SMS o chiamate dalle compagnie telefoniche di “acquisizione consenso” al marketing? Condotta illegittima e sanzionata!
Le compagnie telefoniche che al momento della stipulazione del contratto non hanno ottenuto il consenso al trattamento dei dati a fine marketing non possono assolutamente tentare di acquisirlo in un secondo momento con l’invio di SMS.
Cicerone sempre esortava i suoi allievi: “Reperite aliquam rimam”! Che, più o meno, coincide col nostro modo di dire: “Fatta la legge, troviamo l’inganno”.
A questo antico brocardo si ispira da tempo immemore la condotta delle compagnie telefoniche che, senza inviare messaggi promozionali diretti, contattano l’abbonato o il vecchio cliente tramite telefonate (automatiche o meno) e SMS ringraziandolo di far parte della comunità di quella compagnia e invitandolo a non perdere “meravigliose occasioni” cliccando su di alcuni link tramite i quali, in sostanza, il consumatore sarà condotto a prestare il proprio consenso all’attività di marketing vera e propria.
Finalmente, è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 9920/2022 a chiarire che l’attività stessa di contattare l’utente, utilizzando i dati da questi forniti per la conclusione di un contratto ma senza un esplicito, previo e libero consenso all’attività di marketing e promozionale, è essa stessa condotta in violazione della normativa europea sulla privacy.
Il concetto, infatti, è semplice: la disponibilità della persona (data subject) a ricevere materiale promozionale, che si tratti di SMS, e-mail ed altro tipo di materiale promozionale, deve essere fornita al momento del contratto, previa idonea informativa.
Se ciò non avviene?
Si tratta di un sostanziale diniego – precisa la Suprema Corte – e l’utilizzo di tecniche elusorie, come quella dell’SMS o della telefonata con cui si intende capziosamente acquisire il consenso in un momento successivo, è in violazione del GDPR, delle direttive e-privacy e dell’art. 8 della CEDU, afferente al diritto alla vita privata e familiare.
E per i vecchi clienti o abbonati?
Il ragionamento rimane lo stesso: quindi, l’SMS con cui si comunica all’utente che “non risulta ancora il consenso ai contatti” e che a ciò può ovviare tramite una semplice telefonata ad un numero verde, è inviato in violazione alla normativa sulla privacy e deve essere sanzionato.
Ogni attività delle compagnie telefoniche successiva alla sottoscrizione del contratto, integrata da comunicazioni automatizzate finalizzate ad acquisire per altre vie quel consenso mancante, è una interferenza illegittima perché “finalizzata a commercializzare il servizio aggiuntivo nonostante la mancanza del consenso esplicito”.
Ed è così che il Garante della privacy è riuscito a far sanzionare la compagnia telefonica responsabile dell’utilizzo di sistemi automatizzati capaci di racimolare, mediante sotterfugio, qualche consenso dagli utenti, di fatto, originariamente dagli stessi negato.
Ma il business corre e la legge per farsi rispettare, invece, richiede tempo.
Pensare che già nel 2021 la Suprema Corte aveva sanzionato un soggetto che utilizzando i numeri telefonici acquisiti da ricerche su motori di ricerca, come Google, o reperiti da siti, aveva contattato i malcapitati per pubblicizzare i propri servizi.
Anche in quella occasione gli Ermellini avevano ricordato che l’utilizzo di dati personali, in questo caso numeri telefonici, benché reperiti su fonti pubbliche, come siti o i motori di ricerca, è illegittimo per carenza del consenso del data subject al loro utilizzo per fini commerciali e pubblicitari.
E attenzione, ora, alle più recenti tecniche di marketing aggressivo inventate dalle società di telemarketing ai danni delle persone anziane, in quanto più vulnerabili e remissive.