REVOCA DELLA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE
Note introduttive
Le norme di questo Titolo consentono la revoca della sentenza di non luogo a procedere e regolamentano la relativa procedura.
Il fondamento concettuale dell’istituto è la considerazione della sentenza di non luogo a procedere come il risultato di un accertamento di natura prevalentemente processuale, non fondata su una completa cognizione del merito e per ciò stesso non ostativa ad una nuova, e in ipotesi più completa, delibazione giurisdizionale.
A differenza di quanto previsto dall’art. 414 in tema di riapertura delle indagini, possibile a condizione che vi sia l’esigenza di nuove investigazioni, la revoca richiede un presupposto più robusto, cioè la sopravvenienza o la scoperta di nuove fonti di prova di tale consistenza da poter determinare il rinvio a giudizio dell’indagato.
Non è necessario che gli elementi di novità siano già stati acquisiti, essendo sufficiente la loro individuazione. Questa differenziazione è comunque rilevante poiché la già avvenuta giustificazione legittima la richiesta di rinvio a giudizio mentre la semplice individuazione consente soltanto la riapertura delle indagini.
La procedura prevista è pienamente e condivisibilmente conforme allo schema codicistico tipico: la richiesta compete al PM mentre la decisione, da emettersi nella forma dell’ordinanza, spetta al giudice, nella specie il GIP.
Si prevede un’udienza di tipo camerale (ammessa solo se il giudice non ritenga inammissibile de plano la richiesta) alla quale, in ossequio al principio del contraddittorio, hanno diritto di partecipare il PM istante, l’imputato e la parte offesa.
L’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta del PM è ricorribile per cassazione da questi.