Il genio incontra la santa della Tuscia medievale

Il genio incontra la santa della Tuscia medievale
Difficile descrivere la spiritualità di un essere umano ancor più se già gode di beatitudini innate; L’opera “Lacrimosa” di Mozart, rende tangibile la profondità del suo cattolicesimo ed il tormento che prova il cuore di fronte la morte e il disperato bisogno di pace eterna, al contempo l’anticipo del giorno del Giudizio e la resurrezione dalla cenere, sono i segni lasciati dal rapporto con i santi e l’interpretazione datane intimamente tra cui il conoscere ed il sublimarsi dell’animo nell’incontro visivo con il corpo incorrotto con Santa Rosa da Viterbo.
It is difficult to describe the spiritualità of a human being, even more so if he already enjoys innate bliss: Mozart’s opera “Lacrimosa” makes tangible the depth of his Catholicism and the torment that the heart feels in the face of death and the desperate need for eternal peace, at the same time the anticipation of the day of Judgement and the resurrection from the ashes, are the signs left by the relationship with the saints and the interpretation given and intimately including the knowledge and sublimation of the soul in the visual encounter with the incorrupt body of Saint Rose of Viterbo.
Spiritualità ed educazione
I genitori di Wolfgang Amadeus Mozart, Leopold e Anna Maria Mozart, erano cattolici praticanti e la loro fede influenzava l’educazione dei figli, inserita in un contesto di valori morali e culturali della loro epoca, in linea con l’Illuminismo. Leopold, in particolare, promosse un ambiente amorevole ma anche molto rigoroso, basato sul culto del lavoro e della disciplina, sebbene non ricorse mai a punizioni corporali. La famiglia Mozart era profondamente cattolica, e la fede era un aspetto della vita e della casa. L’educazione impartita da Leopold era ispirata a un rigore morale, che includeva il culto del lavoro e del sacrificio, elementi importantissimi per la sua filosofia illuminista. Nonostante la disciplina ferma e decisiva, Leopold riuscì a creare per Wolfgang un ambiente di sviluppo stimolante e colmo di amore. Leopold non adottò mai punizioni fisiche, ma il suo rigore disciplinare era costante e volto ad inculcare nei figli valori come il serio e metodico impegno e la massima dedizione.
La grazia del credo cristiano di Mozart
Le parole utilizzate nelle lettere autentiche di W. A. Mozart, molto sciolto e audace soprattutto in quelle vergate alle sue amanti come Maria Anna Thekla, appaiono in contrasto severo con una sincera e radicata fede cristiana; La fama di liberto e la sua presunta immoralità comportamentale lette come piena distanza dalla morale cattolica e ad una adesione ferma al cristianesimo, hanno sempre messo in discussione quanto di intimo costruito nel sentire la fede e vissuto nella religione cattolica (Vedi: Andrea Lonardo, articolo: Il “divino” Amadeus […] Dalla Grosse Messe al Requiem. Gli scritti.it). Il medesimo stile senza orpelli o piaggerie lo ritroviamo postumo nelle lettere scritte a colei che divenne moglie nel anno 1789; Constanze da Berlino. Il “pugilato” tra le parole volgari e l’ironia mista ai sogni e sentimenti è evidente ma questi segnali di grevità sono come sceneggiature di un teatro giullaresco o pieno di equivoci. Negli anni 1782 sino il pieno1788, ci fu una densa produzione di canoni che riprendevano i personali scritti e appunti osceni, laidi, indecenti a tal punto che la casa editrice Breitkopf & Hartel di Lipsia pubblicò a morte avvenuta censurandone i titoli e trasformandone testi ex novo –come riporta lo studio eccellente di A. Lonardo- il penetrante Canone a 6 voci in si bemolle maggiore: “Leck mich im Arsch” K231 [K 382/6 c] che letteralmente il lingua italiana tradotto significa “Leccami nel culo” viene modificato in “Lasst froh uns sein” ossia: Gioiamo siamo allegri; Con questi doppi battesimi si cerca di edulcorare la veemenza rafforzata di un carattere impetuoso ed importante.
La possibile strategia difensiva per istanziare l’assoluzione di Mozart su codesti atteggiamenti verbali e comportamentali lussureggianti e arditi è la descrizione spazio-temporale del contesto storico settecentesco.
Immoralità come costume e consuetudine del Settecento
Sicuramente il Settecento ha una reattività dirompente sulla volgarità stilistica, nel teatro, nella letteratura trainata dallo spregiudicato Barocco ma resistono delle controreazioni in diversi campi artistici che gettano ombre tangibili sugli atteggiamenti degli artisti di diversi campi di azione. Il turpiloquio era linguaggio comunicativo all’interno della maggioranza delle famiglie; Anche Mozart ascoltando delle espressioni vivaci della madre nei confronti del padre ha assorbito la prassi nell’uso costante ed immediato nel colloquio. Non può parlarsi di vero “costume” ma il turpiloquio diffusissimo in questi anni era una pratica che, sebbene presente, era sanzionata dalla legge e considerata contraria alla pubblica decenza. Tuttavia, la teatralità soprattutto e il linguaggio volgare erano sempre presenti nella Commedia dell’Arte, specialmente attraverso personaggi come Arlecchino, che si esprimeva con discorsi confusi e talvolta osceni per creare effetti comici, sebbene non fosse in comportamento socialmente accettato nella vita pubblica. Si interpretava dal parlar volgare l’effetto comico che la vita a volte propone, il cosi detto paradosso umano o circostanziale. Ma in tutti i giochi licenziosi che si era concesso Mozart ed è di invito perentorio a guardare e cercare oltre è di tutt’altro spessore; Si sovrappongono agli spazi ed ai tempi di sgraziato e osceno tenore spazi e momenti di grazia nell’affrontare temi spirituali e sulla stessa sessualità, al linguaggio da osteria multicolore fa da equilibratore e contrappeso senza aspettative o richieste di sorta, il voto fatto a Dio di scrivere una messa –unica opera scritta e non compiuta senza essere commissionata- Nonostante questo voto fosse indirizzato all’ottenimento della guarigione della moglie colpita da malattia ad un anno dal matrimonio. Debole di polmoni ed ancor più indebolita dalle sei gravidanze in età avanzata. La volontà di volgere lo sguardo al cielo e di far intercedere chi è più vicino alla Misericordia divina compenetra Mozart fin dalla tenera età per via di una forte cattolicità familiare, respirata come ossigeno quotidiano.
Viterbo intercede per Mozart
Leopold Mozart accompagnò suo figlio Wolfgang compiuti i quattordici anni, a Viterbo durante il secondo viaggio italiano del 1769-1771, dove lo scopo era presentare l’estro ed il genio del virgulto in Vaticano. Visitarono in tale occasione il santuario dedicato a Santa Rosa –patrona dei viterbesi e di tutta la Tuscia- vissuta e morta in condizioni straordinarie inspiegabili per la scienza medica poiché sino ai diciotto anni ha trascorso la sua vita con la sindrome o pentalogia di Cantrell. Questa malattia colpisce cinque parti del corpo: La parete addominale, il muscolo diaframma (ossia il grande muscolo, che divide la cavità del torace da quella addominale e che è fondamentale per una corretta respirazione) lo sterno, il pericardio (la guaina che ricopre il cuore e permette un movimento cardiaco senza attrito con le strutture circostanti) e il cuore. Questa particolare malattia deriva in termini tecnici da un’alterata fusione della linea mediana (per approfondimenti, vedi: “La Malattia di Rosa da Viterbo Sfida la Scienza?” a cura di Barbara Cuomo in Atti del Convegno di Studi Viterbo 2018, Centro Studi Viterbo Onlus).
Leopold Mozart padre di W. Amadeus Mozart in occasione del viaggio alla città Eterna Roma, in una lettera del 14 aprile 1770 inviata a sua moglie scrive: “Meno male che a Viterbo abbiamo cenato bene e ben dormito. Colà abbiamo visto la S. Rosa di Viterbo, di cui si può vedere la reliquia [unverwesen] incorrotta (…) abbiamo preso per ricordo polvere febbrifuga e reliquie (…)”. In proposito (Vedi: Eisen, C. et al. Con le parole di Mozart. Version 1.0, HRI Online, 2011.) della polvere citata comunemente chiamata di Dover, era una medicina tradizionale utilizzata contro le sindromi da raffreddamento e la febbre. Veniva ampiamente utilizzata nella pratica domestica per indurre sudorazione e sconfiggere l’avanzare del “freddo” all’origine dell’attacco febbrile. Leopold, che aveva sentito notizie sulla santa, ricevette dalle clarisse custodi del corpo una reliquia che, il giovanissimo Mozart ricevette in dono. Ricordando che la santa suddetta è grande protettrice delle famiglie, non v’è tanto dubbio che il papà del compositore abbia raccomandato la famiglia e la salute dei componenti della stessa. Leopold lascia un diario dove si trova testimonianza scritta sul viaggio in Viterbo, dove si dettagliano condizioni meteorologiche e le tappe affrontate tra cui Civita Castellana dove il giovane Mozart suonò l’organo del duomo. Il genio di Salisburgo ha lasciato impronte in Viterbo e il raccoglimento in preghiera davanti ad un corpo mistico della Santa patrona dei Viterbesi. Sicuramente ammirata dai Mozart per il coraggio manifestato in vita con la sua predicazione in tempi di divisione e persecuzione della Chiesa nel XIII sec. Ricordiamo che le ultime parole pronunciate dal Genio prima di concludere il viaggio terreno furono: “Huic ergo parce, Deus: Pie Jesu, Domine, Dona eis requiem. Amen”. Non a caso la stessa Santa Rosa di spiritualità francescana pura invoca per i moribondi e in punto di morte ciò che esprime il Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, focalizzato sulla lode a Dio e la gratitudine per il dono della vita e della morte e la pace nella Misericordia divina.