Bancarotta fraudolenta: i vantaggi compensativi della società fallita ex art. 2634 c.c. escludono la natura distrattiva

Bancarotta fraudolenta: i vantaggi compensativi della società fallita ex art. 2634 c.c. escludono la natura distrattiva
La Cass. pen., sez. I, sent. n. 11955/2025 si è pronunciata sulla natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo, che può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti negativi della società fallita
La Prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con sent. n. 11955/2025, ha riaffermato il principio giurisprudenziale secondo il quale: i vantaggi compensativi che riequilibrano gli effetti negativi per la società fallita, e neutralizzano gli svantaggi per i creditori sociali, escludono la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo. Sul punto si era già espressa la stessa sezione con sent. n. 18333/2023.
Al contempo, tuttavia, ha specificato la Corte che, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un'operazione di trasferimento di somme da una società ad un'altra, non è sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria a un medesimo "gruppo". È doveroso dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute – nella logica e nell'interesse di un gruppo – ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi per la società apparentemente danneggiata derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo (si veda sul punto: sez. 5, n. 47216/2019). La disciplina dei vantaggi compensativi è prevista dal terzo comma dell’art. 2634 del Codice civile, secondo il quale «In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili».
La Corte, pertanto, ha valutato la sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione sulla mancanza di prova della esistenza di un vantaggio compensativo.
L’assenza di prova riguardo all’esistenza di un vantaggio compensativo, inoltre, è stata ritenuta sufficiente a rendere evidente la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione: il dolo distrattivo.
Ancora, la Corte ha specificato la differenza tra le ipotesi di bancarotta semplice, di cui all’art. 217, c. 1, n. 2 della legge fallimentare, e bancarotta fraudolenta di cui all’art. 216, comma 1, n. 1 della legge fallimentare.
Mentre per integrare il primo delitto l’agente deve porre in essere «operazioni di manifesta imprudenza», dovute a una gestione imprudente e sconsiderata dei beni aziendali, ma pur sempre realizzati nell’interesse dell’impresa, il più grave delitto di bancarotta fraudolenta è integrato quando è del tutto inesistente la prova di un vantaggio per la società.
Testualmente, il Supremo Consesso ha affermato: «L'esistenza di un vantaggio, o almeno di un interesse della società depauperata, pertanto, è elemento di discrimine tra la condotta di bancarotta fraudolenta per distrazione e quella di bancarotta semplice, in cui il danno per la società deriva da un errore di valutazione, da parte dell'agente, circa la possibilità di realizzare tale interesse con l'operazione aleatoria compiuta. Quando, come nel presente caso, non è accertata la sussistenza di un interesse della società depauperata nell'operazione compiuta, e non è provata neppure la ipotizzabilità di un potenziale vantaggio per essa, l'operazione consistita nel sottrarle le risorse necessarie per pagare i suoi già elevati debiti costituisce senza dubbio una condotta distrattiva, ai sensi dell’art. 216, comma 1, n. 1), della legge fallimentare»