Il diario spagnolo del conte Forni parte prima

parte prima
Ritratto senile di Giuseppe Forni (tratto da: F. Ceretti, Sul conte Giuseppe Forni, Modena, Tipografia dell’Immacolata Concezione, 1894).
Ritratto senile di Giuseppe Forni (tratto da: F. Ceretti, Sul conte Giuseppe Forni, Modena, Tipografia dell’Immacolata Concezione, 1894).

Il diario spagnolo del conte Forni

parte prima

 

Uno dei più importanti tra gli Archivi privati conservati dall’Archivio di Stato di Modena è senza dubbio quello della famiglia Forni. Si tratta di una casata tra le più illustri della città, alla quale appartennero molte personalità di primo piano. Dopo la Restaurazione, i fratelli Giuseppe e Luigi ricoprirono molteplici incarichi di grande rilevanza, diventando letteralmente dei factotum del sovrano Francesco V d’Asburgo-Este, anche durante gli anni successivi alla detronizzazione del 1859, avendolo seguito volontariamente nell’esilio.

Il conte Giuseppe Forni, in particolare, fu l’ultimo ministro degli Esteri del Ducato di Modena. Ci si può chiedere se questa nomina sia stata suggerita dal curriculum del Forni, oppure se il suo percorso formativo sia stato concepito proprio per uno sbocco ministeriale. A nostro avviso la risposta può contemplare entrambe le ipotesi. Dopo un iniziale percorso generico, adatto a un grand commis dell’epoca, viste le inclinazioni naturali, lo si avviò verso la diplomazia, non tralasciando comunque di metterlo alla prova in altre situazioni che ne avrebbero comunque arricchito l’esperienza.

Vediamo quindi il curriculum. Figlio del conte Paolo e della marchesa Anna Molza, Giuseppe Ignazio Maria nacque il 21 novembre 1807. Dopo aver frequentato il Collegio dei nobili (l’attuale San Carlo), nel 1826 entrò nell’Accademia nobile militare estense, completandone i corsi due anni dopo. Il nome di questo istituto non deve trarre in inganno: anche se gli allievi erano inquadrati militarmente, il loro sbocco professionale non si limitava alla carriera delle armi. La maggior parte di essi, infatti, percorse altre strade, principalmente nella burocrazia civile. Seguì questo percorso anche il conte Forni, che, uscito dall’Accademia, intraprese la carriera diplomatica.

A. Bernieri, Francesco IV d’Este (Archivio di Stato di Modena, Mappario Estense, Stampe e disegni, 130). Il duca indossa l’uniforme austriaca, si notino sulla gualdrappa le cifre dell’imperatore Francesco I.
A. Bernieri, Francesco IV d’Este (Archivio di Stato di Modena, Mappario Estense, Stampe e disegni, 130). Il duca indossa l’uniforme austriaca, si notino sulla gualdrappa le cifre dell’imperatore Francesco I.

Per la necessaria pratica nella materia, Francesco IV, avvalendosi del peso che aveva in Austria, dovuto sia alla sua parentela con l’imperatore che alle sue entrature presso la cancelleria, lo inviò a Vienna, all’epoca una delle capitali più importanti d’Europa. Affidato all’arciduca Massimiliano, fratello del duca di Modena e futuro gran maestro dell’Ordine teutonico, il Forni iniziò a frequentare il dicastero imperiale. Già dopo pochi mesi, a inizio del 1829, ricevette il primo incarico e partì per la Spagna, essendo stato designato quale aggiunto alla legazione austriaca di Madrid, all’epoca retta dal conte Lazzaro Brunetti, anche lui nativo degli Stati estensi. L’intento di questa nomina era introdurre il giovane Forni nell’ambiente della diplomazia europea, in modo da poterlo istruire nell’arte del governo. Sede e mentore non erano affatto casuali. La Spagna dell’Ottocento, infatti, se non aveva più il rango di “superpotenza” detenuto nei secoli precedenti, era ancora uno stato chiave per gli equilibri mondiali, mentre il Brunetti era persona navigata, le cui capacità erano molto apprezzate a Vienna e che godeva di grande stima e considerazione da parte di Francesco IV. Il soggiorno iberico si concluse nel marzo del 1831, con il definitivo rientro a Modena.

Dopo questa ottima prova, che avremo modo di trattare in seguito, la carriera di Giuseppe Forni proseguì con una serie di incarichi sempre più prestigiosi e onerosi, che lo portarono ai vertici dell’amministrazione austro-estense, dove divenne stretto collaboratore di due sovrani. Già nel 1831 Francesco IV lo nominò ciambellano, carica che non era solamente onorifica, per poi inviarlo a Massa nel 1837, in qualità di vice governatore. Due anni più tardi rientrò nella capitale, essendo stato promosso consigliere di Stato. Venne impiegato in affari delicati, tra i quali prendere contatto con l’inviato di Carlo V di Spagna al fine di esternargli tutta la simpatia di Francesco IV per la causa carlista e il suo rammarico per non poterlo sostenere in maniera più concreta.

 Sempre più uomo di fiducia del sovrano, fu investito dell’ufficio di maggiordomo del principe ereditario (il futuro Francesco V). Alla morte della duchessa Maria Beatrice di Savoia, moglie di Francesco IV, gli venne affidato il delicato incarico di ripartirne e liquidarne l’eredità. In seguito si recò a Monaco, per curare le nozze del principe ereditario con Adelgonda, figlia del re Luigi I di Baviera e prima cugina della più famosa Sissi, futura imperatrice d’Austria. Un ulteriore compito di assoluta importanza lo vide a Firenze, ai preliminari del trattato che portò importanti aggiustamenti territoriali a Modena, Parma e alla Toscana. Succeduto Francesco V al padre, venne nominato ministro di Pubblica economia e istruzione.

I torbidi del 1848 lo spinsero a trasferirsi in provincia di Genova, città di origine della moglie. Una volta calmatesi le acque, rientrò in città e gli fu assegnato il dicastero degli Esteri. In questa veste curò importanti accordi: la Lega telegrafica, quella postale, il trattato per la strada ferrata e varie convenzioni sul commercio, oltre a seguire i rapporti con la Santa Sede.

Nel 1859 seguì il sovrano nell’esilio austriaco, stabilendosi a Bolzano. Rimase in stretto contatto con Francesco V, che lo volle come compagno nei suoi viaggi in Oriente e che gli scriveva quasi quotidianamente per condividere riflessioni o chiedere consigli. Restò in Tirolo anche dopo la morte del duca, e si spense l’8 agosto 1887 nel castello di Gandegg, a San Michele Appiano, oggi in provincia di Bolzano.