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Ammissibilità del patteggiamento c.d. "allargato" in caso di contestazione della recidiva qualificata

Nota a Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 5 ottobre 2010, n. 35738
Con la recente sentenza n. 35738 del 5 ottobre 2010, le Sezioni Unite penali della Suprema Corte, delegate a dirimere il contrasto interpretativo sorto sull’ammissibilità del cd. “patteggiamento allargato” nei procedimenti penali a carico di imputati cui sia stata contestata la recidiva c.d. “qualificata” prevista dall’art. 99, comma quarto, del codice penale, hanno statuito che, ai fini dell’esclusione dal patteggiamento a pena detentiva superiore a due anni, non è sufficiente che la situazione di recidiva qualificata sia stata contestata dal pubblico ministero, ma occorre altresì che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e dichiarata dal giudice.

Investita del ricorso proposto dal Procuratore generale avverso la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 del codice di procedura penale emessa dal Giudice dell’udienza preliminare, la terza Sezione penale, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, rilevando come il giudice, stante la contestazione all’imputato della recidiva prevista al quarto comma dell’art. 99 c.p., abbia, nella sentenza impugnata, escluso tale aggravante, in considerazione delle “condizioni socio-economiche dell’imputato, del meritevole comportamento processuale, della risalenza del precedente e della diversità dei fatti criminosi”, applicando all’imputato, all’esito della riduzione premiale, una pena di quattro anni di reclusione e dodicimila euro di multa.

Sul punto, la Sezione rimettente ha segnalato, infatti, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale relativo all’interpretazione dell’art. 444, comma 1 bis, c.p.p., nella parte in cui viene stabilita l’esclusione dal "patteggiamento" dei procedimenti contro “coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’art. 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria".

Con la sentenza esaminata, le Sezioni Unite hanno risolto definitivamente la questione, già oggetto di pronunce discordanti (ex multis v. Sez. 2, Sentenza n. 28610 del 01/07/2009 contra Sez. 1, Sentenza n. 1007 del 13/11/2008), consentendo l’accesso dell’imputato al quale la recidiva sia stata contestata al "patteggiamento allargato", vale a dire con pena detentiva superiore ai due anni.

Tale disamina ha preso, innanzitutto, le mosse dalla possibilità per il giudice di escludere l’aggravante prevista al quarto comma dell’art. 99 c.p. dal computo sanzionatorio, nonostante la stessa sia stata ritualmente contestata dal pubblico ministero.

A parere della Suprema Corte, fatta eccezione per l’automatismo di pena previsto al quinto comma dell’art. 99 c.p. con riferimento ai gravi delitti indicati all’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p., la recidiva reiterata prevista al quarto comma opera, infatti, quale circostanza aggravante facoltativa inerente alla persona del colpevole ex art. 70 c.p. e, come tale, può essere esclusa dal giudice qualora non sia da questi ritenuta, in concreto, espressione di pericolosità sociale dell’imputato, tenuto conto della natura degli illeciti commessi, dell’offensività delle condotte, della distanza temporale e dell’analogia esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.

Su tali presupposti, le Sezioni Unite hanno, poi, affrontato la questione concernente l’eventuale persistenza degli ulteriori effetti connessi dalla legge alla recidiva qualificata nella prospettata ipotesi di esclusione di tale aumento da parte del giudice, stabilendo come l’esclusione della recidiva prevista al quarto comma dell’art. 99 c.p. ad opera del giudice comporti la sua ininfluenza non solo ai fini della determinazione della pena, bensì anche in relazione al giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p., con conseguente inefficacia, per mancanza dell’oggetto, del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti imposto dal quarto comma del medesimo articolo.

Allo stesso modo, la Suprema Corte ha, infine, coerentemente affermato che l’esclusione della recidiva reiterata non può che determinare l’inoperatività della clausola preclusiva contenuta nel comma 1 bis dell’art. 444 c.p.p., rendendo, di conseguenza, ammissibile l’accesso al "patteggiamento allargato" dell’imputato al quale tale circostanza aggravante sia stata, invero, contestata.

Con la recente sentenza n. 35738 del 5 ottobre 2010, le Sezioni Unite penali della Suprema Corte, delegate a dirimere il contrasto interpretativo sorto sull’ammissibilità del cd. “patteggiamento allargato” nei procedimenti penali a carico di imputati cui sia stata contestata la recidiva c.d. “qualificata” prevista dall’art. 99, comma quarto, del codice penale, hanno statuito che, ai fini dell’esclusione dal patteggiamento a pena detentiva superiore a due anni, non è sufficiente che la situazione di recidiva qualificata sia stata contestata dal pubblico ministero, ma occorre altresì che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e dichiarata dal giudice.

Investita del ricorso proposto dal Procuratore generale avverso la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 del codice di procedura penale emessa dal Giudice dell’udienza preliminare, la terza Sezione penale, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, rilevando come il giudice, stante la contestazione all’imputato della recidiva prevista al quarto comma dell’art. 99 c.p., abbia, nella sentenza impugnata, escluso tale aggravante, in considerazione delle “condizioni socio-economiche dell’imputato, del meritevole comportamento processuale, della risalenza del precedente e della diversità dei fatti criminosi”, applicando all’imputato, all’esito della riduzione premiale, una pena di quattro anni di reclusione e dodicimila euro di multa.

Sul punto, la Sezione rimettente ha segnalato, infatti, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale relativo all’interpretazione dell’art. 444, comma 1 bis, c.p.p., nella parte in cui viene stabilita l’esclusione dal "patteggiamento" dei procedimenti contro “coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’art. 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria".

Con la sentenza esaminata, le Sezioni Unite hanno risolto definitivamente la questione, già oggetto di pronunce discordanti (ex multis v. Sez. 2, Sentenza n. 28610 del 01/07/2009 contra Sez. 1, Sentenza n. 1007 del 13/11/2008), consentendo l’accesso dell’imputato al quale la recidiva sia stata contestata al "patteggiamento allargato", vale a dire con pena detentiva superiore ai due anni.

Tale disamina ha preso, innanzitutto, le mosse dalla possibilità per il giudice di escludere l’aggravante prevista al quarto comma dell’art. 99 c.p. dal computo sanzionatorio, nonostante la stessa sia stata ritualmente contestata dal pubblico ministero.

A parere della Suprema Corte, fatta eccezione per l’automatismo di pena previsto al quinto comma dell’art. 99 c.p. con riferimento ai gravi delitti indicati all’art. 407, comma 2, lettera a), c.p.p., la recidiva reiterata prevista al quarto comma opera, infatti, quale circostanza aggravante facoltativa inerente alla persona del colpevole ex art. 70 c.p. e, come tale, può essere esclusa dal giudice qualora non sia da questi ritenuta, in concreto, espressione di pericolosità sociale dell’imputato, tenuto conto della natura degli illeciti commessi, dell’offensività delle condotte, della distanza temporale e dell’analogia esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.

Su tali presupposti, le Sezioni Unite hanno, poi, affrontato la questione concernente l’eventuale persistenza degli ulteriori effetti connessi dalla legge alla recidiva qualificata nella prospettata ipotesi di esclusione di tale aumento da parte del giudice, stabilendo come l’esclusione della recidiva prevista al quarto comma dell’art. 99 c.p. ad opera del giudice comporti la sua ininfluenza non solo ai fini della determinazione della pena, bensì anche in relazione al giudizio di comparazione di cui all’art. 69 c.p., con conseguente inefficacia, per mancanza dell’oggetto, del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti imposto dal quarto comma del medesimo articolo.

Allo stesso modo, la Suprema Corte ha, infine, coerentemente affermato che l’esclusione della recidiva reiterata non può che determinare l’inoperatività della clausola preclusiva contenuta nel comma 1 bis dell’art. 444 c.p.p., rendendo, di conseguenza, ammissibile l’accesso al "patteggiamento allargato" dell’imputato al quale tale circostanza aggravante sia stata, invero, contestata.