Mecenatismo e politica alla corte estense dopo Francesco I. Laura Martinozzi, “Mary of Modena” e Francesco II d’Este

Mecenatismo e politica alla corte estense dopo Francesco I. Laura Martinozzi, “Mary of Modena” e Francesco II d’Este
Nel precedente articolo di giugno ci siamo soffermati sulla figura di Francesco I d’Este e sulle politiche culturali che egli mise in campo allo scopo di riportare agli antichi fasti la corte estense, nel tentativo di restituire alla propria dinastia quell’immagine internazionale e quel ruolo politico che essa aveva perduto con la “devoluzione” di Ferrara. Come già ricordato, Francesco I era divenuto duca di Modena e Reggio nel 1629, nel pieno della guerra dei Trent’anni; nonostante la disastrosa situazione politica ed economica, il giovane principe riuscì a salvare il piccolo Ducato estense, soverchiato dalle due grandi potenze del tempo, la Spagna degli Austrias e la Francia. Al duca fu chiaro fin dall’inizio che per riacquistare un ruolo politico di rilievo occorreva perseguire una saggia politica di equilibrio tra Asburgo e Borboni; dapprima Francesco I si legò alla corte spagnola, un’alleanza che fu suggellata dalla missione che il giovane duca condusse personalmente, nel 1638, presso re Filippo IV a Madrid, dove fu ritratto da Velázquez. Successivamente però Francesco I passò al servizio militare della Francia, consolidando l’alleanza con quest’ultima attraverso le nozze di suo figlio Alfonso con Laura Martinozzi, una Mazarinette. La corte estense tornò così agli antichi splendori grazie alle doti militati e diplomatiche di Francesco I ma anche e soprattutto per il suo ambizioso mecenatismo: come è noto, egli fu committente di artisti della fama di Velázquez, Guercino, Bernini e Avanzini. Non meno importante fu il suo mecenatismo in campo musicale e teatrale; il duca chiamò a Modena alcuni dei maggiori interpreti della musica barocca, fra cui il poeta e compositore Benedetto Ferrari e i noti violinisti Marco Uccellini e Michelangelo Rossi. La chiamata a Modena di alcuni dei nomi più autorevoli della Cultura barocca, la trasformazione urbanistica della capitale, l’avvio del cantiere di Sassuolo: tutto questo rientrava in una politica culturale attuata con enormi sforzi finanziari allo scopo di ricostruire un potere politico e la sua immagine.
Molte delle spregiudicate ambizioni dell’Estense si scontrarono con i limiti dettati dalla ristrettezza delle finanze ducali, ragion per cui dovettero essere in parte accantonate; tuttavia, la grande stagione del mecenatismo estense non si esaurì con Francesco I, proseguendo con suo figlio Alfonso IV e suo nipote Francesco II. Protettrice di artisti e amante della musica fu anche Maria Beatrice d’Este, sorella di Francesco II. Il ritorno degli Estensi sulla scena internazionale portò la giovane Maria Beatrice addirittura sul trono inglese; grazie alle sue nozze con Giacomo II Stuart, “Mary of Modena” fu la prima – e unica - italiana a cingere la corona di Inghilterra, Scozia e Irlanda.
Maria Beatrice figlia di Alfonso IV e Laura Martinozzi nacque nel palazzo ducale di Modena il 5 ottobre 1658, pochi giorni prima della morte del nonno Francesco I; quest’ultimo si spense a Santhià il 14 dello stesso mese, nel corso dell’ennesima campagna al servizio della Francia, a causa di una grave febbre malarica contratta dopo la presa di Mortara. Con la morte di Francesco I divenne duca il padre di Maria Beatrice, Alfonso IV, che proseguì il mecenatismo paterno. Alfonso però regnò appena quattro anni, in quanto già nel 1662 il suo precario stato di salute lo condusse alla tomba a neanche trent’anni di età. Il trono ducale passò così a suo figlio Francesco II, di appena due anni, fratello minore di Maria Beatrice. Essendo il duca ancora bambino, il governo degli Stati Estensi fu assunto dalla duchessa madre Laura in qualità di reggente per il piccolo Francesco II.
Francesco II era nato a Modena il 6 marzo 1660. Laura e Alfonso IV avevano già avuto in precedenza un altro figlio, morto però prematuramente. Il piccolo Francesco fu battezzato il 12 giugno 1660 e in tale occasione si volle celebrare la nascita dell’erede al trono ducale con un grandioso torneo a cavallo, una “festa d’armi” incentrata sul tema della vittoria della virtù sul vizio. L’allestimento scenografico dello spettacolo, che si svolse nella corte d’onore del Palazzo Ducale e nel grande piazzale antistante, fu affidato all’architetto ducale Gasapre Vigarani. Il poeta di corte Girolamo Graziani compose i versi dell’evento, mentre la scrittura delle musiche fu naturalmente assegnata al maestro della cappella ducale, Benedetto Ferrari. Gli apparati di scena erano costituiti principalmente da un grande teatro, il cui progetto ci è prevenuto attraverso i disegni del pittore modenese Francesco Stringa, altro celebre nome al servizio della corte. La grande incisione qui esposta è appunto opera dello Stringa e raffigura il progetto del teatro effimero realizzato per lo spettacolo. Questo torneo costituì uno degli eventi più rappresentativi della spettacolarità barocca della corte modenese.
Laura Martinozzi d’Este (1635-1687)
Francesco II e la sorella Maria Beatrice crebbero serenamente tra il palazzo ducale di Modena e la residenza estiva di Sassuolo, ricevendo dalla madre una profonda educazione cattolica. Gli anni della reggenza della Martinozzi misero in luce le capacità politiche e amministrative della duchessa madre, la quale introdusse una gestione più oculata delle finanze ducali senza però rinunciare del tutto al mecenatismo del passato; basti pensare, ad esempio, all’edificazione di un autentico gioiello del Barocco quale la chiesa modenese di Sant’Agostino. Le ristrettezze economiche condussero però alla decisione di non rinnovare gli incarichi conferiti ai musicisti della cappella ducale, fra cui ricordiamo Benedetto Ferrari e Marco Uccellini, i quali perdettero così i loro impieghi, nel 1662. Le riforme economiche introdotte da Laura Martinozzi prevedevano infatti un generale taglio delle spese al fine di ripianare i gravosi debiti accumulati in passato. La cappella musicale fu ripristinata soltanto dodici anni dopo da Francesco II, allorché egli liquidò la reggenza assumendo personalmente il governo del Ducato. La duchessa Laura riportò ordine a corte e nei territori ducali, ad esempio contrastando un fenomeno assai pericoloso quale quello del brigantaggio, giunto a minaccaire la stessa capitale. Sul piano della politica estera la reggente riannodò i rapporti con la Santa Sede, in precedenza assai burrascosi per la perdita di Ferrara, e consolidò l’alleanza con la Francia, sebbene il cardinale Mazzarino, suo zio materno, fosse venuto a morte nel 1661.
Maria Beatrice d’Este Stuart (1658-1718)
Si inseriscono nel contesto di questi rapporti politico-diplomatici col Papato e con la Francia le nozze di Maria Beatrice con Giacomo Stuart, fortemente volute sia da papa Clemente X, desideroso di ricondurre l’Inghilterra al cattolicesimo, sia dal re Sole, protettore degli Stuart. E così il 30 settembre 1673 la quattordicenne Maria Beatrice d’Este sposò per procura, a Modena, Giacomo Stuart duca di York, fratello di re Carlo II. Nelle settimane seguenti la fanciulla, accompagnata personalmente dalla madre Laura, lasciò la sua città natale e iniziò un lunghissimo viaggio alla volta di Londra, attraverso la Francia.
Giacomo era il figlio secondogenito di re Carlo I Stuart, decapitato nel 1649 durante la guerra civile; i figli dello sventurato monarca avevano trascorso lunghi anni in esilio in Francia, alla corte di Luigi XIV. Solo a seguito della morte di Cromwell, con la fine del regime repubblicano, gli Stuart erano potuti rientrare in Inghilterra, restaurando la monarchia. Nel 1661 Carlo II, fratello maggiore di Giacomo, era stato incoronato in Westminister, ricevendo così la corona paterna.
Maria Beatrice arrivò alla corte di Londra vari anni più tardi, nel 1673, nel contesto politico di una Restoration non certo priva di difficoltà. Alle asperità politico-religiose si aggiungevano quelle domestiche. La principessa modenese giunse infatti in Inghilterra come sposa dell’erede trono Giacomo, un uomo molto più anziano di lei e con due figlie, adulte e allevate nella fede protestante, che non avrebbero tardato a manifestare la propria ostilità verso la matrigna italiana. Maria Beatrice visse quindi per quasi dodici anni alla corte inglese come duchessa di York, titolo spettante all’erede al trono. Fu solo nel 1685, infatti, che “Mary of Modena” divenne la prima regina italiana di Inghilterra, alla morte del cognato Carlo II. Come detto, i lunghi anni trascorsi alla corte di Londra furono assai difficili per Maria Beatrice, osteggiata fin dall’inizio a motivo della sua profonda fede cattolica, nonostante un certo affetto che le riservarono i sudditi. Si rivelarono inoltre infauste tutte le sue prime gravidanze, che videro la morte dei suoi i figli ancora in fasce.
Quando salì al trono nel febbraio 1685, Maria Beatrice assunse le redini di un regno fortemente lacerato da tensioni fra anglicani, cattolici e puritani che si riflettevano nella contrapposizione Whigs-Tories e nel precario equilibrio fra monarchia, Chiesa e parlamento. Il regno di Maria Beatrice venne quindi a coincidere con una delle fase più complesse e tormentate di tutta la storia britannica. Giacomo II attuò fin dall’inizio una politica assolutista e filo-cattolica, con l’abolizione del Test Act; insorsero subito le opposizioni dei Whigs e protestanti e già nel 1685 il nuovo re dovette fare i conti con una grave sollevazione, la ribellione capeggiata dal duca di Monmouth, poi giustiziato. L’odio verso i cosiddetti “papisti” dilagante a corte e nel Parlamento rendeva comunque di fatto ineludibile la caduta del regno di Giacomo II e Maria Beatrice. La situazione precipitò quando la regina partorì il sospirato erede al trono, Giacomo Francesco Edoardo, nato nel giugno 1688. Il profilarsi di una successione cattolica indusse le opposizioni protestanti a rivolgersi allo Statolder d’Olanda, Guglielmo d’Orange, marito di una delle due figlie di Giacomo II, Maria. Lo sbarco in Inghilterra di Guglielmo d’Orange innescò la cosiddetta “Gloriosa rivoluzione”, che decretò il crollo del regno di Giacomo II, costretto alla fuga. Nel dicembre 1688 Maria Beatrice con il piccolo Giacomo Edoardo - in seguito noto come l’Old Pretender – riparò rocambolescamente in Francia. Poco dopo la raggiunse il marito. Gli Stuart tennero corte negli anni seguenti a Saint-Germain-en-Laye, cittadina natale del re Sole non lontana da Versailles; qui Maria Beatrice morì molti anni più tardi, nel 1718, diciassette anni dopo il marito. La sovrana italiana si adoperò a lungo allo scopo di realizzare il ritorno del figlio sul trono inglese, supportandone i tentativi, rivelatisi infruttuosi, di restaurazione. “Mary of Modena” rimase sempre in contatto con la propria famiglia d’origine, nonostante la morte dell’amato fratello Francesco II nel 1694. Stretti furono infatti i rapporti epistolari anche con lo zio Rinaldo d’Este, divenuto duca di Modena nel 1695 dopo aver dovuto rinunciare al cardinalato.
Quella riportata di seguito è la prima lettera che Maria inviò a Modena dopo la sua ascesa al trono, nel 1685; si tratta, quindi, di una delle primissime lettere che ella scrisse come regina, sebbene ancora non fosse stata incoronata. La missiva è datata Londra, 22 febbraio 1685, ed è indirizzata al fratello, il duca di Modena Francesco II d’Este, al quale non vengono risparmiate critiche. Maria Beatrice comunicò al fratello la notizia della morte di re Carlo II, avvenuta pochi giorni prima, nello stesso mese di febbraio; lo informò quindi della ascesa al trono di suo marito Giacomo. Maria Beatrice e il suo sposo sarebbero poi stati incoronati in Westminster due mesi dopo, il 23 aprile 1685.
Londra, 22 febbraio 1685
Caro fratello, mi è impossibile di spiegare la confusione e disturbo nelli quali siamo stati messi qui dalla morte quasi improvisa del nostro Re, quale dopo un bruttissimo accidente che li sopravenne alli 12, come havrete inteso dall’Abate Rizzini, non essendo io all’hora in stato di scrivervi; non più si rimise affatto, ma morì alli 16, lasciandoci tutti afflitti al maggior segno per si gran perdita; io per me sono stata male sempre dopo, et hieri et hoggi sono stata in letto, ma questa sera sto meglio e giusto assai bene per scrivervi queste due righe, rimettendomi all’Abbate Rizzini per quello che tocca i vostri interessi, che a dirvi il vero mi affliggono assai, vedendo che pigliate tutte le strade per rovinarvi; piaccia a Dio che sia in mio potere di servirvi, benché vedo che voi non vi fidate di me. Non devo lasciare di dirvi che qui li nostri affari vanno benissimo e tutti generalmente sono sodisfati del Signor Duca mio che fu proclamato Re subito che il fratello fu morto. Vi scriverò più a lungo prout inviato che vi manderemo tra pochi giorni, et adesso vi assicurerò solamente che in qualunque stato io mi trovi sarò sempre di vero onore tutta vostra a […].
Assai stretto, anche se non privo di contrasti, fu il rapporto fra Maria Beatrice e il fratello Francesco II. Nelle proprie lettere la regina d’Inghilterra non mancò talora di lasciar trasparire la propria insoddisfazione per la condotta del fratello, con particolare riferimento all’influenza assunta a corte dal cugino Cesare Ignazio. L’amore per la cultura e il mecenatismo sono largamente presenti nei carteggi di Maria Beatrice col fratello. La protezione concessa agli artisti italiani emerge dalle missive della regina; un esempio è costituito dalla lettera che ella inviò, da Windsor, al duca Francesco II, il 16 giugno 1687, una missiva studiata dal musicologo Matteo Giannelli nella quale viene menzionato il celebre cantante toscano Giovanni Francesco Grossi, detto “Siface”. Il noto castrato, al servizio di Francesco II, era stato inviato dallo stesso duca di Modena alla corte d’Inghilterra, affinché si esibisse per la sorella Maria Beatrice e per il re suo marito. Assai soddisfatta delle esibizioni londinesi di Siface, la regina lo rimandò a Modena l’anno seguente, come si evince dalla suddetta lettera: «Caro fr[at]ello, questa mia vi sarà resa da Sifface che se ne ritorna al vostro servitio [...] con mia buona licenza se ne parte essendo io più che sodisfatta di lui che io stimo il più bravo musico del mondo, tenetevelo caro [...]».
L’estate del 1687 tuttavia si rivelò assai amara per Maria Beatrice. Il 19 luglio, infatti, si spense a Roma la amata madre Laura, che fino all’ultimo le era stata vicina, affrontando più volte, nonostante l’età avanzata, i disagi e i pericoli, il lunghissimo viaggio dall’Italia a Londra. Sono noti diversi soggiorni della Martinozzi presso la figlia, sia a Londra sia a Bruxelles, dove Maria Beatrice e Giacomo si erano dovuti temporaneamente trasferire già ben prima della “Gloriosa rivoluzione” per via della grave situazione politica inglese. La notizia della morte della madre raggiunse Maria Beatrice al castello di Windsor, dove era solita risiedere l’estate, nella prima metà di agosto del 1687. Il 13 di quel mese la regina scrisse al fratello, esternandogli tutta la sua disperazione per la perdita: “Caro fratello, se rifletterete al giusto dolore che mi ha apportato la morte della nostra cara madre che io amavo passionatamente, e più di quello io possa esprimere o voi imaginarvi, son certa che mi scuserete se sono stata tanti giorni senza scrivervi…”. Così scrisse Maria Beatrice nella prima lettera al fratello dopo la morte della madre. Da tale lettera possiamo cogliere tutto l’affetto di Maria Beatrice verso la madre, che l’aveva fortemente sostenuta nei suoi difficili anni alla corte inglese. Più volte Laura Martinozzi si era recata personalmente presso la figlia a Bruxelles e a Londra, come detto. L’ultimo soggiorno della Martinozzi a Londra era avvenuto nel 1684, appena tre anni prima della sua morte.
Francesco II d’Este (1660-1694)
Politicamente nefasto, per la duchessa Laura, si era rivelato il suo primo soggiorno londinese con la figlia, nel 1673-1674, per le nozze della stessa con lo Stuart; al suo rientro a Modena, infatti, Laura Martinozzi si era ritrovata estromessa dal potere per volontà del figlio Francesco II, soggetto all’influenza del marchese Cesare Ignazio, del ramo estense di Scandiano. Fra i primi atti di Francesco II vi fu la ricostituzione della cappella musicale, che avvenne già nello stesso 1674. Risale all’autunno di quell’anno una lunga lettera al duca del compositore Benedetto Ferrari, inizialmente escluso dal novero degli artisti richiamati a corte; con tale lettera, nella quale il Ferrari riassunse tutta la sua brillante carriera, Francesco II fu indotto a richiamarlo a corte e a riaffidargli quel posto di maestro di cappella che egli aveva perduto nel 1662. Vari anni più tardi Francesco II cercò di far venire a Modena anche il violinista Arcangelo Corelli; egli non venne, rimanendo al servizio del cardinale Pamphili, tuttavia dedicò a Francesco II le Sonate da chiesa a tre opera terza che il duca ricompensò con il dono di una canestra d’argento; la notizia del dono è contenuta in una lettera, rinvenuta e studiata dal musicologo Matteo Giannelli, che l’ambasciatore estense a Roma trasmise al duca il 7 dicembre 1689.
L’influenza sul giovane duca da parte di Cesare Ignazio e del fratello Foresto d’Este, proprietari a Modena del palazzo sul corso Canalgrande, divenuto sede di una corte parallela, perdurò per almeno un decennio; tale situazione venne meno solo per un intervento diretto da parte del re Sole, di fatto protettore del Ducato e vero arbitro della politica estense, il quale impose l’allontanamento di Cesare Ignazio, esiliato a Faenza. Tuttavia, Laura Martinozzi rimase a Roma e non recuperò più quel ruolo di governo precedentemente ricoperto. Francesco II si spense ancora giovane nel 1694, dopo aver contratto matrimonio con Margherita Farnese, figlia di Ranuccio II duca di Parma. Tali nozze avvenivano nel solco degli ormai consolidati rapporti dinastici fra Estensi e Farnese; tali rapporti fra le corti di Modena e Parma furono suggellati da numerose unioni matrimoniali che si ripeterono per tutto il corso del Seicento.