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Il patto di famiglia è assoggettato all’imposta di donazione pesante

Corte di Cassazione
Corte di Cassazione

1. Premessa

2. Il patto di famiglia

3. Il caso

4. La motivazione dell’ordinanza

 

1. Premessa

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32823 del 19 dicembre 2018,  ha statuito alcuni  rilevanti principi in merito al trattamento fiscale, ai fini dell’imposta di donazione, da riservare ai trasferimenti oggetto del patto di famiglia.

Precisamente, la Suprema Corte, con la succitata ordinanza,  ha chiarito che il patto di famiglia è assoggettato all’imposta sulle donazioni  sia per quanto concerne il trasferimento dell’azienda o della partecipazione dal disponente al discendente, sia nel caso della corresponsione  di somma compensativa della quota di legittima da parte dell’assegnatario dell’azienda o della partecipazione sociale ai legittimari non assegnatari; tale ultima corresponsione è assoggettata all’imposta in base all’aliquota e alla franchigia relative non al rapporto tra il disponente e assegnatario, e neanche a quello tra disponente e legittimario, bensì a quello tra assegnatario e legittimario non assegnatario.

 

2. Il patto di famiglia

Prima di esaminare l’iter logico seguito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza in esame, appare opportuno inquadrare l’istituto civilistico del patto di famiglia.

Il patto di famiglia,  definito dall’articolo 768 bis codice civile, è il contratto con il quale, compatibilmente con le disposizioni in materia d’impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.

I contraenti del patto sociale, secondo quanto previsto dall’articolo 768 quater, comma 1 codice civile, sono non solo il disponente e beneficiario, ma anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari, ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore.

Sulla base del disposto ex articolo 768 quater, comma 2 codice civile, gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie sono, altresì,  tenuti a liquidare, in denaro od in natura, gli altri partecipanti al contratto, a meno che questi ultimi non vi rinunzino in tutto od in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote, così come previsto dall'articolo 536 codice civile e seguenti.

L'articolo 768 quater, comma 3 codice civile  dispone, inoltre, che i beni assegnati a seguito della stipulazione del contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell'azienda, secondo il valore attribuito pattiziamente, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti.

L'assegnazione può essere disposta anche mediante la stipulazione di un successivo contratto, a condizione che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purché vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo negozio o coloro che li abbiano sostituiti.

In ultimo, l’articolo 768 quater, comma 4 codice civile, prescrive che quanto ricevuto dai contraenti non può essere soggetto ad azione di collazione o di riduzione.

 

3.    Il caso

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza della CTR Lombardia, che ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione notificato a L.T e E.T in recupero solidale della maggiore imposta di donazione applicabile sulla somma corrisposta dal primo, L.T., alla sorella legittimaria E.T., a tacitazione e liquidazione pro quota  delle azioni a lui trasferite dalla madre.

In particolare, la CTR ha statuito che l’atto di liquidazione in denaro delle azioni dell’assegnatario L.T. alla legittimaria E.T. fosse avvinto da causa unitaria con la donazione avente a oggetto il trasferimento di tali azioni, integrando in sostanza anch’esso una donazione,  seppure indiretta, dalla madre disponente alla figlia; pertanto, secondo la CTR Lombardia, sull’atto di liquidazione in questione si applica l’imposta di donazione in ragione del 4% con franchigia di un milione di euro (articolo 2, co 48, lett. a), D.L. n. 262/06 conv. in L. n. 286/06 rubricato “diritti attribuiti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta”) e non, di converso,  l’imposta di donazione in ragione del 6% con franchigia di € 100.000 (articolo 2, comma 48 cit, lett. a bis): “diritti attribuiti a favore dei fratelli e delle sorelle”), come sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria.

L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, non condivideva la decisione della Commissione Tributaria Regionale di Milano e impugnava la sentenza di secondo grado contestando che il patto di famiglia non potesse essere considerato “un atto unitario di donazione”, essendo, al contrario, composto da due atti autonomi e distinti (tanto da poter essere perfezionati anche non contestualmente), così individuabili:

  • il trasferimento iniziale delle quote societarie a favore del discendente assegnatario;
  • il successivo atto di liquidazione in denaro effettuato dal discendente assegnatario in favore della sorella, legittimaria non assegnataria, da assoggettare  - diversamente da quanto stabilito dal giudice di seconde cure - all’imposta di donazione con aliquota del 6% (per la parte eccedente la franchigia di 100.000 euro), trattandosi, nel caso di specie, di un trasferimento intervenuto tra fratelli.

 

4. La motivazione dell’ordinanza

I Giudici di legittimità, dopo aver inquadrato il contratto in oggetto e individuatane la ratio, ossia  il fine  di agevolare il trasferimento di aziende o partecipazioni societarie, all’interno del gruppo familiare  al quale già appartengono, hanno analizzato la disciplina fiscale dell’istituto.

La Suprema Corte ha sottolineato che, sebbene sul punto le posizioni interpretative sono ancora diversificate in dottrina, la disciplina fiscale dell’istituto ne riflette la natura essenzialmente liberale e donativa; ciò, sia per quanto riguarda l’atto di trasferimento  aziendale dal disponente al discendente, sia per quanto attiene alle quote di liquidazione che quest’ultimo è tenuto a versare ai legittimari non assegnatari.

In riferimento al primo aspetto, l’articolo 3, comma  4 ter del D.lgs n. 346/1990,  inserisce il trasferimento dell’azienda o della partecipazione societaria a favore dei discendenti  del coniuge, “anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768 bis e seguenti del codice civile”, nell’alveo di operatività dell’imposta sulle donazioni, tranne poi  disciplinarne l’esenzione in presenza di determinate condizioni dichiarate (es. partecipazioni di controllo, prosecuzione dell’attività d’impresa e della detenzione per almeno cinque anni).

Per quanto riguarda il secondo aspetto, sovviene in aiuto l’articolo 58, comma 1 del D.lgs n. 346/1990, secondo il quale “gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”.

Tale disposizione normativa ben si adatta alla fattispecie di cui all’articolo 768-quater codice civile, stante la natura non corrispettiva ma di onere attribuibile ex articolo 793 codice civile all’obbligo dell’assegnatario di procedere alla liquidazione in denaro, oppure in natura, dei legittimari  non assegnatari.

Pertanto, dal punto di vista impositivo,  è considerata donazione non soltanto l’assegnazione dell’azienda, ma anche l’eventuale liquidazione a favore dei non assegnatari.

La liquidazione a favore dei non assegnatari ha natura modale, sebbene non imposta dal disponente ma prevista ex lege con richiamo agli artt.536 codice civile sulla successione dei legittimari, e trova fondamento nel carattere liberale originario del trasferimento.

Tuttavia, non appare ostativa all’applicazione dell’articolo 58 citato, la circostanza che quest’ultimo si riferisca alle prestazioni attribuite a soggetti “terzi”, atteso che predetta qualifica va riferita nella norma fiscale ai soggetti non destinatari della donazione diretta e “… non alla  necessaria estraneità dei medesimi al contratto e alla sua unitarietà di causa”.

Sulla base di tale iter logico, appurata la sottoposizione  del patto di famiglia all’imposta sulle donazioni, la Sezione Tributaria della Cassazione, si è pronunciata in merito all’applicazione, sulle quote di liquidazione, delle aliquote previste dall’articolo 2, comma 48, del convertito D.L. n. 262/06, per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti: - “a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento;- a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 6 per cento”.

La Suprema Corte, sebbene abbia ritenuto corretta la sentenza del giudice di seconde cure, nella parte in cui disciplina la tassazione in esame nell’ambito, appunto, dell’imposta di donazione, non ne condivide l’applicazione dell’aliquota e della franchigia di cui alla lett. a) dell’articolo 2, c. 48, D.L. n. 262/06, in luogo di quella prevista alla lett. a bis) del citato articolo 2, c. 48.

Giova rammentare, a tal proposito, che l’articolo 2, comma 48, D.L. n. 262/2006 stabilisce che i trasferimenti di beni e diritti - per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione - sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni:

  • con l’aliquota del 4%, se devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro( lett. a);
  • con l’aliquota del 6%, se devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro( lett. a bis);
  • con l’aliquota del 6%, se devoluti a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado (lett. b);
  • con l’aliquota dell’8%, se devoluti a favore di altri soggetti (lett. c).

I Giudici di legittimità, per dirimere il contrasto relativo all’aliquota e la franchigia  dell’imposta di donazione da applicare al caso de quo, hanno osservato che, con il patto di famiglia, l’imprenditore può ,eccezionalmente, anticipare gli effetti attributivi e divisionali, corrispondenti a quelli successori, con esclusivo riferimento alla particolare tipologia di beni individuata dall’articolo 768 bis codice civile(aziende e partecipazioni societarie); ciò, invece, non accade per tutti gli altri cespiti del suo patrimonio, riguardo ai quali il divieto di patto successorio non trova alcuna limitazione.

A parere della Suprema Corte, da ciò ne discende che “... lo stesso denaro (o bene in natura) necessario alle quote di liquidazione non può che provenire dall’assegnatario, non già dal disponente (articolo 768 quater” gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare …”). Il che basta a inficiarne l’assunto secondo cui l’aliquota (e la franchigia) dell’imposta di donazione in concreto applicabile sarebbe quella prevista in relazione al disponente, invece di quella prevista nel rapporto assegnatario-legittimario”.

Per tale ragione, nell’ambito di tale controversia tributaria, la Corte di Cassazione, con la suddetta ordinanza, ha concluso, enunciando  il seguente principio: “il patto di famiglia di cui agli articoli 768 bis cod. civ. e ss. è assoggettato all’imposta sulle donazioni per quanto concerne sia il trasferimento dell’azienda o della partecipazione dal disponente al discendente (fatto salvo il ricorso delle condizioni di esenzione di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, articolo 3, comma 4 ter), sia la corresponsione di somma compensativa della quota di legittima dall’assegnatario dell’azienda o della partecipazione ai legittimari non assegnatari; quest’ultima corresponsione è assoggettata ad imposta in base all’aliquota ed alla franchigia relative non al rapporto tra disponente ed assegnatario, e nemmeno a quello tra disponente e legittimario, bensì a quello tra assegnatario e legittimario”.