Musica e teatro alla corte di Modena: il grande mecenatismo di Francesco I d’Este alla metà del Seicento

Francesco I d'Este ritratto da Velasquez
Francesco I d'Este ritratto da Velasquez

Musica e teatro alla corte di Modena: il grande mecenatismo di Francesco I d’Este alla metà del Seicento


Il presente articolo prende le mosse dalla recente mostra documentaria “Modena capitale di musica e teatro. Le politiche culturali dei duchi estensi nell’Europa del Seicento”, realizzata dall’Archivio di Stato di Modena nell’ambito della rassegna internazionale “Archivissima – Il Festival degli Archivi”.  Costruire il futuro attraverso la Cultura. Così si potrebbe sintetizzare l’azione del duca di Modena e Reggio Francesco I d’Este (1610-1658), cui la storiografia riconosce un’ampia visione strategica, una progettualità politica al centro della quale ritroviamo la dimensione culturale. Il tema “Futuro”, cui è dedicata l’edizione 2025 del Festival internazionale degli Archivi, ben si riallaccia ad una riflessione sulla Cultura quale strumento per la comprensione del presente e la costruzione del domani partendo dalla conoscenza del passato e dalla custodia della memoria. Questa edizione di “Archivissima” ci ha consentito di riflettere sul ruolo delle politiche culturali nel processo di costruzione del futuro. Il tema risulta strettamente attuale, specie alla luce del dibattuto odierno sul ruolo della Cultura, intesa qui soprattutto come strumento di crescita e formazione. La tematica risulta di grande interesse anche alla luce delle recenti aperture verso il concetto di Welfare culturale, che pone al centro il ruolo sociale della Cultura quale strumento di promozione del benessere e della salute.

Futuro, Cultura e Musica rappresentano dunque il “Leitmotiv” degli eventi organizzati dall’Archivio di Stato di Modena in occasione dell’edizione 2025 di “Archivissima”. La mostra documentaria offerta quest’anno prende in esame le politiche culturali estensi, con particolare focus sul mecenatismo musicale di Francesco I. Le fonti dell’Archivio Estense inserite nel percorso di mostra raccontano l'importanza della musica nelle politiche culturali di questo duca; ma più in generale esse illustrano la centralità della Cultura nell’ampia  strategia che Francesco I mise in campo allo scopo di rifondare il potere ducale estense all’indomani della “Devoluzione” di Ferrara, nel tentativo di assicurare un futuro alla propria dinastia.

libro

Francesco I d’Este salì al trono ducale nell’estate del 1629, dopo l’abdicazione di suo padre Alfonso III, ritiratosi in convento. Il giovane ereditava un piccolo Stato, privo di Ferrara e delle preziose saline di Comacchio, con le casse vuote e l’incombente minaccia dei Lanzichenecchi e della peste, che sarebbe drammaticamente esplosa di lì a breve. L’Europa si trovava nel pieno della Guerra dei Trent’anni (1618-1648), che in Italia portò alla guerra di successione di Mantova e del Monferrato (1628-1631) e in seguito alla due guerre di Castro (1641-1649); tali conflitti videro il diretto coinvolgimento del Ducato di Modena. A dispetto di simili avversità sul piano politico-militare così come su quello economico, Francesco I riuscì non solo a dare un futuro al Ducato ma anche a riportarlo sulla scena internazionale. L’Estense si rivelò molto abile nel tutelare gli interessi del piccolo Ducato, soverchiato dalle due grandi potenze del tempo, la Spagna e la Francia. Per sopravvivere occorreva un’accorta politica di equilibrio tra Asburgo e Borboni; dapprima favorevole alla Spagna, il duca Francesco I nel 1638 guidò personalmente un’ambasceria alla corte di Madrid, presso re Filippo IV, grazie al cui appoggio sperava di poter reintegrare Ferrara e Comacchio nei domini estensi. Nel corso della missione diplomatica a Madrid il duca fu ritratto da Diego Velázquez. Nella seconda parte del suo regno però, visti gli scarsi risultati ottenuti, Francesco I passò al servizio della Francia, consolidando l’alleanza con quest’ultima attraverso le nozze di suo figlio Alfonso con Laura Martinozzi, nipote del cardinale Mazzarino. Tali nozze, che avrebbero assicurato una continuità dinastica al Ducato, ebbero luogo nel 1655. L’anno precedente,  Francesco aveva sposato in terze nozze Lucrezia Barberini, dopo i precedenti matrimoni con le due sorelle Maria e Vittoria Farnese (da Maria era nato Alfonso IV). Il matrimonio con Lucrezia Barberini, da cui nacque Rinaldo, futuro cardinale di Santa Romana Chiesa e duca di Modena dal 1695, fu  celebrato nella Basilica della Santa Casa di Loreto il 14 ottobre 1654. Tale unione avvicinava il duca alla potente famiglia romana dei Barberini, contro cui si era schierato durante la guerra di Castro. A Modena le nozze del duca furono salutate con grandi festeggiamenti, allegrezze descritte in un opuscolo stampato dal tipografo ducale Bartolomeo Soliani. L’unione risultava però sgradita al Mazarino, con il quale Francesco I, negli stessi mesi, andava negoziando le nozze fra suo figlio Alfonso e Laura Martinozzi. I dissapori sarebbero stati appianati in seguito, quando Francesco I si recò personalmente in Francia nel 1655-1656. Riparleremo di questa missione, che fruttò al principe estense la nomina a comandante generale delle truppe francesi di stanza in Italia, impegnate contro gli Spagnoli su quei campi del Piemonte dove lo stesso Francesco troverà la morte il 14 ottobre 1658.

Fortezza

La corte estense tornò così agli antichi fasti grazie alle doti militati e diplomatiche di Francesco I ma anche e soprattutto per il suo ambizioso mecenatismo:  come è noto, egli fu committente di artisti della fama di Velázquez, Guercino, Gian Lorenzo Bernini e Bartolomeo Avanzini. In tale contesto Francesco I avviò una radicale trasformazione edilizia della città di Modena volta a farne la capitale di uno Stato europeo. Si colloca in questo contesto la costruzione del Palazzo Ducale, al posto del castello medievale. Fra le grandi opere architettoniche volute da Francesco I va ricordata anche la Cittadella di Modena, abbattuta dopo l’Unità d’Italia. Edificata nell’angolo nord-occidentale delle mura cittadine, le sue poderose fortificazioni ci sono note attraverso i disegni conservati nel Mappario Estense.

Forse meno noto al grande pubblico è il mecenatismo musicale e teatrale di Francesco I; il duca chiamò a Modena alcuni dei maggiori interpreti della musica barocca, fra cui il poeta e compositore Benedetto Ferrari e i noti violinisti Marco Uccellini e Michelangelo Rossi. L’ingaggio dei nomi più autorevoli della Cultura barocca, la trasformazione edilizia di Modena, l’avvio del cantiere di Sassuolo: tutto questo faceva parte di una politica culturale attuata con enormi sforzi finanziari allo scopo di ricostruire un potere e la sua immagine internazionale. Molte delle grandi ambizioni di Francesco I si scontrarono con la dura realtà, ragion per cui dovettero essere in seguito accantonate; tuttavia, la grande stagione del mecenatismo estense non si arrestò, se pensiamo al grande amore per la musica del duca Francesco II, figlio di Laura Martinozzi. Protettrice di artisti e amante della musica fu anche Maria Beatrice d’Este, sorella di Francesco II. Il ritorno degli Estensi sulla scena politica internazionale portò la giovane Maria Beatrice addirittura sul trono inglese; grazie alle sue nozze con Giacomo II Stuart, “Mary of Modena”, come viene ricordata dalla storiografia britannica, fu la prima – e unica - italiana a divenire regina d’Inghilterra.

Le fonti dell’Archivio Segreto Estense ben documentano il grande interesse di Francesco I per la vita culturale. Il duca amava occuparsi in prima persona, persino dall’estero, dell’organizzazione degli spettacoli musicali e teatrali che si tenevano alla corte modenese. Un’importante testimonianza di ciò proviene da una lettera che Francesco I inviò a Modena, da Lione, il 14 dicembre 1655. Il sovrano scrisse al figlio Alfonso, reggente in sua assenza, mentre si trovava in viaggio alla volta di Parigi, dove era atteso per la visita ufficiale alla corte del giovane Luigi XIV. Anche dall’estero il duca non smise mai di seguire direttamente la vita culturale dei suoi Stati. Lo vediamo bene in questa lettera, nella quale egli impartisce istruzioni al figlio, il futuro Alfonso IV, circa la realizzazione di un dramma per musica, da mettere in scena a corte. Francesco I gli diede disposizioni in merito all’allestimento scenico, alle machine di scena, mostrando interesse e competenza in materia di regia e coreografia teatrale. Importante è la menzione, nella lettera, della regina Cristina di Svezia; grande amante della musica, la regina era stata ospite di Francesco I a Sassuolo nello stesso 1655 e vi sarebbe tornata anche tre anni più tardi.

Francesco I scrisse nuovamente al figlio il 16 gennaio 1656, quando si trovava già a Parigi. Il duca di Modena era giunto nella capitale francese scortato da un numeroso seguito; a corte egli offrì ricchi doni al giovane Luigi XIV e al suo potente primo ministro, il cardinale Giulio Mazzarino. Come già anticipato, la visita alla corte di Francia fruttò al duca la nomina a generale delle truppe francesi in Italia. I gravosi impegni istituzionali, però, non lo distolsero dalla direzione, seppure a distanza, della vita culturale modenese. Emblematica è questa lettera, nella quale Francesco comanda di dar subito a stampar la comedia, che si fà in musica, et ad intagliare i rami, con chiaro riferimento agli allestimenti di scena di uno spettacolo musicale.

Pochi giorni dopo, mentre si trovava ancora in Francia, il duca ricevette una lettera dal suo capo  capo degl’instromentisti di corte: si trattava del noto violinista e compositore Marco Uccellini (1610 ca. - 1680), uno dei massimi interpreti della musica strumentale barocca, autore di oltre 300 componimenti. Sacerdote originario di Forlimpopoli, Marco Uccellini era al servizio di Francesco I dal 1641; negli stessi anni era divenuto anche maestro di cappella della cattedrale di Modena. Don Uccellini rimase alla corte di Modena anche dopo la morte di Francesco I (1658), restando al servizio di suo figlio Alfonso IV; alla morte di quest’ultimo, nel 1662, passò al servizio della duchessa di Parma Isabella d’Este, figlia di Francesco I. In seguito tornò a Forlimpopoli, dove morì. Significativo fu il rapporto del musicista romagnolo con Francesco I, attestato dalla ricca corrispondenza. A fine gennaio del 1656, mentre il duca si trovava ancora in Francia, Uccellini gli spedì una musica che gli era stata precedentemente commissionata. Emblematica del rapporto professionale fra i due è la lettera di accompagnamento di detta musica, inviata al sovrano, da Modena, il 29 gennaio.

Pochissimi giorni più tardi, il 7 febbraio 1656, scrisse al duca anche Benedetto Ferrari, altro grande nome della cultura musicale barocca al servizio degli Estensi. Poeta, librettista teatrale e compositore, Benedetto Ferrari, noto anche come Benedetto “della Tiorba”, era nato forse a Brescello all’inizio del Seicento. Nella sua lunga carriera egli fu attivo, oltre che alla corte di Modena, anche a a Roma, Vienna, Venezia, Bologna e Parma. Già 1633 Ferrari dedicò a Francesco I il suo primo libro di Musiche varie e nel 1648, in occasione delle nozze del duca con Vittoria Farnese, compose il balletto Vittoria d’Himeneo. Nel 1653 ottenne la nomina a maestro di cappella della corte estense. Il 7 febbraio 1656 Benedetto Ferrari, spedì da Modena a Francesco I una lettera  relativa alla preparazione di una dramma per musica; con tale missiva egli informò il sovrano di aver realizzato celermente la compositione in versi cent’ottanta di numero richiestagli, confermando di averla subito consegnata al marchese Livizzani, secondo il desiderio del duca. Questo scritto costituisce una chiara testimonianza del lavoro di Benedetto Ferrari al servizio di Francesco I.

Benedetto Ferrari e Marco Uccellini perdettero i rispettivi impieghi a corte alla morte di Alfonso IV nel 1662. Le riforme economiche introdotte da Laura Martinozzi, reggente per il figlio Francesco II, di appena due anni, prevedevano un generale taglio delle spese al fine di ripianare i gravosi debiti. Dodici anni dopo, nel 1674, Francesco II assunse la guida dello Stato; egli volle riorganizzare la vita culturale, richiamando artisti e intellettuali. Inizialmente Ferrari non fu tra coloro che vennero richiamati a corte, pertanto egli inviò al nuovo duca una lunga lettera nell’ottobre 1674; in essa egli si difese dalle accuse dei suoi detrattori e chiese di riottenere l’antico impiego in virtù della sua lunga e brillante carriera. La lettera ottenne l’effetto sperato; nel dicembre 1674 il Ferrari riebbe l’impiego a corte, che conservò fino alla morte nel 1681