del sovrano le carte furono riordinate dal cognato Enrico di Borbone (il conte di Chambord), suo esecutore testamentario, e dal conte Teodoro Bayard de Volo, già ambasciatore estense a Vienna e uno tra i più fedeli e intelligenti collaboratori del duca. L'Archivio passò quindi ai successivi eredi del titolo di Modena, per poi confluire nell'Haus-Hof-und Staatsarchiv di Vienna, custode delle memorie di Casa d'Asburgo. Al termine della prima guerra mondiale, in virtù degli importanti documenti in esso conservati, l'Archivio di Francesco V fu oggetto di rivendicazione da parte dell'Italia, cui venne assegnato in base al trattato di pace. Una commissione, presieduta dal comm. Ettore Modigliani (storico dell'arte e intellettuale di primo piano, all'epoca direttore della Pinacoteca di Brera) fu incaricata del recupero di queste carte, operazione riuscita solo parzialmente, in quanto alcune buste non vennero reperite e rimasero in Austria.

Tra il materiale riportato in Italia vi era anche l'Archivio della Brigata Estense, giunto a Modena il 28 ottobre 1921. Classificato ufficialmente come Appendice II alla Parte VI dell'Archivio Austro-Estense (detto di Vienna), ha di fatto una sua "autonomia". Si compone di 206 unità archivistiche di consistenza varia che, seguendo l'uso austriaco del faszikel, vede affiancati buste enormi e registri di poche pagine. Al suo interno, come detto, troviamo uno spaccato della vita di quegli anni, fatta di routine e di eventi eccezionali. Una serie di buste e registri riguardano gli atti di protocollo generale, corrispondenze varie, ordini del giorno, recapiti di cassa e altre scritture contabili, programmi d'istruzione e di aggiornamento corredati dai testi utilizzati. Un'altra parte è relativa alle operazioni dello scioglimento. Qui sono conservati i documenti concernenti le trattative per la redazione della convenzione tra il duca di Modena e l'imperatore d'Austria in merito al futuro dei militari estensi, sia in procinto di passare al servizio austriaco, che prossimi al pensionamento. Sono degni di nota anche gli scritti inerenti alla cerimonia di commiato, gli elenchi dei decorati e i già citati diplomi mai consegnati. Un ulteriore gruppo di carte riguarda gli affari degli ex militari estensi dopo lo scioglimento della Brigata. Come precedentemente accennato, Francesco V continuò a ricevere, da parte di ex sudditi, richieste di aiuto che solo in pochi casi non venivano esaudite, quantomeno parzialmente.

Si può affermare, in conclusione, come questo Archivio non sia importante solo per la sua natura militare e per l'eccezionalità dei fatti sottesi alla sua formazione, ma anche in quanto testimone di snodi centrali della storia dell'Ottocento europeo, oltre che custode della memoria dei vinti. Vicende, queste ultime, solo in parte studiate, che meritano di essere rivalutate senza preclusioni ideologiche.

Diploma per la medaglia dell'emigrazione, conferita al comune Giovanni Albericci, della compagnia pionieri (ASMo, Archivio Brigata Estense, n. 47, fasc. A).*
Diploma per la medaglia dell'emigrazione, conferita al comune Giovanni Albericci, della compagnia pionieri (ASMo, Archivio Brigata Estense, n. 47, fasc. A).*
Registro «Stato civile Brigata Estense a Bassano». All'interno si legge la seguente nota esplicativa: «Fedi dei nati, morti, matrimonj appartenenti ai soldati Estensi negli anni 59 (1 luglio) /63 (27 ottobre), dimoranti a Bassano d'Austria, del Dr. Cesare Giavarini, Cappellano Maggiore della Reale Brigata Estense» (ASMo, Archivio Brigata Estense).
Registro «Stato civile Brigata Estense a Bassano». All'interno si legge la seguente nota esplicativa: «Fedi dei nati, morti, matrimonj appartenenti ai soldati Estensi negli anni 59 (1 luglio) /63 (27 ottobre), dimoranti a Bassano d'Austria, del Dr. Cesare Giavarini, Cappellano Maggiore della Reale Brigata Estense» (ASMo, Archivio Brigata Estense).*
Registro «Stato civile Brigata Estense a Bassano». All'interno si legge la seguente nota esplicativa: «Fedi dei nati, morti, matrimonj appartenenti ai soldati Estensi negli anni 59 (1 luglio) /63 (27 ottobre), dimoranti a Bassano d'Austria, del Dr. Cesare Giavarini, Cappellano Maggiore della Reale Brigata Estense» (ASMo, Archivio Brigata Estense).
Registro «Stato civile Brigata Estense a Bassano». All'interno si legge la seguente nota esplicativa: «Fedi dei nati, morti, matrimonj appartenenti ai soldati Estensi negli anni 59 (1 luglio) /63 (27 ottobre), dimoranti a Bassano d'Austria, del Dr. Cesare Giavarini, Cappellano Maggiore della Reale Brigata Estense» (ASMo, Archivio Brigata Estense).*
Registro «Ruolo degl'Impiegati Militari, Sergenti e Cadetti Estensi», 1863 (ASMo, Archivio Brigata Estense).
Registro «Ruolo degl'Impiegati Militari, Sergenti e Cadetti Estensi», 1863 (ASMo, Archivio Brigata Estense).*

 

Registro «Ruolo degl'Impiegati Militari, Sergenti e Cadetti Estensi», 1863 (ASMo, Archivio Brigata Estense).
Registro «Ruolo degl'Impiegati Militari, Sergenti e Cadetti Estensi», 1863 (ASMo, Archivio Brigata Estense).*
Registro «Ruolo degli Ufficiali delle Reali Truppe Estensi, che sono negli Stati Imperiali, divisi per anzianità di grado e per Corpo, non che dei Sergenti e Cadetti delle Truppe stesse, per Corpi e giusta la rispettiva data di nomina, Bassano, agosto 1860» (ASMo, Archivio Brigata Estense).
Registro «Ruolo degli Ufficiali delle Reali Truppe Estensi, che sono negli Stati Imperiali, divisi per anzianità di grado e per Corpo, non che dei Sergenti e Cadetti delle Truppe stesse, per Corpi e giusta la rispettiva data di nomina, Bassano, agosto 1860» (ASMo, Archivio Brigata Estense).*
Coccarda, asola, bottone e pompon da shakot (copricapo cilindrico) della fanteria di linea (conservato in ASMo).
Coccarda, asola, bottone e pompon da shakot (copricapo cilindrico) della fanteria di linea (conservato in ASMo).*

*La pubblicazione della riproduzione dei documenti in formato digitale in questo sito è stata autorizzata dall'Archivio di Stato di Modena a seguito di formale accordo con “Filodiritto”. L'uso delle immagini dei documenti scaricabili dal presente sito è liberamente consentito esclusivamente per scopi personali e di studio. Per la pubblicazione delle stesse è obbligatorio ottenere la relativa autorizzazione inoltrando richiesta all'Archivio di Stato di Modena (as-mo@beniculturali.it).

Les Troupes de S. A. R. le Duc de Modène sur le territoire autrichien, Vienne, Imprimerie des PP. Méchitharistes, 1862; trad. it. Gian Carlo Montanari, I fedelissimi del Duca. La Brigata Estense, Modena, Il Fiorino, 1995

L'Autriche et le troupes modénaises, Fribourg, Imprimerie C. Clerc et Comp., 1863

Cinquantadue mesi d'esilio delle Ducali Truppe Estensi da giugno 1859 a settembre 1863, Venezia, Tipografa Emiliana. 1863

Giornale della Reale Ducale Brigata Estense, Venezia, Tipografia Emiliana, 1866; ed. anast. Modena, Aedes Muratoriana, 1977 [Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, Biblioteca, Nuova serie, 39]; ed. anast. Modena, Il Fiorino, 2013

Teodoro Bayard de Volo, Vita di Francesco V Duca di Modena (1819-1875), III, Modena, Tipografia dell'Immacolata Concezione, 1881; ed. anast. Modena, Aedes Muratoriana, 1983 [Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, Biblioteca, Nuova serie, 75], pp. 140-174

Francesco V d'Austria-Este, Memorie di quanto disposi, vidi ed udii dall'11 giugno al 12 luglio 1859, a cura di Giuseppe Orlandi, con saggio introduttivo di Filippo Valenti, Modena, Aedes Muratoriana, 1981 [Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, Biblioteca, Nuova serie, 57]

Alberto Menziani, A proposito dell'autore del "Giornale della Reale Ducale Brigata Estense", in «Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi», 11 ser., 5 (1983), pp. 267-271

Alberto Menziani, Dopo lo scioglimento della Brigata Estense: le vicende dei militari ducali nella corrispondenza del generale Agostino Saccozzi (1863-1865), in «Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi», 11 ser., 10 (1988), pp. 269-293

Alberto Menziani, L'esercito del Ducato di Modena dal 1848 al 1859, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito, 2005

Elena Bianchini Braglia, In esilio con il Duca. La storia esemplare della Brigata Estense, Rimini, Il Cerchio, 2007