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Ucraina: la guerra e la casa della parola libera

Majdan Nezaleznosti (Piazza dell'Indipendenza), Kyiv
Majdan Nezaleznosti (Piazza dell'Indipendenza), Kyiv

Bologna, 24 febbraio 2022, ore 14.00.

Sono appena rientrata dall’incontro con uno degli imprenditori con cui collaboro.

L’imprenditore è libero, ha scommesso sulla sua impresa per essere indipendente dallo Stato, quindi non può tollerare che un paese libero come l’Ucraina sia invaso da un altro paese che da oltre vent’anni ha alla sua guida sempre lo stesso leader politico. Una cosa che fa impallidire persino le pietre che restano visibili al turista del Muro di Berlino. Ma questo imprenditore commercia con il paese di quel dittatore e ora deve fare i conti con i costi dell’energia saliti alle stelle. Costi di cui, già dopo il referendum contro il nucleare, i governi italiani non hanno più tenuto conto, presi dal loro verde proselitismo suicida.

Alla radio hanno dato da poco la notizia dell’invasione di Kiev, già annunciata alcuni giorni fa da Vladimir Putin, e per le strade circolano commenti sconcertati: “Putin l’ha detto e l’ha fatto! È già arrivato a Kiev!”. Ma qualcuno dice che poco importa, finché il problema dell’energia grava sulle PMI italiane, tanto quell’imprenditore è uno sporco capitalista e quindi chissenefrega se poi chiude l’azienda.

Ma quell’imprenditore stamattina era inquieto, perché a causa di questi aumenti deve incominciare a mettere a casa alcuni dei suoi dipendenti, mentre i suoi camionisti devono consegnare la merce e invece bloccano le strade d’Italia, per protestare contro i continui aumenti del costo del gas. Qualcun altro borbotta, addomesticato sulla poltrona di casa che è già diventata un divano: “Chissenefrega se le merci non arrivano in negozio! Tanto, ce le consegnano lo stesso Amazon e Alibaba”. Peccato che anche questi giganti del commercio elettronico si debbano avvalere di camion per le consegne nelle città, sempre più intasate dal traffico e dall’inquinamento.

Un amico mi ha appena inviato un messaggio di esultazione per l’invasione russa dell’Ucraina. E penso a quel ragazzo ucraino che ho incontrato nel 2019, paralizzato in un letto di ospedale da quando era incominciata l’invasione della Crimea e poi del Donbass.

Anche allora incontravo imprenditori e associazioni civiche, gli amici che ho trovato lungo il mio viaggio. Ma, oggi, non c’è sgomento che tenga e a quegli amici che m’indicavano Putin come l’uomo forte che si era “convertito”, che era stato “redento” e che avrebbe difeso l’Italia da un’America imperialista o dall’Europa urkommunista, dico che la paura rende mercenari. Chi accetta di essere mercenario accetta l’invasione della dittatura della paura nella propria casa, e chiama “salvezza” questa invasione.

Allora, avevo inaugurato lo speciale Ucraina nella mia rivista, accogliendo testimonianze di cittadini, imprenditori e uomini di chiesa – la Chiesa greco-cattolica ucraina è unita al vescovo di Roma, quindi la sua più alta autorità è Papa Francesco, a differenza di quanto avviene nella Chiesa ortodossa russa – che lavoravano in Italia e al cui paese d’origine, per dir così, l’Ucraina, era stata scippata l’indipendenza.

Lungo quella scommessa, ho incontrato una mamma che accudiva il giovane figlio in un ospedale d’Italia, condannato per sempre a vivere in un letto, quasi completamente paralizzato. Non posso immaginare il dolore che oggi quell’uomo prova, immobile e ancora più ferito nel suo letto di ospedale, ora la sua casa. Di questo giovane resta la testimonianza, perché nessuno dimentichi come si trova un paese che è in pace, che ha scelto di stare a occidente, all’indomani del crollo dell’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, e che era stato costretto a rastrellare giovani e meno giovani, donne e perfino bambini quando era arrivato l’attacco armato della Russia nel 2014, per impiegarli nelle zone di guerra e difendersi in ogni modo e con ogni mezzo. Ma, allora, passò la vulgata che erano stati i separatisti di loro sponte a pretendere la libertà dal governo di Kiev, libertà che soltanto la Madre Russia poteva garantirgli.

Il ragazzo che ho incontrato aveva venticinque anni e quando in Ucraina sono iniziati i problemi con la Russia, dopo la rivoluzione di Maidan, nessuno si aspettava l’attacco. Quel ragazzo aveva incominciato da poco il servizio di leva, ma non avevano fatto in tempo a insegnargli a sparare e lui aveva svolto studi d’arte: fu colpito per errore da una recluta durante la loro prima difesa armata, resasi necessaria in seguito all’invasione violenta. Da quel momento era stato per vari mesi in rianimazione ed era stato sottoposto a diversi interventi per avere la possibilità di parlare e di respirare, fino a quando non era poi arrivato in Italia.

Nelle settimane della prima invasione dell’Ucraina, nel 2014, un noto imprenditore italiano mi disse che Putin poteva prendersi anche tutta l’Ucraina, bastava che l’Europa non lo facesse arrabbiare perché poi le nostre imprese – e quindi gli italiani – avrebbero pagato a caro prezzo la smorfia di fastidio del dittatore.

Poi, pure un amico diplomatico mi disse “bonariamente” che l’Europa non doveva fare arrabbiare Putin, perché così facendo il governo di Bruxelles l’avrebbe spinto nelle braccia della Cina, anziché avvicinarlo all’occidente.

Poi, ancora, una fra le associazioni civiche di Bologna si affrettò a invitare un diplomatico russo per raccogliere la testimonianza “vera” della strategia di Putin, il salvatore dell’Europa democratica e dell’Italia.

Al club proposi allora di ospitare anche una testimonianza differente, ma questo non avvenne.

Non mi arresi.

In quella stessa occasione, proposi la vendita dei libri di Boris Nemtsov, quelli pubblicati da Spirali quando altri editori nicchiavano, per paura di ritorsioni (che pure alla Spirali non sono mai state risparmiate). Il relatore ospite, filoputinista (qualcuno corresse: “figlio di puttana”), disse perfino che quelli erano i libri di “uno” che non era un intellettuale, ma un prezzolato e un puttaniere.

Io continuavo a sventolare i libri di Nemtsov, citando, pagina per pagina, punto per punto, tutte le schifezze che Putin stava facendo ai cittadini russi dissidenti, calpestando il diritto e la giustizia. Quando in Italia fu ammazzato Giacomo Matteotti, almeno Mussolini aveva avuto l’onestà intellettuale di riconoscere che, se non aveva commissionato l’assassinio, però lui ne era stato il mandante indiretto.

Putin, invece, aveva negato ogni addebito di responsabilità, nonostante continuasse a fare ammazzare giornalisti e intellettuali a colpi di dosi di veleno (perfino nella torta che una figlia donava al padre) e incarcerasse gli industriali non allineati, acquisendo le loro aziende come proprietà di Stato.

Dalle pagine della casa editrice Spirali, Nemsov aveva gridato al mondo che il problema non erano i russi (popolo straordinario e dagli scrittori insuperabili, come potete leggere nei libri di Vladimir Maksimov, in particolare in Nomade fino alla morte, Spirali), ma il problema è la nuova dittatura del putinismo.

Il 27 febbraio 2015 venne ammazzato da “ignoti delinquenti” di fronte al Cremlino. “Sì, questa è quella che ci raccontano adesso: che Gesù Cristo è morto di freddo!”, mi aveva detto Arturo Diaconale, quando ero andata a Roma nella redazione de “L’Opinione”, durante gli anni della collaborazione con il quotidiano. Nei giorni successivi al violento assassinio, il giornalismo di partito osava pubblicare le foto del dissidente circondato da amici, fra cui anche belle donne, introducendo il sillogismo che, se quell’uomo era dedito a certi vizi, non era credibile nelle sue accuse al putinismo e ancora meno nelle sue considerazioni, secondo cui Putin si poteva fermare soltanto bloccandogli i flussi di denaro, caratteristica del putinismo e di certo cretinismo europeo.

Forse quei flussi non sono stati ancora bloccati, perché anche in Italia non mancano quelli che ancora oggi se ne giovano.

Alla conclusione di quella conferenza pro-Putin, mi venne incontro una signora per stringermi la mano. Era stata la moglie del giuslavorista bolognese ammazzato dalle Nuove Brigate Rosse, mentre rientrava a casa. Nel giorno in cui fu ammazzato Nemtsov, stuoli di giornalisti mandarono in onda la notizia che era morto un oppositore di Putin, ma di discutibile fama. Come spesso – ma non sempre – accade anche allora furono tanti quelli che scelsero di omologarsi al pettegolezzo, come fece il direttore di un quotidiano che aveva preferito ignorare la pubblicazione delle testimonianze di Nemtsov che gli offrivo, attraverso i suoi libri.

Ma la testimonianza di Nemtsov restava, resta e resterà ancora per l’eternità disponibile a chi non è indifferente in materia di umanità, a chi non è mercenario, a chi non accetta la dittatura della paura, a chi per questo non accetta l’idea di trovare il suo salvatore.

Qualche anno dopo, nel 2019, avevo promosso un convegno, in cui presentavo il libro di Massimiliano Di Pasquale, Abbecedario ucraino, edito da Gaspari, che documenta come la storia dell’Ucraina partecipi storicamente alla storia dell’occidente, contrariamente a quanti continuano a credere all’Ucraina dépendance della Russia, confermando per questa via il diritto di conquista che vantano sempre tutti i dittatori, infischiandosene del cosiddetto “diritto di autodeterminazione dei popoli”.

Oggi, accendo la radio e ascolto un celeberrimo, a detta del giornalista, costituzionalista che invoca l’articolo 11 della Costituzione “L’Italia ripudia la guerra”, riconoscendo la pace come principio della legge fondamentale dello Stato. Ma la pace non è un principio e tanto meno una legge fondamentale. Non c’è pace che tenga se la bontà a spese altrui è la massima complice della guerra contro l’Altro!

Allora, nel 2014, mentre venivano ammazzati gli ucraini che speravano di essere difesi da un’Europa libera, non furono ascoltati i dissidenti russi e gli intellettuali italiani non allineati che presagivano le ragioni della guerra al putinismo. La sordità prendeva come pretesto il fatto che bisognava considerare le ragioni degli europei che non si riconoscono nell’Europa burocratica e quelle della nostra economia. Ma la ragione e il diritto non sono la tutela dei propri interessi, sono la ragione e il diritto dell’Altro, del terzo, del fare.

Stamattina, con l’ingresso delle truppe di Putin a Kiev abbiamo la conferma una volta di più che, se la trasformazione non è prima culturale, poi economica e dopo politica, non c’è pace per nessuno!

Nella sua lettura di Niccolò Machiavelli, non era sfuggita ad Armando Verdiglione la critica che il segretario fiorentino aveva mosso contro i suoi concittadini, dinanzi all’avanzare delle truppe francesi di Carlo VIII, che conquistavano Firenze senza colpo ferire: “Molte volte, per la paura solamente, sanza altra esperienza di forze, le città si perdono”.

Quelle città sono oggi ancora le nostre? e la “paura solamente” ha già invaso le nostre case? Con l’invasione dell’Ucraina, la nostra casa è divenuta già luogo del domestico? È la casa della paura, tolto l’Altro?

L’Ucraina è l’Europa.

E l’Europa dei cittadini non è indifferente in materia di umanità, in materia di diritto dell’Altro che è ignorato da chi predica le ragioni del putinismo, l’uomo forte che ci salverebbe dall’Europa delle burocrazie. La casa, oggi, ha la chance di aprire le sue porte e le sue finestre per ascoltare la testimonianza di Boris Nemtsov, ancora vibrante nei suoi libri, e respirare l’aria della parola che non rinuncia alla guerra della parola libera.

Boris Nemtsov ha pubblicato con Spirali:

  • Disastro Putin. Libertà e democrazia in Russia (2009)
  • L’inafferrabile Russia. Confessione di un ribelle (2008)

Inoltre, consiglio la lettura dei libri di:

  • Armando Verdiglione, Niccolò Machiavelli, Spirali
  • Vladimir Maksimov, Nomade fino alla morte, Spirali
  • Massimiliano Di Pasquale, Abbecedario ucraino, Gaspari