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MODENA CITTÀ’ D’ACQUA

Modena, 1630
Modena, 1630

MODENA CITTÀ’ D’ACQUA

 

L’IMPORTANZA DELLE VIE D’ACQUA PER LE COMUNICAZIONI, L’AGRICOLTURA E IL COMMERCIO

La Modena di Antico Regime era una città d'acqua, come del resto i maggiori centri urbani dell'epoca. Il centro della città era attraversato da canali di età medievale, la cui presenza avrebbe caratterizzato il paesaggio urbano fino alle soglie del Novecento. Occorre considerare che, ancora negli anni del Muratori, le vie di terra erano spesso fangose ed impraticabili, nonché pericolose, soprattutto nelle campagne, infestate dai briganti. Molto più sicure e veloci per il trasporto di uomini e merci erano le vie d'acqua, soprattutto in un territorio come quello modenese, costellato da una miriade di canali che collegavano direttamente i principali centri al Po, e quindi a Venezia e all'Adriatico.

La presenza di cisterne, canali e mulini era imprescindibile per l'approvvigionamento idrico ed energetico, e quindi per la sopravvivenza stessa dell'uomo. L'opera di canalizzazione del territorio, con la creazione di mulini ed opifici, era stata già avviata nel medioevo, quasi sempre ad opera degli enti ecclesiastici; la realizzazione di canali derivati dai fiumi e lo sfruttamento dell'energia idrica per mezzo dei mulini risultavano fondamentali per lo sviluppo dell'agricoltura e del commercio.

 

I PERICOLI CAUSATI DALLE ACQUE E LA NECESSITA’ DI UN LORO BUON GOVERNO

Da risorsa imprescindibile, però, l'acqua poteva talora rivelarsi un pericolo; contro le frequenti esondazioni, infatti, era necessario provvedere periodicamente alla manutenzione dei corsi d'acqua e alla costruzione di arginature a difesa dei centri abitati. Da ciò derivò, nei primi secoli del medioevo, la frequente decisione da parte di signori e comunità di edificare castelli e villaggi in posizione elevata, al sicuro dalle piene dei fiumi. Inoltre, i secoli del medioevo e dell’età moderna furono funestati, ciclicamente, da epidemie di peste, causate spesso dalla scarsa igiene, in centri urbani nei quali non esistevano i moderni impianti di reti fognaria; in tale contesto, un buon governo delle acque risultava fondamentale sul piano igienico-sanitario. Lo stesso Ludovico Antonio Muratori si occupò di questo problema, centrale nella vita dell’uomo; egli infatti, nel trattato Del governo della peste, e delle maniere di guardarsene (Modena, 1722), evidenziò la connessione tra scarsa igiene pubblica ed epidemie, suggerendo l’adozione di precise norme igieniche ed un attento controllo delle acque; la consapevolezza della necessità di una totale separazione tra le acque potabili (le acque “bianche) e quelle reflue (le acque “nere”), che si realizzerà compiutamente soltanto nel Novecento, è già presente nell’opera muratoriana.

tav. 1 – Il monastero di San Pietro di Modena; autore Padre Lodovico Martinengo, novembre 1766; cm 84x59 (ASMo, Mappario Estense, Serie generale, mappa n. 74)
tav. 1 – Il monastero di San Pietro di Modena; autore Padre Lodovico Martinengo, novembre 1766; cm 84x59 (ASMo, Mappario Estense, Serie generale, mappa n. 74)

GLI ESTENSI E LE ACQUE NEL  PERIODO FERRARESE (XIII SECOLO - 1598)

Le vie d'acqua rivestivano un’assoluta centralità nei domini estensi, che dal Duecento fino al 1598  comprendevano anche l'area del Delta padano e le Valli di Comacchio. La Casa d’Este governava un territorio in larga parte paludoso, che necessitava di importanti bonifiche; grandi lavori vennero avviati nel Quattrocento, al fine di migliorare le condizioni di vita della popolazione, soprattutto sul piano igienico-sanitario, e di promuovere lo sviluppo dell'agricoltura. Bonifiche idrauliche vennero promosse ad inizio Cinquecento dal duca Alfonso I d’Este e dalla stessa Lucrezia Borgia, anche se la maggiori opere vennero portate a compimento nella seconda metà del secolo; fu infatti sotto il duca Alfonso II (1559-1597) che vennero realizzate la Grande Bonificazione Estense e la Bonifica Bentivoglio, volte rispettivamente alla sistemazione idraulica del Polesine di Ferrara e della Bassa Reggiana.

Sebbene chiamati a governare terre difficili, gli Estensi dovevano però, almeno in parte, la loro importanza politica proprio all'ubicazione strategica dei loro territori, limitrofi alla Serenissima e posti al centro delle valli padane, a dominio delle principali vie di comunicazione che dal nord conducevano a Roma.

I duchi d'Este nei loro viaggi diplomatici a Milano, Mantova e Venezia si spostavano abitualmente lungo i diversi rami del Po utilizzando il loro magnifico Bucintoro. I corsi d'acqua del Ducato rivestivano anche una grande importanza militare; si pensi ad esempio alle guerre combattute nel Delta padano contro Venezia, in particolare alla cosiddetta guerra di Ferrara (1482-1484) e alla battaglia di Polesella (1509). Gli Estensi si erano dotati di una flotta militare, che da inizio Seicento trovava ricovero presso il porto di Finale assieme alle navi da parata, i già richiamati bucintori. Nei secoli dell'età moderna Finale acquisì grande rilevanza, con il suo porto fluviale, la dogana e l'arsenale estense, divenendo, dopo la Devoluzione di Ferrara, il principale centro di collegamento tra la nuova capitale, Modena, e l'Adriatico.

 

GLI ESTENSI E LE ACQUE NEL PERIODO MODENESE (1598-1859)

Gli Estensi divennero signori di Modena nel 1289 e poco dopo iniziarono la costruzione di un castello posto a ridosso delle mura cittadine. Il maniero era munito di un fossato, alimentato dalle acque cittadine. La situazione però cambiò nel 1598, quando, con la Devoluzione di Ferrara al Papato, la corte estense si trasferì a Modena, la nuova capitale dello stato (Modena rimarrà capitale del Ducato fino al 1859).

Sul sito del castello medievale i duchi d’Este decisero di costruire una nuova fastosa residenza, idonea ad accogliere una grande corte principesca; le fosse del maniero vennero interrate e si iniziò la costruzione dell’odierno palazzo ducale, che doveva sorgere, simbolicamente, tra l’antico centro del Comune medievale e i nuovi quartieri rettilinei della capitale, con l’ampliamento a nord della cinta muraria. Il palazzo ducale venne dotato di un bacino sotterraneo, la cosiddetta “Casa delle acque”, situata nei pressi dell'attuale corso Vittorio Emanuele. In tale bacino confluivano il Canalchiaro, da sud, alimentato dalle acque del Canalgrande e del Modonella, e la Cerca, da ovest, con il canale di Baggiovara e il canale d’Abisso. Davanti all'ingresso settentrionale del palazzo ducale, lungo l'odierno corso Vittorio Emanuele, la confluenza della Cerca con il Canalchiaro dava origine al canale Naviglio.

 

I CANALI DI MODENA

La nuova capitale del Ducato estense era dunque percorsa da numerosi canali, derivati dai fiumi Secchia e Panaro ma formati anche da acque sorgive, di cui Modena era particolarmente ricca. I canali della città erano stati realizzati nel medioevo, in buona parte ad opera dell'importante monastero benedettino di S. Pietro. L’odierna toponomastica cittadina reca ancora traccia delle vie d'acqua; si pensi in primo luogo a corso Canalgrande, la strada della corte estense e dell'aristocrazia modenese, sotto cui scorre ancora oggi il canale detto appunto Canalgrande o Canale di San Pietro, realizzato dal monastero omonimo nel secolo XI; derivato dal Panaro all'altezza di Vignola, tale canale raggiungeva il cenobio di S. Pietro e ne alimentava l'importante mulino, favorendo lo sviluppo dell'economia cittadina. La presenza di canali e acque è richiamata anche dai nomi di altre strade, in primis corso Canalchiaro, ma anche via Cerca, via Modonella, via Canalino e via Fonte d’Abisso.

tav. 2 - Schizzo prospettico dell’area compresa tra il Barco, il canale delle navi e porta Castello; inizio XVII secolo; cm 29x22 (ASMo, Mappario Estense, Serie generale, mappa n. 306)
tav. 2 - Schizzo prospettico dell’area compresa tra il Barco, il canale delle navi e porta Castello; inizio XVII secolo; cm 29x22 (ASMo, Mappario Estense, Serie generale, mappa n. 306)

LA DARSENA  DI MODENA

Il canale Naviglio aveva origine, come detto, presso il palazzo ducale, e da lì proseguiva verso nord, fino alla Darsena, situata ancora a fine Ottocento presso l'attuale piazza Darsena del Naviglio; essa costituiva l’area circostante il bacino di approdo delle barche che risalivano il Naviglio. La Darsena fu realizzata alla metà del Seicento all’interno delle mura perimetrali della città come punto di arrivo del Naviglio, che lambiva da est quest’area portuale. Ricordiamo che nel medioevo e per gran parte dell’età moderna, fino al primo Seicento, le barche potevano attraccare solo fuori dalle mura cittadine, poste nei pressi del castello, il futuro Palazzo Ducale. Gli assetti urbanistici iniziarono a cambiare già a partire dalla metà del Cinquecento, quando con l’addizione voluta dal duca Ercole II la città si estese verso nord, arrivando, con le sue mura, fino agli odierni viali di circonvallazione. Fu però a seguito del trasferimento della corte estense a Modena che iniziarono i lavori per la nuova Darsena; ancora ad inizio Seicento, infatti, le navi che giungevano a Modena potevano approdare soltanto all’esterno delle mura. Fu il primo duca residente a Modena, Cesare d’Este (1598-1628), che al fine di incentivare lo sviluppo commerciale della nuova capitale iniziò a progettare l’introduzione delle barche anche all’interno della città. I lavori durarono vari anni e furono portati a termine dal nipote di Cesare, il duca Francesco I d’Este (1629-1658). Il tratto iniziale del Naviglio, dal cortile d’onore del palazzo ducale fino a calle Bondesano (ove già nel Seicento sorgeva palazzo d’Aragona Coccapani, attuale sede dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, la cui facciata è ben visibile dall’odierno corso Vittorio Emanuele), venne coperto e trasformato in piano stradale. Parallelamente, il duca Francesco I e l’amministrazione cittadina iniziarono a progettare il porto cittadino, la cui costruzione fu affidata all’ingegnere ducale Gaspare Vigarani; già nel 1640 furono costruiti da Cristoforo Malagola i cosiddetti murazzoli, i parapetti del canale Naviglio, per sei lire alla pertica. Il porto divenne operativo nel corso degli anni Cinquanta del Seicento, e nel 1667 l’amministrazione comunale incaricò il perito Giovanni Pietro Piazza di edificare lo “sbarco delle robe, ossia un sistema di piani inclinati verso il pelo dell’acqua con il quale le carra possino calare per una parte alla ripa et ascendere per l’altra”[1]. In quegli anni la Darsena fu utilizzata anche lo scarico dei marmi e delle colonne monolitiche che ancora oggi adornano la facciata del palazzo ducale. Le imbarcazioni attraccavano all’inizio della strada del convento di S. Orsola, cioè dove inizia l’attuale via S. Orsola, presso la quale si ergeva il murazzolo che chiudeva il porto.

Significative modifiche vennero apportate un secolo più tardi, nella seconda metà del Settecento; nel contesto del rinnovamento edilizio promosso dal duca Francesco III (1737- 1780), la Darsena venne abbellita con la costruzione di sponde marmoree ornate con splendide decorazioni. Nel 1761, infine, l’imbocco del porto venne chiuso con pregevoli cancellate, con l’aggiunta dei parapetti alle scale di discesa.

La Darsena rimase all’interno della città fino agli anni Cinquanta dell’Ottocento, quando il duca Francesco V d’Austria-Este (1846-1859) diede avvio al progetto di costruzione della stazione ferroviaria poco a nord delle mura cittadine. Il transito della strada ferrata sul Naviglio rese di fatto necessaria la realizzazione di un nuovo scalo portuale più a settentrione, fuori dalle mura. La nuova Darsena voluta da Francesco V divenne così il fulcro di una moderna area commerciale e di un primitivo polo industriale sorti al di fuori delle antiche mura cittadine, in linea con quanto avveniva nelle altre capitali europee. Nel 1858 il tratto cittadino del canale Naviglio fu coperto, anche per ragioni igienico-sanitarie, e al suo posto fu realizzata un’ampia arteria stradale[2]; rimase invece scoperto il tratto extraurbano del Naviglio, che venne collegato direttamente al nuovo porto, un ampio bacino di approdo ad ovest del canale e a nord delle mura, nei pressi della neonata linea ferroviaria Parma-Bologna. La darsena fu operativa fino all'inizio del XX secolo, quando venne interrato anche il tratto extra muros del canale Naviglio. 

 

IL CANALE NAVIGLIO

Nei loro viaggi gli Este utilizzavano abitualmente la Darsena di Modena e il canale Naviglio. Il duca poteva comodamente scendere dai suoi appartamenti e imbarcarsi nel porto adiacente al palazzo. Qui lo attendeva il suo Bucintoro, che dalla Darsena proseguiva lungo il corso del Naviglio e del Panaro fino al Po. Attraverso tale percorso il duca poteva recarsi al castello del Catajo, la sua residenza estiva ai piedi dei Colli Euganei, oppure raggiungere la stessa Venezia senza mai scendere a terra. Lungo le acque del canale transitavano ogni giorno imbarcazioni commerciali come burchielli, magane o peote che trasportavano le merci in città.

Il canale Naviglio aveva origine presso il palazzo ducale, da cui muoveva in direzione nord, lungo l’odierno corso Vittorio Emanuele. Data la vicinanza agli appartamenti ducali, si ritenne opportuno, per ragioni igieniche, coprirlo con il pavimento stradale fino all’altezza di calle Bondesano. Da qui, a partire dalla metà del Seicento, arrivava alla Darsena cittadina. Oltrepassate le mura cittadine, il Naviglio usciva dalla città e proseguiva in direzione nord, verso l’attuale strada Attiraglio[3]; poco dopo esso compiva una piccola deviazione verso nord-est, ricevendo le acque dei canali Pradella e Diamante. Di fronte alla confluenza di questi due corsi d’acqua si ergeva la Delizia estense di Pentetorri, oggi non più esistente.

tav. 3 -  “Pianta della città e fortezza di Modena” (1752); cm 98x75 (ASMo, Mappario Estense, Serie generale, mappa n. 307)
tav. 3 -  “Pianta della città e fortezza di Modena” (1752); cm 98x75 (ASMo, Mappario Estense, Serie generale, mappa n. 307)

BASTIGLIA E BOMPORTO

Toccata poi la località denominata Mulini Nuovi, il Naviglio giungeva a Bastiglia. Qui, dove già sorgeva una fortificazione (bastia) viscontea, Niccolò III d’Este (1393-1447) aveva fatto costruire dei mulini collegati ad un sistema di conche fluviali, ovvero bacini costituiti da chiuse che venivano aperte e richiuse a seconda dei dislivelli dell’acqua. A nord della conca o sostegno di Bastiglia, il canale Naviglio proseguiva fino a Bomporto, ove si ricongiungeva con il Panaro. L’importanza di tale luogo per i traffici fluviali aveva portato, nel medioevo, alla creazione di un porto per la sosta sicura delle imbarcazioni, un buon porto o sostegno, riparo contro le piene del Panaro e degli altri corsi d’acqua.

Il porto fu ampliato e migliorato nella seconda metà del Settecento, nel quadro della  razionalizzazione delle infrastrutture del territorio voluta dal duca Francesco III d’Este; in tale contesto, il sovrano commissionò all’ingegnere ducale Giovanni Francesco Zannini la costruzione della Darsena; accanto al sostegno rettangolare, con una conca ottagonale, fu scavato il canale detto Scaricatore, con la funzione di mantenere costante il livello delle acque favorendo, al contempo, il movimento delle pale dei mulini di Bastiglia.

Fu edificato anche un porte ad arco sul Naviglio. La Darsena di Bomporto rappresenta ancora oggi un capolavoro di ingegneria idraulica; ben visibili sono ancora le cosiddette porte vinciane, ispirate appunto al principio idraulico studiato da Leonardo da Vinci; esse si azionano in modo automatico, bloccando l’afflusso del canale Naviglio al fiume Panaro ogniqualvolta quest’ultimo superi un determinato livello.

 

LE MAGISTRATURE PREPOSTE AL GOVERNO DELLE ACQUE

La Casa d’Este riservò sempre una particolare attenzione alla tematica del governo delle acque. Con il trasferimento della capitale a Modena (1598), gli Estensi, pur mantenendo in vita le istituzioni comunali, poterono dedicarsi più da vicino alle problematiche connesse all’amministrazione cittadina, fra cui spiccava la gestione della acque. Nel medioevo il governo delle acque, disciplinato dagli statuti cittadini, era affidato ai Giudici delle acque. Il trasferimento del duca in città a fine Cinquecento favorì una maggiore attenzione al tema delle acque da parte delle istituzioni. Fra i primi atti del suo governo, infatti, il duca Cesare d'Este, già nel 1601, istituì il Magistrato delle Acque e Strade e coltura dei Campi; le competenze di questo magistrato vennero estese a tutto il territorio del Ducato durante la breve occupazione francese del 1702-1707 (vissuta dallo stesso Muratori, da poco divenuto archivista ducale), un’estensione che il duca Rinaldo I d’Este confermò nel 1721.

Una svolta significativa avvenne però nella seconda metà del Settecento, sotto il duca Francesco III, già richiamato; questo sovrano introdusse importanti riforme ispirate ai principi dell’assolutismo illuminato, con l’istituzione di magistrature incaricate di funzioni di carattere amministrativo ed economico; in riferimento alla gestione delle acque, il duca nel 1739 cercò di coordinare sotto la direzione del Magistrato delle acque del Comune di Modena l’attività delle varie congregazioni di acque e strade dello Stato, con la parallela creazione di  un Ufficio della carreggiatura (o Boattiera) per le prestazioni in materia di trasporti; il magistrato venne declassato, però, a semplice congregazione comunale (1767), mentre il duca procedette con l’istituzione della Sovrintendenza delle acque e strade. Nel 1754 venne istituito il Magistrato del buon governo, fra le cui numerose competenze rientravano anche il controllo della sanità pubblica e della navigazione sulle vie d’acqua del Ducato estense. Gli atti prodotti da questi uffici nello svolgimento della loro attività amministrativa sono oggi conservati presso l'Archivio di Stato di Modena[4]

 

Note:

 

[1]Tale citazione ed altre informazioni utili sono pubblicate sulla pagina web https://www.modena24.net/Darsena-porto-modena/, realizzata con la collaborazione dell'Archivio Storico Comunale di Modena.

[2]Si trattava del Corso Estense, oggi corso Vittorio Emanuele.

[3]Il nome di questa strada è particolarmente significativo; la parola attiraglio fa infatti riferimento al sistema di traino delle imbarcazioni realizzato utilizzando animali da tiro. Il traino delle imbarcazioni si rendeva necessario soprattutto, quando esse dovevano risalire controcorrente.

[4]La documentazione è conservata all'Archivio di Stato di Modena, nella serie documentaria denominata Buongoverno, acque e strade, Consiglio di economia (1440-1796). Per un descrizione della documentazione si veda: voce Archivio di Stato di Modena, estratto dal volume II della Guida generale degli Archivi di Stato italiani, a cura di F. Valenti, Roma 1983, p. 1013 (http://www.asmo.beniculturali.it/index.php?it/163/il-patrimonio-documentario).