La responsabilità pro quota dei soci della società estinta  anche in caso di mancata distribuzione degli utili

Cass. Civile, V Sez. Tributaria, ordinanza n. 25108 del 23-08-2023
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La responsabilità pro quota dei soci della società estinta  anche in caso di mancata distribuzione degli utili

 

Cass. Civile, V Sez. Tributaria, ordinanza n. 25108 del 23-08-2023

 

“In tema di responsabilità dei soci di una società a base ristretta, la circostanza che non ci sia stata distribuzione degli utili da parte della società non esclude l’interesse dell’Agenzia delle entrate ad accertare la responsabilità del socio, essendo risultati, all’esito dell’accertamento nei confronti della società, utili comunque distribuibili”.

È con tali parole che la Corte di Cassazione - Sezione Tributaria – con la recente ordinanza n. 25108 del 23 agosto 2023, ha chiarito che i soci risultano responsabili verso il Fisco nei limiti della quota posseduta, anche qualora gli utili accertati non sono stati distribuiti al socio della società estinta. La mancata distribuzione degli utili da parte della società, invero, non esclude l’interesse dell’Erario ad accertare la responsabilità dei soci.

La questione al vaglio degli Ermellini trae origine dalla sentenza n. 315/03/16, depositata il 17 maggio 201617/05/2016, con cui l’allora Commissione Tributaria Regionale delle Marche accoglieva parzialmente l'appello proposto dal contribuente in relazione ad un avviso di accertamento per IVA anno d'imposta 2007. Con l'avviso di accertamento impugnato l'Amministrazione finanziaria aveva proceduto alla rideterminazione del reddito della società agendo nei confronti dei soci in ragione dell'estinzione dell’ente, a seguito della cancellazione dal registro delle imprese.

La C.T.R. di Ancona accoglieva parzialmente l'appello proposto dai soci, evidenziando, che:

a) l'azione esperibile nei confronti dei soci poteva essere esercitata nei limiti degli utili distribuiti;

b) nel caso di specie, si doveva presumere che gli utili determinati a seguito dell'accertamento fossero stati distribuiti tra i soci in proporzione della rispettiva quota, con conseguente correttezza dell'azione esperita nei confronti dei soci.

Avverso la suddetta sentenza della C.T.R., il contribuente proponeva ricorso per cassazione.

Così ricostruiti i fatti di causa, è opportuno osservare come la pretesa fiscale alla base della pronuncia in esame investa la più ampia questione del fenomeno della "successione" del socio alla società estinta.

La questione affrontata dai giudici della legittimità non è meramente teorica, bensì è foriera di conseguenze sul piano pratico, dal momento che impatta sul delicato problema che può essere racchiuso nell’interrogativo seguente: CHI PAGA I DEBITI DELLA SOCIETA’ CANCELLATA?”.

La vita di una società, com’è noto, non termina sempre al momento della cancellazione dal Registro delle Imprese. Infatti, deve essere sempre tenuta in debita considerazione la responsabilità patrimoniale dei soci della società cancellata per il pagamento delle imposte.

I soci, gli amministratori o liquidatori, infatti, possono essere portatori di profili di responsabilità parziaria o solidale per i debiti tributari e per le possibili sanzioni amministrative pecuniarie.

Norma di riferimento è l'art. 2495 c.c., il cui comma 2 testualmente dispone che: "Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi";

Lo scarno tessuto normativo dell’art. 2495 c.c.  non sembra autorizzare la conclusione che, con l'estinzione della società derivante dalla sua volontaria cancellazione dal registro delle imprese, si estinguano anche i debiti ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo sicche' è del tutto naturale immaginare che questi debiti si trasferiscano in capo a dei successori e che, pertanto, la previsione di chiamata in responsabilità dei soci operata dal citato art. 2495 implichi, per l'appunto, un meccanismo di tipo successorio,

 La ratio della norma prima citata, d'altronde, secondo la migliore giurisprudenza (cfr. Cass. Civile, n. 31904 del 05/11/2021 Sez. V) palesemente risiede proprio in questo: nell'intento d'impedire che la società debitrice possa, con un proprio comportamento unilaterale, che sfugge al controllo del creditore, espropriare quest'ultimo del suo diritto.

Ma questo risultato si realizza appieno solo se si riconosce che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo i limiti di responsabilità nella medesima norma indicati. Il dissolversi della struttura organizzativa su cui riposa la soggettività giuridica dell'ente collettivo fa naturalmente emergere il sostrato personale che, in qualche misura, ne è comunque alla base e rende perciò del tutto plausibile la ricostruzione del fenomeno in termini successori.

La responsabilità dei soci trova giustificazione nel carattere strumentale del soggetto società - venuto meno questo, i soci sono gli effettivi titolari dei debiti sociali nei limiti della responsabilità che essi avevano secondo il tipo di rapporto sociale prescelto.

Persuade di ciò anche il fatto che il debito del quale, in situazioni di tal genere, possono essere chiamati a rispondere i soci della società cancellata dal registro delle Imprese non si configura come un debito nuovo, ma si concreta nel medesimo debito che faceva capo alla società ormai estinta, conservando intatta la propria causa e la propria originaria natura giuridica.

Si osserva, ancora, che quando il debitore è un ente collettivo, non v’è ragione per ritenere che la sua estinzione non dia ugualmente luogo ad un fenomeno di tipo successorio, sia pure sui generis, che coinvolge i soci ed è variamente disciplinato dalla legge a seconda del diverso regime di responsabilità da cui, pendente societate, erano caratterizzati i pregressi rapporti sociali.

Tutto ciò chiarito, la Corte di Cassazione conclude statuendo che nel caso in esame, la C.T.R. di Ancona ha correttamente applicato la presunzione che gli utili determinati a seguito dell’accertamento fossero stati distribuiti dai soci in proporzione delle rispettive quote, con conseguente correttezza dell’azione esperita nei confronti dei soci.

La Suprema Corte, inoltre,  ha chiarito che” Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtu' del quale l'obbligazione della società non si estingue – ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale - ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali”.

Alla luce di siffatte considerazioni, quindi,  i giudici della legittimità hanno fatto buon governo dei principi già espressi dalla giurisprudenza maggioritaria, stabilendo che i soci di una società di capitali a base ristretta estinta rispondono dei debiti societari pro quota, in relazione ai relativi titoli di partecipazione, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione, sicche' l’Agenzia delle Entrate ha interesse a procurarsi un titolo nei confronti dei soci della società estinta, a prescindere dall'utile partecipazione di essi alla ripartizione finale, potendo comunque residuare beni e diritti (quali, ad es., utili extracontabili) che, ancorché non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione, si siano trasferiti ai soci ( CFR. Cass. n. 26758 del 12/09/2022 e Cass. n. 2 del 04/01/2022).

Le questioni concernenti l'effettiva percezione degli utili da parte dei soci della società estinta non sono idonee a paralizzare il superiore interesse dell’Erario, sicche' le stesse possono essere fatte valere dal socio solo in sede di riscossione.

La circostanza che non ci sia stata distribuzione degli utili da parte della società non esclude l'interesse dell’Agenzia delle Entrate ad accertare la responsabilità del socio, essendo risultati, all'esito dell'accertamento nei confronti della società, utili comunque distribuibili.  

Resta salva ogni questione concernente l'effettivo percepimento di detti utili, che potrà essere posta solo in sede di riscossione.