Catene di Approvvigionamento Responsabili: Il Ruolo Chiave delle Imprese nel Rispetto del Regolamento UE 2017/821 sulla Due Diligence Mineraria
Catene di Approvvigionamento Responsabili: Il Ruolo Chiave delle Imprese nel Rispetto del Regolamento UE 2017/821 sulla Due Diligence Mineraria
Indice
Conflict minerals: Regolamento (UE) 2017/821;
Obblighi di due diligence;
Autonomia degli Stati membri;
Responsabilità;
Conclusioni.
Abstract
Il presente contributo ha lo scopo di riassumere brevemente gli aspetti più significativi del Regolamento (UE) 2017/821. Vengono definiti “Conflict Minerals” perché nelle zone politicamente instabili come – ad esempio – la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e aree limitrofe, il commercio di minerali preziosi come questi può essere utilizzato per finanziare gruppi armati, essere causa di lavori forzati e di altre violazioni dei diritti umani, nonché favorire la corruzione e il riciclaggio di denaro. Questi minerali, di conseguenza, raggiungono facilmente i prodotti di consumo giornalieri in tutto il mondo e possono essere facilmente trovati nei dispositivi elettronici, quali telefoni cellulari, impianti chirurgici, computer portatili, automobili e gioielli
Conflict minerals: Regolamento (UE) 2017/821
In regioni afflitte da instabilità politica, il commercio di minerali spesso finisce per finanziare gruppi armati, alimentare il riciclaggio, e persino promuovere il lavoro forzato e violazioni dei diritti.
Per mitigare il rischio di involontariamente contribuire a questa instabilità nei paesi d'origine dei minerali, è importante menzionare che il 22 agosto 2012, la United States Securities and Exchange Commission (SEC) ha promulgato le regole finali relative ai "Conflict Minerals" ai sensi della Sezione 1502 della Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act, note come "Conflict Minerals Rules". Queste regole statunitensi impongono alle aziende che utilizzano o producono prodotti contenenti questi minerali (esclusi quelli provenienti da materiali riciclati o scarti) di tracciare e rendicontare l'origine di tali minerali attraverso un'indagine sulla Ragionevole Origine del Paese (Reasonable Country of Origin Inquiry, RCOI).
Sul versante europeo, il 17 maggio 2017 è stato introdotto il Regolamento (UE) 2017/821 (ora noto semplicemente come "Regolamento"), che è diventato operativo il 1° gennaio 2021. Questo Regolamento definisce i requisiti di due diligence per gli importatori nell'Unione Europea di stagno, tantalio, tungsteno e i loro minerali, nonché di oro proveniente da aree di conflitto o ad alto rischio. La legislazione dell'Unione Europea su questi minerali in conflitto segue il modello statunitense e richiede che tutti gli importatori europei di minerali e metalli contenenti stagno, tungsteno, tantalio e oro garantiscano il rispetto degli obblighi di due diligence da parte dei loro fornitori. Vale la pena notare che i materiali riciclati e i piccoli importatori (rappresentanti solo il 5% delle importazioni) sono esclusi da tali obblighi al fine di evitare eccessive complicazioni burocratiche.
L'obiettivo del "sistema dell'Unione", come definito all'articolo 1 del Regolamento (UE) 2017/821, è garantire la chiarezza e la sicurezza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione Europea che operano in "zone di conflitto o ad alto rischio" (articolo 1). L'articolo 2 del Regolamento fornisce una definizione di queste zone, quali "zone coinvolte in conflitti armati, aree fragili in ripresa dopo conflitti, o regioni con governance e sicurezza carenti o inesistenti, come Stati in dissesto o con sistematiche violazioni del diritto internazionale, incluse gravi violazioni dei diritti umani." È possibile identificare i paesi inclusi in queste categorie sul portale CAHRAs (Conflict Affected and High-Risk Areas) della Commissione Europea, che offre un elenco indicativo ma non esaustivo di paesi soggetti a conflitti o ad alto rischio. Questo elenco viene costantemente aggiornato in risposta alle mutevoli tensioni geopolitiche
In sintesi, il sistema dell'Unione Europea per la due diligence nella catena di approvvigionamento di minerali da zone di conflitto o ad alto rischio è stato concepito per rompere il legame tra l'instabilità nei paesi di origine e lo sfruttamento dei minerali. Gli importatori europei devono svolgere una valutazione iniziale dei rischi connessi all'approvvigionamento di materie prime provenienti da queste zone. In questo modo, possono valutare con attenzione la possibilità che queste materie prime contribuiscano al finanziamento di conflitti, al lavoro forzato o ad altri rischi come stabilito dal regolamento. Attraverso una rigorosa analisi della loro catena di approvvigionamento, queste imprese possono quindi garantire la gestione responsabile di tali rischi.
I due elementi chiave, dunque, cui si riferisce la disciplina del Regolamento UE per gli obblighi di due diligence sono: le zone di conflitto e i minerali. Se per le zone di conflitto la definizione viene fornita all’art.1 per i minerali oggetto di importazione da parte di impese degli Stati Membri, sensibili in quanto potenzialmente ricollegabili all’instabilità dei paesi di origine, il Regolamento rimanda all’Allegato 1 che distingue le materie prime in “minerali” nella parte A (minerali di tungsteno, minerali di stagno e minerali di oro e i loro concentrati), e in “metalli” nella parte B (Tantalati, Tungsteno polveri ecc.).
Obblighi di due diligence
Il testo del Regolamento stabilisce che i controlli sono obbligatori per gli importatori (articolo 1) quando il volume annuo di importazioni per ciascuno dei minerali o metalli interessati supera le soglie specificate nell'Allegato I, al fine di verificare la conformità alle norme di due diligence basate sulle linee guida dell'OCSE.
Gli obblighi che gravano sugli importatori unionali, al fine di verificare che ciò che acquistano sia prodotto in modo responsabile e non contribuisca ad alimentare i conflitti o altre attività illecite connesse, così come disciplinati dalle Linee Guida OCSE “Due Diligence Guidance for Responsible Supply Chains from Conflict-Affected and High-Risk Areas” sono distinguibili in: sistema di gestione interno, identificazione e valutazione dei rischi, gestione del rischio, audit e report sulla due diligence.
Il sistema di gestione interno si traduce innanzitutto nell’adozione di una policy interna per la “responsible supply chain” che possa stabilire un sistema volto a garantire trasparenza e tracciabilità per la supply chain dei minerali; la policy deve essere comunicata ai fornitori delle materie prime e deve altresì trovare riscontro all’interno dei contratti affinché siano rispettati i requisiti di due diligence.
Per quanto concerne l’identificazione e la valutazione dei rischi, questa si fonda sulla verifica dei fornitori, dei luoghi di provenienza, sulla miniera di origine nonché sulle rotte commerciali. I rischi individuati devono essere successivamente comunicati agli apicali - management – così da poter correggere i sistemi di gestione e controllo interni; laddove il rischio individuato risultasse grave, occorrerebbe valutare la possibilità di interrompere i rapporti con la controparte finché ulteriori approfondimenti possano risolvere i rischi inizialmente individuati. In seguito a questa attività, la gestione del rischio si traduce in un costante monitoraggio.
Tra gli obblighi imposti dal Regolamento vi sono quelli connessi alla realizzazione di audit da parte di soggetti terzi, come stabilito all’art. 6. In tale contesto, il legislatore unionale impone altresì un obbligo generale per i soggetti importatori di affidare a soggetti terzi indipendenti l’esecuzione di appositi audit finalizzati a valutare la bontà del sistema di gestione adottato, nonché della strategia di gestione del rischio; obbligo che tuttavia vede una deroga negli importatori di metalli dell’Unione che “sono esonerati dall'obbligo di affidare audit a soggetti terzi, a norma del paragrafo 1, a condizione che mettano a disposizione prove sostanziali, compresi audit svolti da soggetti terzi, che dimostrino che tutte le fonderie e le raffinerie della loro catena di approvvigionamento rispettano il presente regolamento”.
I soggetti obbligati dovranno infine comunicare costantemente con le autorità competenti, trasmettendo l’esito delle attività di audit e fornendo tutta la documentazione utile a dimostrare di avere adottato delle procedure conformi agli scopi della nuova normativa, ex 7, comma 1 infatti: “Gli importatori dell'Unione dei minerali o dei metalli mettono a disposizione delle autorità competenti dello Stato membro le relazioni relative a ogni audit realizzato da soggetti terzi indipendenti a norma dell'articolo 6 o una prova della conformità a un regime sul dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento riconosciuto dalla Commissione ai sensi dell'articolo 8”. Particolari obblighi di comunicazione sono inoltre previsti nei confronti - in caso di vendita - degli acquirenti, ai quali gli obbligati saranno tenuti a fornire tutte le informazioni raccolte e conservate all’esito dell’esercizio del dovere di diligenza nella propria catena di approvvigionamento.
Autonomia degli Stati membri
L’aspetto sicuramente più interessante e che comporta particolari riflessioni interpretative del Regolamento (UE) 2017/821, a parere di chi scrive, è quanto previsto all’articolo 8 (“I governi, le associazioni settoriali e altri gruppi di organizzazioni interessate che attuano regimi sul dovere di diligenza («titolari dei regimi») possono presentare domanda presso la Commissione affinché i regimi sul dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento da essi elaborati e controllati siano riconosciuti dalla Commissione. Tali domande sono accompagnate da adeguati elementi di prova e informazioni”). Le diverse realtà economiche e di impresa degli stati membri, rendono necessari schemi di due diligence “tailor made”. La ratio della previsione dell’art. 8 è quindi quella di garantire una maggiore efficacia nel raggiungimento delle finalità del Regolamento; le domande che possono avanzare le associazioni settoriali e i governi degli Stati membri per la definizione dei regimi di due diligence devono essere controllati e riconosciuti dalla Commissione che verifica il soddisfacimento dei requisiti posti dal Regolamento, assolvendo così una funzione nomofilattica.
Il comma 2 dell’art. 8 del Regolamento disciplina il modo in cui la Commissione può accogliere le proposte. In particolare, gli atti delegati della Commissione, adottabili conformemente alle condizioni stabilite all’art. 19, stabiliscono la metodologia e i criteri per il riconoscimento dei regimi di due diligence; qualora la Commissione dovesse ritenere soddisfatti i requisiti della proposta per il regime di due diligence applicabile alla catena di approvvigionamento dei minerali e metalli (sulla base di quanto previsto dal Regolamento), adotta gli atti di esecuzione che concedono a tale regime di due diligence il riconoscimento dell’equivalenza ai requisiti del Regolamento (UE) 2017/821.
Responsabilità
Il Regolamento (UE) 2017/821, all’art. 10, delega gli Stati Membri per la designazione dell’autorità competente ad assicurare l’applicazione effettiva e uniforme della disciplina. Nell’adempimento di questa funzione, le autorità nazionali sono responsabili dell’esecuzione di adeguati controlli ex post “allo scopo di garantire che gli importatori dell'Unione dei minerali o dei metalli adempiano agli obblighi conformemente agli articoli da 4 a 7” (art.11); al comma 3 del menzionato articolo 11 del Regolamento, vengono fornite da parte del legislatore europeo, indicazioni sui modi in cui questi controlli possono sostanziarsi (l'esame della documentazione e dei dati atti a dimostrare il rispetto degli obblighi, l'esame del rispetto degli obblighi in materia di esecuzione di audit, ispezioni nei locali dell’importatore).
Laddove dovessero essere accertate infrazioni, il Regolamento rinvia alle norme degli Stati membri, siano esse di natura amministrativa o penale. L’aspetto disciplinato dal Regolamento, in caso di infrazione, è tuttavia caratterizzato da un fattore riparativo, l’art. 16 infatti impone alle autorità competenti degli Stati membri di indicare le misure correttive che l’impresa importatrice di minerali deve adottare.
In Italia il 16 febbraio 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 13 (da ora decreto) recante la disciplina per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento. L’autorità nazionale designata dal menzionato decreto e competente per l’applicazione del Regolamento è il Ministero dello Sviluppo Economico.
La finalità correttiva cui all’art. 16 del Regolamento, trova applicazione all’art. 6 del decreto che prevede, in seguito all’accertamento di infrazioni da parte dell’Autorità, la comunicazione all’importatore delle prescrizioni relative alle misure correttive da applicare e gli specifici adempimenti.
All’art. 7 il decreto stabilisce una responsabilità amministrativa (da 5.000 euro a 20.000 euro) per coloro che non ottemperano alle richieste cui all’art. 5, comma 4 e 6 del decreto.
Conclusioni
In conclusione, il Regolamento (UE) 2017/821 rappresenta una pietra miliare nella promozione di una catena di approvvigionamento etica e responsabile per i minerali e i metalli provenienti da zone di conflitto o ad alto rischio. Benché possa sembrare un obbligo aggiuntivo per le imprese, offre in realtà opportunità significative.
Le imprese che abbracciano pienamente le pratiche di due diligence non solo rispettano la legge, ma costruiscono anche una reputazione di responsabilità sociale e sostenibilità. Questa reputazione può tradursi in un vantaggio competitivo, attirando consumatori consapevoli e investitori etici. Inoltre, le imprese che investono nella tracciabilità della catena di approvvigionamento spesso scoprono efficienze operative e miglioramenti nella gestione dei rischi.
L'UE ha reso chiare le aspettative per le imprese e ha fornito linee guida chiare sulle pratiche di due diligence. Questo non solo protegge i diritti umani e promuove la pace, ma crea anche un ambiente di business più equo ed etico.
In breve, il Regolamento (UE) 2017/821 può essere visto non solo come una sfida normativa, ma anche come un'opportunità per le imprese di dimostrare il loro impegno verso una catena di approvvigionamento globale più giusta e responsabile, migliorando al contempo la loro posizione sul mercato e la loro resilienza aziendale.