Le detrazioni per carichi di famiglia: novità per coloro che non sono cittadini italiani o europei

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Le detrazioni per carichi di famiglia: la legge di fine anno discrimina i non cittadini europei

 

Le detrazioni per carichi di famiglia disciplinate dall’art. 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi sono state oggetto di un singolare intervento normativo. Il legislatore con la  legge di bilancio per il 2025 ha aggiunto nell’art. 12 cit. un comma 2-bis nel quale esclude che della detrazione possano godere i contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai familiari residenti all’estero.

La norma che, come è stato prontamente osservato, di fiscale ha poco, viola palesemente il principio di non discriminazione visto che differenzia i soggetti che si trovino nelle identiche situazioni in base al requisito della nazionalità.

 

Detrazioni per i cittadini extra UE: il precedente normativo

Prima di soffermarci sulla disposizione di recente introdotta, vale la pena rammentare  che il legislatore nella L. di bilancio per il 2007 (L. n. 296 del 2006, art. 1, co. 1325 e ss.)  aveva introdotto una previsione ad hoc con la quale stabiliva le  modalità   per la richiesta delle  detrazioni  per carichi di famiglia da parte dei soggetti extracomunitari fiscalmente residenti in Italia. Il problema che si intendeva risolvere era di natura probatoria visto che veniva precisata la tipologia di documentazione che il contribuente extra Ue residente in Italia avrebbe dovuto esibire per attestare lo status di familiare a carico (sia che fosse residente o meno) per il quale chiedeva di fruire della detrazione ex art. 12.

La novità della legge di bilancio 2025: ben diversa la previsione introdotta con l’innovativo comma 2-bis della quale, anche se entrata in vigore il 1° gennaio 2025, i contribuenti faranno applicazione nella dichiarazione del prossimo anno e cioè in Unico 2026 relativo ai redditi 2025.

Le detrazioni disciplinate al primo comma dell’art. 12 cit.  non potranno più essere fruite dai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai familiari che siano residenti all’estero.

In definitiva il contribuente Irpef residente in Italia, cittadino italiano, di altro Stato membro dell’UE o di uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo  può godere delle detrazioni per carichi di famiglia in relazione ai familiari residenti all’estero mentre il contribuente Irpef che sebbene risieda in Italia,  non ha la cittadinanza italiana o degli altri Stati indicati (per brevità da ora in poi lo definiremo cittadino extra UE),  anche se residente in Italia e quindi contribuente Irpef secondo il principio del world wide income  taxation (il c.d. principio della tassazione mondiale che riguarda per l’appunto i residenti consentendo al fisco di colpire i redditi del residente ovunque prodotti) non potrà godere delle citate detrazioni per i familiari residenti all’estero.

A differenza della scelta operata in passato  che,  come si è ricordato,  aveva una motivazione chiaramente probatoria, la scelta operata dal  legislatore nella Legge di Bilancio per il 2025 va ben oltre:  a parte la deroga ai principi cui si informa la tassazione reddituale per la quale la cittadinanza non assume mai rilievo, visto che è la residenza il cardine su cui si fondano i sistemi di tassazione, essa ha come risultato quello di discriminare in maniera incomprensibile tra i  contribuenti residenti i cittadini europei in senso lato e quelli non europei.

Se per il residente, cittadino europeo, la fruibilità delle detrazioni per carichi di famiglia non incontra limitazioni anche se il coniuge o i figli sono residenti all’estero,  e a dire il vero  anche se non è residente può godere delle detrazioni per carichi di famiglia (seppure alle condizioni più stringenti previste nel comma 3 dell’art. 24del T.U. II.DD.), l’unico discriminato sarà il contribuente residente cittadino extra UE. Anche se il reddito che produce in Italia o all’estero (visto che per i residenti vale in via di principio la regola della tassazione del reddito mondiale, salvo poi quello che prevedono le convenzioni contro le doppie imposizioni) viene tassato in Italia in maniera piena così come nei confronti di qualsiasi altro residente, nel caso in cui il coniuge o i figli siano residenti all’estero, egli non potrà godere delle detrazioni anche se di fatto sostiene le spese per il loro mantenimento.

La previsione oltre che evidentemente discriminatoria, non ha giustificazioni ragionevoli in ambito fiscale, perché se la ratio dell’istituto delle detrazioni per carichi di famiglia  è di tener conto della riduzione di  capacità contributiva da parte di chi, con il proprio reddito, sopperisce alle mancanze dei congiunti, non è chiaro perché il difetto della cittadinanza europea e/o assimilata possa incidere  su di un tale diritto. Il Nord Africano, il cinese o il pakistano che pure risiedono in Italia dove quindi vengono tassati in misura piena al pari degli altri residenti cittadini europei non possano fruire dei benefici di legge per i familiari che per motivi vari (tutti peraltro irrilevanti per il fisco) risiedano all’estero e comunque, essendo a carico, beneficiano dei redditi del loro congiunto che quindi vede ridotta la sua capacità contributiva. 

In conclusione, la norma, che non è supportata da valide ragioni fiscali,  si pone in violazione di quel divieto di discriminazione fiscale fondato sulla nazionalità del contribuente che trova la sua più chiara manifestazione nell’art. 24 del Modello di Convenzione OCSE, modello  a cui lo Stato italiano, peraltro, si è sempre uniformato. L’art. 24 impedisce che il cittadino dello Stato B che risiede nello Stato A sia trattato in maniera deteriore rispetto ad un cittadino dello Stato A che ivi abbia anche la residenza fiscale. L’unica differenza che tra i due soggetti intercorre, la cittadinanza, non può giustificare un differente trattamento fiscale.

Volendo esemplificare: ipotizziamo il caso di un contribuente pakistano residente in Italia i cui figli (di età pari o superiore ai 21 anni), per motivi di studio, ad esempio, siano residenti in Francia dove si è recato anche l’altro coniuge (anche questo a carico) per accudirli. In forza del disposto dell’art. 2-bis a partire dai redditi 2025 il contribuente pakistano non avrebbe più diritto alle detrazioni dell’art. 12. Tuttavia la convenzione che il Pakistan ha sottoscritto con l’Italia e che può trovare applicazione al caso di specie, all’art. 24 prevede che “I nazionali di uno Stato contraente non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo  ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione”, neutralizzando, così, la previsione interna.

FONTI:

M. Basilavecchia, Detrazioni IRPEF differenziate in base alla cittadinanza: qualche perplessità è d’obbligo, Quotidiano Ipsoa;