Lo sguardo in famiglia

Lo sguardo in famiglia
Educazione: bisognerebbe ricominciare dalla famiglia dove, in passato, “bastava solo lo sguardo”, mentre oggi manca, sempre più spesso, proprio lo sguardo dei genitori verso i figli.
Già lo scrittore Oscar Wilde affermava: “Pochi genitori oggi fanno attenzione a ciò che i figli dicono loro. Il bello, antico rispetto che si aveva un tempo verso i giovani sta morendo”. Molti figli si perdono, smarriscono la loro strada perché non hanno ricevuto adeguata attenzione quando ne avevano bisogno, quando la chiedevano anche semplicemente con uno sguardo. E, poi, ci si ritrova con comportamenti devianti o antisociali sempre più diffusi.
Olivia E. Nuñez Orellana, studiosa messicana, riferisce: “È evidente e non smette di essere allarmante il fatto che la condizione dei minori, che sono le persone più vulnerabili della società, obbliga non solo a una riflessione personale ma anche comunitaria e di ordine prioritario all’interno della società. Non solo perché lo sguardo che rivolgiamo ai bambini oggi è sicuramente il miglior investimento possibile per costruire un futuro prospero e civilizzato. D’altra parte, continuando ad ignorare le situazioni che affliggono i minori, condanneremo la società tutta a perpetrare ingiustizia e sofferenze e, eventualmente, il proprio annientamento” (nella relazione per il 2020 “La condizione dei minori” del Family International Monitor). Ci si dà da fare per i bambini, se ne fa un gran parlare, si dà loro di tutto, ma spesso, sempre più spesso, si fa mancare lo sguardo, quello che è alla base dell’attenzione, della considerazione, del rispetto, atteggiamenti previsti anche nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
Il sociologo Francesco Belletti sottolinea: “Ma sicuramente ai nostri ragazzi servono speranza, fiducia e spazi di responsabilità e protagonismo: e soprattutto servono legami di senso, adulti e contesti in cui e da cui sentirsi accolti, ascoltati e non giudicati: in una parola, «guardàti»” (in un articolo pubblicato il 23 agosto 2024). Bambini e ragazzi hanno bisogno dello sguardo degli adulti. Basti pensare a uno dei gesti più frequenti da parte dei piccoli: quello di tirare uno degli adulti presenti e dire loro “guardami, vieni a vedere, guarda che ho fatto…”. E, purtroppo, il più delle volte questa richiesta è disattesa e si volge loro non uno sguardo ma solo la testa in maniera distratta e inespressiva. “Sguardo” è il senso di rispetto e orientamento di cui si parla sempre a proposito di bambini e che si deve a bambini e ragazzi (si veda la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, tra cui l’art. 5) ma non lo si fa e, poi, li si perde di vista man mano che crescono e si smarriscono.
Lo psicoterapeuta familiare Maurizio Andolfi spiega: “Quando ci si preoccupa per un figlio, per un bambino, il bambino aiuta la famiglia a motivarsi, a riunirsi di nuovo attorno allo stesso problema. […] L’ansia di un bambino, che si manifesta in vari modi, non è indicatore di un malessere infantile ma un indicatore del malessere familiare, come quando si misura la febbre che è solo il sintomo di una malattia. Bisogna andare a cercare la radice, dare valore al malessere del bambino come elemento di guida […] nel triangolo primario” (in un webinar del 19-03-2021). “Guidare”, anche etimologicamente, richiama “guardare” e “guadare”, evocando così il concetto di “rispettare” e quello di “orientare” (menzionati nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia), che riguardano entrambi lo sguardo, perché i genitori, in virtù del loro essere genitori, non devono perdere lo sguardo verso il loro bambino e verso l’orizzonte e non centrarlo su loro stessi come singoli o come coppia o su altro, come preoccupazioni per il lavoro, la casa, le brutte notizie, le mutevoli relazioni sentimentali.
Prendersi cura di un figlio non è solo accompagnarlo, dargli cose materiali, ma dedicargli lo sguardo, seguire il suo sguardo per coglierne interessi e direzione, altrimenti ci si ritrova con il figlio cresciuto di cui si conosce poco o nulla perché lo si è perso di vista. Ciò non significa che i genitori devono essere sempre presenti fisicamente ma accorti alla e nella relazione con i figli.
Il pedagogista Daniele Novara precisa: “Una pedagogia fatta di contrapposizioni, dove al bambino tirannico si oppone l’adulto dispotico, non porta da nessuna parte. L’educazione è tutta un’altra storia”. L’educazione in famiglia è e deve rimanere una relazione asimmetrica ma non significa che deve essere un braccio di ferro tra figlio tiranno e/o genitore dispotico. L’educazione deve e può basarsi sul reciproco rispetto (come si ricava pure dall’art. 29 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) perché è innanzitutto avere uno sguardo l’uno per l’altro e non può che essere reciproco. “Perché è lo sguardo, in fondo, a fare la differenza, sempre” (cit.).
Secondo la psicologa Clara Mucci “[…] lo sviluppo di bambine e bambini è impattato dallo stato d’animo e da ogni comportamento delle figure genitoriali: il tono della voce, lo sguardo, l’atteggiamento di cura e l’attenzione condizionano l’affettività e l’accettazione di sé in età adulta. Spesso proprio da queste carenze emotive e affettive nella primissima fase della vita derivano percezioni alterate del proprio corpo: nei casi più gravi di abuso fisico o sessuale si verificano comportamenti di autolesionismo (tra cui tagli sul corpo e atteggiamenti distruttivi come dipendenze da alcol e sostanze, oppure disturbi alimentari), altre volte i traumi infantili possono sfociare in atteggiamenti aggressivi e violenti” (dai risultati di una ricerca condotta dall’Università di Bergamo sugli effetti dei traumi infantili sul cervello e pubblicata su Molecular Psychiatry ad aprile 2024). Ogni piccolo gesto può comportare grandi e gravi conseguenze. I genitori devono tenere ben presente che, in alcuni casi, la violazione degli obblighi matrimoniali o familiari può comportare il diritto a un risarcimento per “danno da illecito endofamiliare”, ricondotto alla responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. e al danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ..
Coppia: dapprima tra i due è un fatto chimico e fisico, poi man mano diventa un fatto “botanico”, perché bisogna coltivare, concimare, potare, innestare, pazientare... L’amore di coppia: può durare se ci si mette con impegno e cogliendo ogni segno, con spirito di sacrificio e reciproco sguardo. L’amore non è solo un fatto personale ma interpersonale perché riguarda il benessere di tutti e in particolare quello dei figli, come si evince dalla Carta di Ottawa per la promozione della salute e dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.
“Si vede quando hai visto tuo padre e tua madre usarsi dolcezza, o non lo hai visto ma hai capito che era un loro pudore, roba loro, c’era un segreto tra di loro che coglievi nel loro sguardo, avevano una tensione bella, si desideravano, si volevano bene. Oppure quando non coglievi proprio niente, percepivi totale estraneità, assenza di contatto, distanza” (don Fabio Rosini). I bambini hanno bisogno di crescere nell’amore e di essere educati all’amore e non di essere circondati da amoreggiamenti, smancerie o scene intime e di essere chiamati a ogni piè sospinto e come qualsiasi altra persona “amore” o “tesoro”.
I figli non sono fili da tenere legati ma fili da intessere e ricamare nel meraviglioso arazzo della vita. “[…] inculcare al fanciullo il rispetto dei genitori, della sua identità” (lettera c dell’art. 29 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia): nella relazione genitori-figli è importante lo sguardo, perché lo sguardo dei genitori deve essere generatore dell’identità dei figli, come figli e come persone.
Bambini e ragazzi hanno bisogno dello sguardo, dell’attenzione, di qualcuno che colga un loro particolare e che li accolga come sono, di vigilanza, di educazione dello sguardo, del cosiddetto sguardo pedagogico, ovvero di cura amorevole: questo è il senso profondo di casa cui far ritorno e riunirsi con i cari, e non delle cose che si comprano e si danno continuamente in casa. Questo è il contenuto del dovere di assistenza morale nei confronti dei figli (artt. 147 e 315 bis comma 1 cod. civ.) e di quello che la psicologa Maria Beatrice Toro ha chiamato “diritto alla presenza consapevole nell’elenco dei cinque nuovi diritti per l’infanzia (2016): “Ogni bambino ha diritto all’attenzione consapevole dei genitori”.
Come precisa lo psicologo Simone Olianti: “[...] lo sguardo può fare di noi esseri aperti alla vita oppure individui interamente ripiegati su noi stessi. Dipende da come guardiamo, dallo sguardo, appunto, che posiamo sull’altro, dalla cura che mettiamo in ogni parola, in ogni gesto, in ogni relazione. È il nostro sguardo che fa vivere l’altro o che lo nasconde; è lo sguardo dell’altro che ci chiama a rispondere della nostra umanità e che ci vivifica”.
La saggista Lucetta Scaraffia richiama: “E meno bambini ci sono in giro meno se ne sente la mancanza. Perché senza bambini non c’è nessuno a ricordarci, con la loro stessa grazia e dolcezza indifesa, quanto i bimbi sono belli, quanto incantano chi li guarda. Senza di loro non c’è nessuno a riscoprire la saggezza che si nasconde dietro le loro prime parole, articolate con incantevole fatica, o la gioia delle loro continue scoperte”. Meno male che ci sono i bambini che hanno uno sguardo diverso sulla realtà e che porgono una mano agli adulti per condurli nel loro mondo, che è il bello e il nuovo della vita, fin quando non è deturpato da qualche adulto.
L’arte dello sguardo: quel quid che rende autentici i rapporti, soprattutto quelli fondamentali, in famiglia e, poi, a scuola.