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Rappresentanza e partecipazione: il dibattito sull’istituto dell’iniziativa popolare

Parte I
Democrazia rappresentativa
Democrazia rappresentativa

Abstract

Il presente articolo analizza la questione della crisi della rappresentanza a vantaggio degli strumenti di democrazia diretta. Attraverso una comparazione con i sistemi svizzero e statunitense, viene esaminato l’attuale disegno di legge costituzionale di modifica dell’istituto dell’iniziativa legislativa popolare nonché i rischi in caso di assenza di limiti e controlli all’utilizzo dello stesso. Inevitabilmente sorge la domanda se possa esserci una vicinanza tra i meccanismi della rappresentanza e della partecipazione, necessitata, oggi, anche dallo sviluppo della c.d. e-democracy.

The article aims to analyze the institution of initiative in comparative law. It, also, analyzes the constitutional reform draft proposed by the current government. It concerns the reform of the institution of initiative. The focus is on the proposal to introduce a "propositive referendum" without a structural quorum for its validity. What are the risks of this choice? Some critical remarks have moved to some parts of these constitutional review proposals.

 

Indice

1. La crisi della rappresentanza e la questione della democrazia diretta

2. L’istituto dell’iniziativa legislativa popolare nell’Unione europea…

3. …e nei singoli Stati?

 

La scarsa fiducia del corpo elettorale nei confronti della classe politica ha portato in questa decade alla valorizzazione nei Paesi occidentali di movimenti politici che si appellano a nuovi canali per la rappresentazione politica della volontà dei cittadini, autodefinendosi “non partiti”. La democrazia rappresentativa è attualmente attraversata da una crisi per cui i cittadini addebitano alla classe politica l’incapacità o l’inadeguatezza ad affrontare i grandi problemi economico-sociali che hanno prodotto l’impoverimento non solo delle classi deboli ma, soprattutto, dei ceti medi. Alcune soluzioni proposte comprendono la democrazia deliberativa, che esalta l’importanza del dibattito e delle argomentazioni delle posizioni tra i portatori di interesse (pubblici e privati), e la democrazia partecipativa con i suoi istituti (referendum, iniziativa popolare), più indefinita proceduralmente e consistente nel coinvolgimento di chiunque voglia a partecipare, in genere per contrastare o arginare una decisione pubblica. Su questo punto si sviluppa un’analisi sui meccanismi dei suddetti istituti, sulle loro potenzialità ma anche sui loro possibili rischi.

 

1. La crisi della rappresentanza e la questione della democrazia diretta

Nelle democrazie occidentali contemporanee il tema della crisi della democrazia rappresentativa è ampiamente dibattuto:

in realtà non è la democrazia di per sé che viene messa in discussione ma è la forma della rappresentanza mediante la quale il popolo affida ai rappresentanti le decisioni che regolano la vita dei cittadini, la determinazione dei diritti e dei doveri, aspettando la scadenza dei mandati parlamentari per una nuova decisione sulla loro riconferma o meno.

Considerato che gli istituti della democrazia sono sorti per il controllo del governo della cosa pubblica e che il passaggio dall’oligarchia alla democrazia è avvenuto tramite l’istituto della rappresentanza politica, necessaria per il controllo e l’indirizzo delle istituzioni politiche di governo, va considerato come con un ulteriore passaggio la partecipazione negli ordinamenti di vari Stati si stia progressivamente realizzando tramite strumenti atti alla “democratizzazione” della società.

L’indebolimento e quindi la critica al sistema parlamentare è il risultato dell’indebolimento della rappresentanza politica che dalla seconda metà del XIX sec. è stata concepita unicamente attraverso l’intermediazione dei partiti politici.

Soprattutto nell’esperienza italiana la rappresentanza è stata ed è ancora intermediata dai partiti, giungendo, come sostenuto dal professore Sandro Staiano nel suo articolo “La Rappresentanza” [Rivista AIC], ad una “democrazia dei partiti”.

Il costituente Costantino Mortati, in merito a ciò, elaborò il concetto di “sdoppiamento” della rappresentanza fra elettore e partito. Discostandosi da Gerhard Leibholz, secondo il quale con l’avvento dei partiti il corpo elettorale avrebbe compiuto sostanzialmente un “atto plebiscitario” manifestando la propria volontà politica a favore dei candidati nominati dai partiti e dei programmi politici stabiliti da questi, lo “sdoppiamento” costituisce un tratto permanente nel sistema dei poteri, in ragione del quale il rapporto tra elettore e partito “si attenua fin quasi a scomparire” dopo le elezioni, mentre il rapporto tra i partiti e i propri esponenti eletti si rafforza, com’è necessario per assicurare l’attuazione delle misure ritenute corrispondenti all’indirizzo di cui il partito è esponente, sicché il popolo esercita il potere sovrano solo nel momento delle elezioni”.

I partiti determinano i rapporti organizzativi fondamentali nell’ordinamento costituzionale, realizzando le condizioni affinché i mutamenti in tali rapporti possano trovare un immediato riscontro in corrispondenti dinamiche nell’ordinamento costituzionale.

Essi sono espressione all’origine di una concezione della democrazia molto connotata in senso pluralistico; sono connaturati alla democrazia rappresentativa. La relazione fiduciaria tra eletto ed elettore si realizza nella cornice rappresentata dal partito che risulta garante del mandato politico.

Ma se i partiti non godono più di una sufficiente fiducia da parte dell’elettorato e hanno perduto la legittimità di rappresentanza, cosa accade? È un fatto noto che, di fronte alla crisi della rappresentanza, i partiti tradizionali non sono stati in grado di fornire risposte soddisfacenti, perdendo terreno rispetto ad aggregazioni politiche per via leaderistica, per via informatica o a cartelli meramente elettorali privi di un programma. 

Nella sua “Petite historie de l’expérimentation démocratique. Tirage au sort et politique d’Athènes à nos jours” [Editions La Dècouverte, 2011] il sociologo Yves Sintomer individua come cause della crisi della democrazia rappresentativa l’impotenza della politica, incapace di rispondere ai bisogni dei cittadini; la frammentazione delle classi sociali che hanno abbandonato i tradizionali luoghi d’aggregazione e mobilitazione (piazze, congressi, sedi di partito); l’incertezza del futuro con la nascita di una società basata sulla difesa del particulare rispetto ai diritti civili.

Conseguentemente si sono sviluppate tre grandi reazioni: incremento del numero di soggetti che dichiarano il proprio disinteresse nei riguardi delle questioni sociali e della politica, ritenuta non risolutiva; la richiesta di controllo sulle istituzioni rappresentative da parte della cittadinanza, che va nella direzione di confermare ulteriormente la crisi della rappresentanza; la richiesta di nuove forme di partecipazione politica, che si traduce nell’affermazione di nuovi attori e nello sviluppo di piattaforme e tecnologie rispondenti ai nuovi bisogni di partecipazione dei cittadini, suffragando l’idea secondo cui non si può più avere la pretesa di limitare la partecipazione democratica del cittadino alle sole elezioni o pretendere che chi abbia un’opinione possa di tanto in tanto esprimerla mediante referendum.

In un contesto di indebolimento generale dei meccanismi della rappresentanza e di spinte autoritarie, decisioniste, l’attenzione e le speranze riposte nella partecipazione, nella sua accezione più ampia, sono molteplici. Sempre più frequente è il riferimento alla necessità di “aprire” i processi decisionali ai cittadini, destinatari delle norme giuridiche, rendendoli “co-autori” delle stesse.

Questa tendenza, direttamente legata agli scopi delle teorie deliberative della democrazia e a pratiche e strumenti tipici della democrazia partecipativa, si manifesta nel ricorso alla consultazione pubblica quale strumento privilegiato nella costruzione dell’interazione tra soggetti delle istituzioni – in particolare rappresentanti politici, ma anche funzionari – e soggetti della società civile.

Partendo da questa considerazione si sostiene la necessità di introdurre, nei paesi democratici, innovazioni che portino a una “democratizzazione della democrazia” [Giddens A. (2000), Il mondo che cambia.

Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Bologna, il Mulino] ed al passaggio da una “democrazia intermittente” [Rodotà S., Tecnopolitica, La Terza, 2004], cioè di tipo meramente rappresentativo, in cui la cittadinanza viene consultata solo in fase elettorale a una “democrazia continua” (attraverso anche l’utilizzo della rete), in cui la rappresentanza venga stabilmente integrata da modalità di interazione tra i decisori pubblici e i cittadini.

Partecipare al dibattito, esprimere le proprie idee, criticare le altrui posizioni, proporre emendamenti: un processo “deliberativo”, infatti, necessita di un incontro tra argomentazioni che giustifichino una decisione finale.

Pertanto, sarebbe necessario individuare uno spazio sociale funzionale ad uno spazio pubblico istituzionale; uno spazio in cui le voci e le domande della cittadinanza emergano direttamente, in un dibattito in contrapposizione, ma basandosi su un’informazione aggiornata e corretta.

Gli strumenti di partecipazione democratica e più in generale la democraticità delle istituzioni costituiscono un argomento fortemente dibattuto nei singoli Stati e nella stessa Unione europea.

 

2. L’istituto dell’iniziativa legislativa popolare nell’Unione europea…

“L’iniziativa introduce nell’Unione una forma di democrazia partecipativa del tutto nuova. Si tratta di un grande passo avanti per la vita democratica dell’Unione e di un esempio concreto di come è possibile avvicinare l’Europa ai cittadini. L’iniziativa contribuirà al dibattito trasnazionale […] e quindi, ci auguriamo, allo sviluppo di un vero spazio pubblico europeo”.

Con queste parole l’ex vice-presidente della Commissione europea Maroš Šefčovič   presentava nel 2011 il Regolamento europeo n. 211 concernente una nuova forma europea di partecipazione dei cittadini alla politica dell’Unione, denominata iniziativa dei cittadini e ponendo un pilastro per la costruzione di una maggiore democraticità delle istituzioni europee.

L’istituzione di questo rilevante mezzo di dialogo tra la società e le istituzioni europee si inserisce nel complesso tema della dimensione democratica europea, introducendo nell’ordinamento nuove prospettive di democrazia partecipativa e proponendosi come strumento innovativo di coinvolgimento della popolazione in ordine all’indirizzo politico europeo. Con l'articolo 4 del Regolamento si entra nel vivo della procedura, poiché vengono dettati i requisiti per l’ammissibilità e quindi la registrazione delle iniziative. Gli organizzatori (almeno sette cittadini provenienti da altrettanti paesi dell’Unione Europea) devono descrivere l'oggetto e gli obiettivi della proposta che vogliono presentare alle istituzioni europee in una delle lingue ufficiali dell'Unione in un registro online messo a disposizione dalla Commissione e questa deve essere corredata di ogni dettaglio riguardo le fonti di sostegno e di finanziamento.

La Commissione apre quindi la fase di raccolta delle dichiarazioni a sostegno, registrando l’iniziativa, visibile a tutti sul sito ufficiale dell’ICE solo nel caso in cui sia stato costituito un valido comitato dei cittadini e l’iniziativa non sia contraria ai valori dell’Unione. Il comitato “dei sette” ha, poi, un anno di tempo per raccogliere le firme di un milione di cittadini di almeno sette Stati diversi dell’Unione.

L’ICE è quindi uno strumento che travalica i confini degli Stati, creando in una dimensione transnazionale una rete di comunicazione tra i cittadini europei e permette ai cittadini europei di “far sentire la propria voce” direttamente al cospetto delle istituzioni (tramite la presentazione della proposta alla Commissione dopo il periodo di raccolta dei sostegni e l’audizione pubblica degli organizzatori nel Parlamento Europeo) e partecipare al dibattito politico europeo.

Una partecipazione che risulta molto limitata, per non dire illusoria.

Infatti, nonostante la spiccata innovazione dell’istituto e le sue grandi potenzialità nel contribuire a costruire una legittimità democratica dell’Ue, dall’entrata in vigore del Regolamento, delle 56 iniziative proposte soltanto quattro, nei campi dei diritti umani e ambientali (eu.europa.eu), hanno raggiunto il numero di dichiarazioni richiesto e sono state poste all’attenzione della Commissione. Inoltre, l’ICE ha natura esclusivamente propositiva, trattandosi essenzialmente di un invito rivolto alla Commissione a presentare una proposta legislativa; un’iniziativa d’iniziativa secondo vari studiosi.

Infatti, il potere d’iniziativa legislativa rimane sempre nelle mani dell’istituzione europea e precisamente nelle mani della Commissione europea ai sensi del comma 2, articolo 17 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. In un momento storico in cui si sente parlare non solo a livello nazionale ma anche europeo ed extra-europeo di deficit della democrazia e della necessità di valorizzare la partecipazione dei cittadini, l’ICE rappresenta sicuramente uno strumento che pone un’importante connessione tra i cittadini, fondamentale per la costruzione di un’identità collettiva europea e per la realizzazione piena di un sistema democratico, che non deve necessariamente fondarsi sulla discendenza da un’unica etnia, bensì su un senso di appartenenza talmente forte da poter sostenere e far valere le decisioni della maggioranza.

Tuttavia, ancora lungo è il cammino per l’Unione verso reali strumenti di partecipazione; l’Europa è nata, in linea di principio, come Unione economica e come Unione politica, ma se nel corso del tempo la prima prospettiva si è certamente realizzata, la seconda si trova attualmente in una zona d’ombra che porta a sollevare la questione della democraticità.

È vero che il Parlamento europeo gode di legittimità democratica, essendo l’unico organo i cui membri vengono eletti dai cittadini europei, ma nonostante gli sforzi del Trattato di Lisbona per rafforzarne le funzioni, gode di poteri limitati se confrontati con quelli di altri organismi sovranazionali.

A ciò si aggiunge l’elevato livello di astensionismo nelle consultazioni elettorali (dovuto anche al fatto che da esse non dipende la designazione dei membri del Consiglio dell’Unione europea e della Commissione europea, che di fatto sono del tutto svincolati dall’organo legislativo) e di assenze dei parlamentari europei che costituiscono una fragilità del sistema democratico rappresentativo europeo.

È certo che se pure legittimate dal potere degli Stati nazionali, le istituzioni comunitarie dovrebbero altresì godere di un riconoscimento politico, possibile solo con la creazione di un rapporto tra cittadini e istituzioni. Sarebbe necessario, come sostenuto da Philippe Schmitter, “reinventare le istituzioni chiave della democrazia moderna: cittadinanza, rappresentanza, processo decisionale”.

 

3. …e nei singoli Stati?

La democrazia pluralista, attualmente, è la principale forma di democrazia presente negli Stati del mondo. Essa si articola, di regola, attraverso le forme della democrazia rappresentativa nella misura in cui ciò rende possibile l’identificazione dei singoli settori sociali, facilitando il dibattito tra di loro per raggiungere accordi, così canalizzando i conflitti politici fondamentali, secondo una delle funzioni essenziali del costituzionalismo normativo.

L’indebolimento di questa forma di democrazia è collegato alla perdita del valore del pluralismo politico, del principio del dialogo e del consenso ed a una interpretazione esclusivamente economica delle Costituzioni moderne.

Coniugare rappresentanza e partecipazione; è questa la linea che le principali nazioni democratiche, tra cui la Francia, vogliono perseguire. Il Paese transalpino ho intrapreso un’importante iniziativa (con 95 proposte elaborate da sette gruppi di lavoro) al fine di dare una risposta alla crisi di partecipazione, aprendo l’istituzione parlamentare, la cui centralità è indiscutibile, ai cittadini con l’attivazione di una piattaforma digitale attraverso la quale hanno avuto la possibilità di fare proposte di riforma.

Attualmente nell’ordinamento francese non è previsto un istituto di iniziativa legislativa popolare, disciplinando esclusivamente varie forme di referendum. Con la legge costituzionale n. 723 del 2008 è stata introdotta la possibilità di referendum approvativi anche di alcune proposte di legge.

La proposta, che può riguardare solo determinate materie, incluse quelle delle riforme di politica ambientale (nuova misura valevole anche per i referendum sui disegni di legge), deve essere presentata da un quinto dei membri del Parlamento (ossia 185 parlamentari su un totale di 925, considerando il numero massimo possibile di membri delle due Camere) e sostenuta da un decimo degli elettori, che equivalgono attualmente a circa 4,5 milioni di cittadini.

Inoltre, la legge organica n. 1114 del 2013 prevede un ibrido d’iniziativa legislativa detta “iniziativa legislativa parlamentare-popolare” (proposta dai parlamentari, vagliata dal Consiglio costituzionale e sostenuta dai cittadini attraverso la raccolta delle loro firme da parte dei parlamentari proponenti).

La Repubblica federale Tedesca, il cui modello di parlamentarismo ha sempre rappresentato un punto di riferimento nei nostri progetti di revisione costituzionale, prevede l’iniziativa legislativa popolare, quale strumento di democrazia diretta che consente ai cittadini di portare all’attenzione di un Parlamento regionale un tema politico o un progetto di legge, in tutti i Lander ma non a livello federale: il Grundgesetz (Legge fondamentale) all’articolo 76, comma 1 stabilisce che i progetti di legge possono essere presentati al Bundestag esclusivamente dal Governo federale, dai membri del Bundestag e dai membri del Bundesrat (Camera alta dei Lander).

Risulta evidente, nonostante i meccanismi introdotti, che l’obiettivo per gli Stati, dovrebbe essere quello di mettere in moto strumenti efficaci di partecipazione, seguendo modelli già collaudati in altri Stati europei e non, rappresentando un elemento costitutivo del proprio ordinamento giuridico. 

 

Il 7 agosto 2019 sarà pubblicata la parte II Democrazie dirette a confronto. Il dibattito sull’istituto dell’iniziativa popolare.