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La domanda di valore

Tramonto
Ph. Antonio Zama / Tramonto

La novità

L’avvento del Covid-19 ha spazzato via le credenze del Novecento: è abbandonata l’idea di poter localizzare le cose. Da dove arriva il virus? Dove esattamente si contrae l’infezione? E quando? Il Novecento sembrava concludersi con la guerra sferrata dal nemico invisibile alla libertà di viaggiare, per esempio con l’irruzione dell’Islam in Occidente, quell’11 settembre 2001. Uno squarcio è avvenuto ancora all’inizio del nuovo millennio in cui nulla sarà più come prima. Non reggono gli stereotipi utilizzati finora, perché la vita esige altri modi e esige un altro cervello, il cervello che si dispone alla novità.

Quali sono allora i modi e i termini per avviare un altro modo del ragionamento e per l’intrapresa? Il brainworking concerne questo altro modo di fare e di intraprendere attraverso la disposizione alla novità nella vita di ciascuno, ma anche nelle istituzioni e nelle imprese.

La novità interviene dicendo e facendo, ma questo fare procede dall’apertura, non dagli stereotipi, non si conforma al luogo comune. Il brainworking instaura i termini e i modi perché le cose, dicendo e facendo, entrino in una trasformazione incessante, che procede per integrazione e non per unificazione, per significazione. Questo avviene nel sociale, nel luogo comune, nella burocratura, in cui è escluso quanto non risponde ai canoni.

Consideriamo Machiavelli, il quale distingue fra i tre cervelli, il più eccellente quello che discerne, ragiona e intende. Con il brainworking interviene il cervello come disposizione alla novità. Questa disposizione si precisa lungo una nuova pratica di parola come pratica d’invenzione, pratica d’ingegno in cui “La industria vale più che la natura” (Niccolò Machiavelli).

 

Il lavoro del cervello artificiale

Questa pratica esige il lavoro. Ma di quale lavoro si tratta? Il lavoro si specifica come lavoro del nome, per esempio. Mario Veronesi, con cui ho avuto l’onore di collaborare, imprenditore e fondatore del secondo polo biomedicale al mondo, ha fondato la Bellco a Mirandola nel 1972, traendo il nome della sua industria dalla crasi di “bella compagnia”, tramite cui vendeva i prototipi innovativi dei reni artificiali. Un nome lavora e prende vie impensabili, perché il cervello inventa attraverso l’articolazione della mano.

Di quale cervello si tratta, allora? Un altro cervello, non più organo biologico, naturalistico, ma il cervello come dispositivo di parola, che va in direzione della qualità: il cervello artificiale. Per quale via? Attenendosi al progetto e al programma propri a ciascuno, a ciascuna impresa e a ciascuna istituzione. Del progetto intendiamo qualcosa soltanto dopo che abbiamo incominciato a fare, non prima, perché non è possibile pianificare la novità e l’invenzione. Cervello artificiale, ingegneristico dunque quello che interviene con il brainworking. Nel brainworking, l’incontro e l’interlocuzione intervengono sul terreno linguistico nel processo industriale narrativo.

 

La domanda di brainworking

Ma a quale domanda risponde il brainworking? Molti pensano che la domanda sia una richiesta e che occorra rispondere. La domanda rivolta all’analista o al maestro, per esempio. Ma questa è un’idea gnostica e iniziatica della domanda, intesa come viatico per andare dalle tenebre alla luce, alla conoscenza, di sé o dell’Altro.

Lungo l’incontro con il brainworker non si tratta di domandante e di domandato, perché la domanda si rivolge alla qualità assoluta, è la rivoluzione verso la cifra. La domanda è la rivoluzione in atto, attraverso la ricerca e l’impresa che intervengono per ciascuno nel brainworking. Il processo linguistico di valorizzazione dell’esperienza con il brainworker è processo rivoluzionario. In questa rivoluzione, la domanda non si collega alle parole latine quererepetere, né al chiedere per ottenere né al chiedere per sapere.

Questa domanda non concerne la richiesta. Non è richiesta di aiuto, né è giustificata da una mancanza che occorra colmare e nemmeno mira alla risposta per quietare, normalizzare o sedare il cervello. Questo cervello esige il servizio ingegneristico, servizio intellettuale, specifico per ciascun atto della vita che non sia standard, già predestinata dalle categorie sociali e professionali.

 

Accogliere l’Altro, non altruismo

Domandare: manum dare è la domanda che esige un’altra mano, la mano ingegneristica, la mano propria al cervello non naturale, che non interviene per il bene di sé o dell’Altro, per l’altruismo. L’altruismo è gnostico. L’ospitalità, l’accoglienza dell’Altro, non è gnostica, ma pragmatica.

L’ospitalità del brainworking non procede per galatei di sorta, né professa il buon senso, il consenso e il senso comune. Il brainworker non indossa l’abito conformista, ma si attiene all’ospitalità propria della disposizione alla novità e instaura dispositivi che “mettano in moto” i talenti. È una Motor Valley nuova, che non conosce crisi e che non rischia la svendita, ma la riuscita. I talenti non si conoscono prima di fare, ma si trovano lungo l’occorrenza, in modo inaudito. Come del resto dimostra la vicenda delle invenzioni.

Chi dà una mano? Questa mano esclude il dialogo. La domanda di brainworking instaura non il dialogo, ma il dispositivo dell’ingegneria della vita. Siamo abituati a credere che ci sia chi domanda e chi offre, ma l’offerta non risponde a questo canone.

Nel caso del brainworking non si tratta del funzionario esperto nel dire cosa fare per salvarsi. Chi è nella logica della salvezza è già perduto, perché è già pronto alla delega del cervello. E non c’è partita e non c’è gioco. Non c’è scommessa, non c’è rischio e non c’è riuscita. La domanda non è la ricerca propria a chi domanda: dov’è l’uscita? Dov’è la formula? Dov’è la ricetta? Altra la scommessa di riuscita, altre la strategia e la politica che intervengono nel dispositivo del brainworking.

 

Domanda di valore

Manum dare. Più che dare una mano, il brainworker instaura dispositivi secondo la mano, la logica particolare, avvalendosi del cervello come dispositivo del fare, il cervello artificiale del fare secondo l’occorrenza. La domanda in questo caso è domanda di valore: la domanda particolare a ciascuno che va in direzione del valore assoluto delle cose che si fanno, dunque della vita.