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Deep fake. La diffusione immagini manipolate artificialmente e l’articolo 612 quater del codice penale

Marina di Ravenna
Ph. Ermes Galli / Marina di Ravenna

La nuova fattispecie delittuosa di diffusione di immagini di persone reali manipolate artificialmente allo scopo di ottenerne rappresentazioni nude. Esame della proposta di legge n. 2986 in tema di contrasto al deep fake e le iniziative del Garante della Privacy.

 

L’articolo unico della proposta di legge in esame è volto ad introdurre, nel codice penale, una nuova fattispecie delittuosa consistente nella diffusione di immagini di persone reali manipolate artificialmente allo scopo di ottenerne rappresentazioni nude; la nuova fattispecie (articolo 612-quater) è collocata nella Sezione III, dedicata ai delitti contro la libertà morale, a sua volta inserita nel Capo III («Dei delitti contro la libertà individuale») del Titolo XII del codice penale, incentrato sui delitti contro la persona.

L’evoluzione tecnologica nel settore delle telecomunicazioni, i rapidi cambiamenti sociali, nonché l’introduzione della digitalizzazione nella sfera pubblica e privata richiedono una riflessione generale al fine di creare nuovi modelli di vita collegati all’utilizzo del web, di internet e degli smartphone e, più in generale, di strumenti tecnologici in grado di avvicinare i singoli individui alla rete, attraverso sistemi che assicurino comunicazioni fluide e, al contempo, veloci.

La tracciabilità di foto, di immagini e di video immessi nel web e condivisi con estrema facilità da un bacino di utenza sempre più vasto risulta sempre più difficile e, a volte, quasi impossibile, abolendo i confini che separano la sfera pubblica da quella privata e mostrando le lacune della normativa vigente in materia di tutela della riservatezza degli individui per quanto concerne la sua applicazione al mondo del virtuale e del web.

La proposta interviene per contrastare il fenomeno della diffusione del software chiamato “Deep nude”, con il quale, partendo da una normale fotografia, è possibile ricostruire l’aspetto del corpo nudo e che è stato recentemente oggetto di attenzione da parte del Garante per la protezione dei dati personali.

Si segnala, al riguardo, che il 23 ottobre 2020 il Garante della Privacy ha aperto un’istruttoria nei confronti di Telegram dopo che alcuni utenti avevano manipolato delle foto di ragazze tramite il software “Deep Nude,” disponibile sulla piattaforma stessa (clicca qui).

Nel comunicato pubblicato sul sito del Garante si legge che “Le gravi lesioni alla dignità e alla privacy a cui l’uso di un software simile espone le persone, soprattutto se minori, sono evidenti, considerati anche il rischio che tali immagini vengano usate a fini estorsivi o di revenge porn e tenuto conto dei danni irreparabili a cui potrebbe portare una incontrollata circolazione delle immagini, fino a forme di vera e propria viralizzazione. La facilità d’uso di questo programma rende, peraltro, potenzialmente vittime di deep fake chiunque abbia una foto sul web”.

Il Garante ha quindi provveduto alla pubblicazione nel dicembre 2020, sul proprio sito web, di un vademecum sul fenomeno del “Deep fake”.

I deepfake sono individuati dall’Garante, quali foto, video e audio creati grazie a software di intelligenza artificiale che, partendo da contenuti reali (immagini e audio), riescono a modificare o ricreare, in modo estremamente realistico, le caratteristiche e i movimenti di un volto o di un corpo e a imitare fedelmente una determinata voce.

La parola deepfake è un neologismo nato dalla fusione dei termini “fake” (falso) e “deep learning”, una particolare tecnologia di intelligenza artificiale.

Le tecniche usate dai deepfake sono simili a quelle delle varie app con cui si può modificare la morfologia del volto, ecc. La materia di partenza sono sempre i veri volti, i veri corpi e le vere voci delle persone, trasformati però in “falsi” digitali.

Le tecnologie deepfake, sviluppate come ausilio agli effetti speciali cinematografici, erano inizialmente molto costose e poco diffuse. Ma negli ultimi tempi hanno iniziato a diffondersi app e software che rendono possibile realizzare deepfake, anche molto ben elaborati e sofisticati, utilizzando un comune smartphone. Secondo quanto specificato dal Garante diffusione dei deepfake è di conseguenza notevolmente aumentata, e con essa i rischi connessi.

Il Garante, specifica, che in particolari tipologie di deepfake, dette deepnude, persone ignare possono essere rappresentate nude, anche in contesti pornografici. Con la tecnologia del deepnude, infatti, i visi delle persone (compresi soggetti minori) possono essere “innestati”, utilizzando appositi software, sui corpi di altri soggetti, nudi o impegnati in pose o atti di natura esplicitamente sessuale.

È anche possibile prendere immagini di corpi vestiti e “spogliarli”, ricostruendo l’aspetto che avrebbe il corpo sotto gli indumenti e creando immagini altamente realistiche.

Con riguardo al nuovo reato di diffusione di immagini manipolate, l’articolo 612-quater (primo comma ) prevede che: è fatta salva l’ipotesi in cui il fatto costituisca più grave reato; si tratta di un reato comune, poiché commissibile da «chiunque»; la condotta si dettaglia in quattro modalità alternative di integrazione del delitto, realizzabile da chiunque “invia, cede, pubblica e diffonde” le immagini, che dunque può non coincidere con l’autore della manipolazione; oggetto della condotta devono essere immagini di persone reali, comunque identificabili, manipolate artificialmente mediante l’uso di strumenti tecnologici o di sistemi di intelligenza artificiale; la finalità della condotta deve consistere nella volontà di ottenere, dalla manipolazione delle immagini, rappresentazioni nude idelle persone, idonee a trarre in inganno.

La pena, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è la reclusione da due a sette anni e con la multa da euro 6.000 a euro 16.000.

Si ricorda che il diritto della persona alla propria immagine si esplica nel divieto, posto a carico dei terzi, di esporre o pubblicare il ritratto altrui - ossia qualsiasi rappresentazione delle sue sembianze - senza il consenso dell’interessato.

La disciplina del diritto all’immagine è contenuta nell’articolo 10 e negli artt. 96 e 97, L. 22.4.1941, n. 633 (c.d. legge sul diritto d’autore). L’articolo 96 dispone che il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente.

L’articolo 97 specifica che non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro nella persona ritrattata.

Qualora dei terzi espongano, pubblichino o comunque sfruttino l’immagine altrui al di fuori dei casi consentiti dalla legge, l’interessato può rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere la cessazione del comportamento abusivo, il risarcimento del danno ed eventualmente la pubblicazione della sentenza di condanna.

Legittimati ad agire sono l’interessato ed alcuni dei suoi congiunti (genitori, coniuge, figli). In nessun caso però gli stretti congiunti possono vietare l’utilizzo dell’immagine cui abbia acconsentito il diretto interessato.

A norma dell’articolo 10 il giudice può disporre qualsiasi provvedimento idoneo ad impedire la prosecuzione o il ripetersi dell’illecito (azione inibitoria). La persona lesa può inoltre ottenere il risarcimento del danno derivante dall’utilizzo indebito della sua immagine.

Il risarcimento concerne tanto il danno patrimoniale, che consiste nel pregiudizio economico che la vittima abbia risentito dalla pubblicazione e di cui abbia fornito la prova, quanto di quello non patrimoniale ex articolo 2059 (a prescindere dalla concomitante commissione di un illecito penale).

Pertanto, l’abuso dell’immagine altrui obbliga al risarcimento del danno non patrimoniale anche quando non integri la fattispecie del reato di diffamazione (C. 12433/2008; T. Catania 14.3.2007).

Specifiche sanzioni, anche penali, sono previste dal Codice della privacy (D. lgs. n. 193 del 2006), in relazione al trattamento dei dati personali in violazione delle specifiche disposizioni del Regolamento 2016/679 (GDPR) che concernono particolari categorie di dati personali (l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati genetici e i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, i dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona).

Al riguardo, accanto alle sanzioni amministrative, l’articolo 167 del codice della privacy prevede che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento (le suddette particolari categorie di dati) in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies e 2-octies, o delle specifiche misure di garanzia, arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Si ricorda inoltre che, la legge n. 69 del 2019 (c.d. Codice rosso) ha recentemente introdotto nel codice penale l’articolo 612-ter “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, punisce con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate.

La disposizione prevede altresì che la stessa pena si applichi a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento Il secondo comma dell’articolo 612 quater disciplina le circostanze aggravanti. In particolare, la pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.

Si tratta di circostanze speciali ad effetto comune, con aumento di pena, ex articolo 64 1° comma c.p., fino ad un terzo.

L’ultimo comma dell’articolo 612 quater si occupa della procedibilità. In particolare, si prevede che, ordinariamente, il delitto sia punito a querela della persona offesa e il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.

Tuttavia, si procede d’ufficio quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio. Si prevede inoltre che la remissione della querela possa essere soltanto processuale.

Tali previsioni sono sulla stessa linea di quanto previsto dall’articolo 612-bis c.p. per il delitto di atti persecutori, sia con quanto stabilito dall’articolo 612-ter c.p. per il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti