I riti semplificati del nostro codice di procedura civile
In estrema sintesi, si trattava (e si tratta) di un importante cambiamento finalizzato a limitare a 3 i 33 riti disciplinati in modo differente ed autonomo da singole leggi speciali.
A rendere effettiva tale dichiarazione di intenti ha provveduto il recentissimo Decreto Legislativo recante nn. 36 articoli concernenti "Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69", approvato dal Consiglio dei Ministri il 1 settembre 2011 (Comunicato del CdM n. 151/2011).
Attualmente, dunque, sono presenti nel nostro panorama civilprocessualistico tre modelli unitari, raccolti in un unico testo normativo complementare al c.p.c., in sostanziale prosecuzione del IV libro: il rito ordinario di cognizione, il rito del lavoro ed il rito sommario di cognizione.
A precisare, poi, l’ambito applicativo di ogni singolo modello è l’art. 1 del decreto legislativo in parola, a tenore del quale si intende per “ a) Rito ordinario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del c.p.c.; b) Rito del lavoro: il procedimento regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del c.p.c.; c) Rito sommario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del capo III bis del titolo I del libro quarto del c.p.c.”.
Dunque, saranno trattati col rito ordinario di cognizione, tra l’altro, anche i procedimenti relativi a:
- rettifica di attribuzione di sesso;
- liquidazione degli usi civici;
- Opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici.
Invece, seguiranno il rito del lavoro i procedimenti in materia di:
- privacy;
- controversie agrarie;
- protesti;
- opposizioni a sanzioni amministrative (quali: opposizione a verbale di violazione del Codice della strada, opposizione a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti, opposizione a ordinanza ingiunzione ecc).
Infine, saranno disciplinati dal rito sommario di cognizione le materie di:
- immigrazione;
- TSO, Trattamento Sanitario obbligatorio;
- spese di giustizia;
- intercettazioni;
- discriminazioni; - opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità ecc.
È bene ricordare che le norme del decreto si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore.
Sono rimasti fuori dalla riforma alcuni riti speciali non toccati dalla delega conferita dal Parlamento al Governo e, precisamente:
- i procedimenti in materia di famiglia e minori, per i quali il Governo si riserva di intervenite nell’ambito della istituzione del tribunale della famiglia e delle persone;
- le procedure concorsuali (già riformate ben 2 volte negli ultimi 5 anni);
- i procedimenti in materia di titoli di credito, Codice del Consumo, Codice della proprietà industriale …;
- i procedimenti di diritto del lavoro ex L. 300/1970.
È stato previsto, infine, nell’applicazione delle modifiche civilisticoprocessurali il possibile mutamento di rito.
Se ne occupa l’art. 4, del Decreto Legislativo in parola, che così dispone: “Quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza… pronunciata dal giudice, anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti… Quando dichiara la propria incompetenza, il giudice dispone che la causa sia riassunta davanti al giudice competente con il rito stabilito dalle disposizioni del presente decreto. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.”
In estrema sintesi, si trattava (e si tratta) di un importante cambiamento finalizzato a limitare a 3 i 33 riti disciplinati in modo differente ed autonomo da singole leggi speciali.
A rendere effettiva tale dichiarazione di intenti ha provveduto il recentissimo Decreto Legislativo recante nn. 36 articoli concernenti "Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69", approvato dal Consiglio dei Ministri il 1 settembre 2011 (Comunicato del CdM n. 151/2011).
Attualmente, dunque, sono presenti nel nostro panorama civilprocessualistico tre modelli unitari, raccolti in un unico testo normativo complementare al c.p.c., in sostanziale prosecuzione del IV libro: il rito ordinario di cognizione, il rito del lavoro ed il rito sommario di cognizione.
A precisare, poi, l’ambito applicativo di ogni singolo modello è l’art. 1 del decreto legislativo in parola, a tenore del quale si intende per “ a) Rito ordinario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del titolo I e del titolo III del libro secondo del c.p.c.; b) Rito del lavoro: il procedimento regolato dalle norme della sezione II del capo I del titolo IV del libro secondo del c.p.c.; c) Rito sommario di cognizione: il procedimento regolato dalle norme del capo III bis del titolo I del libro quarto del c.p.c.”.
Dunque, saranno trattati col rito ordinario di cognizione, tra l’altro, anche i procedimenti relativi a:
- rettifica di attribuzione di sesso;
- liquidazione degli usi civici;
- Opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici.
Invece, seguiranno il rito del lavoro i procedimenti in materia di:
- privacy;
- controversie agrarie;
- protesti;
- opposizioni a sanzioni amministrative (quali: opposizione a verbale di violazione del Codice della strada, opposizione a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti, opposizione a ordinanza ingiunzione ecc).
Infine, saranno disciplinati dal rito sommario di cognizione le materie di:
- immigrazione;
- TSO, Trattamento Sanitario obbligatorio;
- spese di giustizia;
- intercettazioni;
- discriminazioni; - opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità ecc.
È bene ricordare che le norme del decreto si applicano ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore.
Sono rimasti fuori dalla riforma alcuni riti speciali non toccati dalla delega conferita dal Parlamento al Governo e, precisamente:
- i procedimenti in materia di famiglia e minori, per i quali il Governo si riserva di intervenite nell’ambito della istituzione del tribunale della famiglia e delle persone;
- le procedure concorsuali (già riformate ben 2 volte negli ultimi 5 anni);
- i procedimenti in materia di titoli di credito, Codice del Consumo, Codice della proprietà industriale …;
- i procedimenti di diritto del lavoro ex L. 300/1970.
È stato previsto, infine, nell’applicazione delle modifiche civilisticoprocessurali il possibile mutamento di rito.
Se ne occupa l’art. 4, del Decreto Legislativo in parola, che così dispone: “Quando una controversia viene promossa in forme diverse da quelle previste dal presente decreto, il giudice dispone il mutamento del rito con ordinanza… pronunciata dal giudice, anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti… Quando dichiara la propria incompetenza, il giudice dispone che la causa sia riassunta davanti al giudice competente con il rito stabilito dalle disposizioni del presente decreto. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento. Restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.”