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privacy

di Stefania Calvello

 

L’espressione “privacy” fa riferimento al concetto di riservatezza e origina dalle mutate condizioni della società, nel corso del XIX secolo, a seguito di nuove invenzioni (in particolare, quelle nel campo della fotografia) e l’affermazione e crescente diffusione dei mass media.

Il “right to privacy” si afferma, a fine ‘800, con un’accezione essenzialmente negativa, indicato come “right to be let alone” in un articolo di S.D. Warren e L.D. Brandeis, pubblicato nel 1890.

In tale articolo, considerato il saggio fondatore della privacy, gli Autori fecero riferimento al diritto ad essere lasciati “in pace”, al precipuo scopo di evidenziare la naturale esigenza di tutela della “privatezza”, intesa come protezione del riserbo della intimità domestica e della vita privata.

Successivamente, uno degli Autori (il giudice Brandeis), in un caso deciso nel 1928 in tema di investigazioni telefoniche, nella propria dissenting opinion rivendicò il diritto alla privacy come diritto fondamentale dell’essere umano, riconosciuto dai padri della costituzione americana.

In quel caso, Brandeis richiamò il diritto dell’individuo ad essere lasciato in pace e ad essere protetto contro indebite intrusioni, da parte del governo, alla propria vita privata.

Il caso si risolse, tuttavia, nel mancato (iniziale) riconoscimento del diritto alla privacy.

Anche nel nostro paese la “privacy”, nella sua originaria accezione, ha registrato graduali passaggi: dopo i primi casi decisi dalla Cassazione tra gli anni ’50 e ’60, la Suprema Corte nel 1975, in una controversia che aveva riguardato la principessa Soraya Esfandiari, è giunta ad un formale riconoscimento del diritto alla riservatezza, consistente “nella tutela di situazioni e vicende strettamente personali e familiari che, anche se verificatesi fuori del domicilio domestico, non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile”.

Da questa iniziale accezione, la “privacy”, a seguito degli sviluppi dell’informatica, si arricchisce di un ulteriore significato, strettamente legato alla diffusione degli elaboratori elettronici, capaci di memorizzare ed elaborare crescenti quantitativi di dati.

Alcuni hanno fatto riferimento alla c.d. “sindrome del pesce rosso”, volendo, in tal modo, indicare la particolare situazione dell’individuo di trovarsi in un’ampolla di vetro trasparente, continuamente osservato e controllato per effetto dell’invasività delle tecnologie informatiche e della memorizzazione e facile replicabilità dei dati ad esse connesse.

Con l’avvento e lo sviluppo dell’informatica si afferma la “dimensione positiva” del diritto alla privacy, che, con riferimento ai dati personali, si qualifica non solo come diritto alla riservatezza dei dati (al fine di evitare che siano indebitamente divulgati) ma anche come diritto di regolare e controllare il flusso dei dati e l’accesso agli stessi.

Questi passaggi preliminari, compreso l’inquadramento storico a cui sopra si è accennato, sono fondamentali per comprendere a fondo il significato e la diversa natura di quello che attualmente è definito come “diritto alla protezione dei dati personali”, non più e non solo inteso come diritto alla tutela della riservatezza ma – e ciò ancor più è sottolineato dall’attuale Regolamento UE 2016/679 (“GDPR”) – come diritto da parte delle persone fisiche al controllo dei propri dati personali.

Da un punto di vista meramente prospettico, si indicano qui di seguito i temi che risultano e risulteranno di maggior rilievo pratico nell’applicazione del GDPR nei prossimi anni:

  1. la privacy in ambito sanitario (con particolare riferimento all’operatività basata sulle tecnologie informatiche, ad es. fascicolo sanitario elettronico, utilizzo di applicazioni etc.);
  2. i rapporti tra privacy e intelligenza artificiale;
  3. la privacy nei rapporti di lavoro;
  4. monitoraggio e conduzione di audit in ambito privacy;
  5. la gestione della privacy nell’ottica della valutazione del rischio;
  6. la sicurezza informatica con particolare riferimento alla protezione della privacy;
  7. le certificazioni in materia di privacy.

Per scrupolo, tenendo conto dell’excursus relativo alle origini e agli sviluppi della “privacy” fino alla successiva affermazione del “diritto alla protezione dei dati personali”, si fa presente che nell’elenco sopra riportato l’espressione “privacy” è stata utilizzata unicamente per esigenze di praticità, anche per facilitare la lettura del testo, volendosi ovviamente riferire al “diritto alla protezione dei dati personali”.