I diritti fondamentali delle persone anziane

I diritti fondamentali delle persone anziane
Abstract: L’articolo mette in luce il valore delle persone anziane evidenziandone esigenze e potenzialità in particolare nelle relazioni intrafamiliari
“Anziano”, etimologicamente “colui che è avanti, che c’è prima”, “vecchio” è “vetusto, antico, appartenente a tempi lontani”. Comunque li si voglia chiamare, sono persone, sono soggetti di diritti e non reietti da relegare socialmente o ricoverare in R.S.A. o altre strutture simili.
Il sociologo Francesco Belletti scrive: “[…] gli anziani sono una risorsa, perché gli anziani sono spesso in buona salute, e soprattutto perché anche la fragilità, la vulnerabilità degli anziani, se rimane nel circuito delle relazioni familiari e sociali, sa essere una reale risorsa di senso e di educazione alla cura, al dono, alla tutela della dignità di ogni essere umano” (in un articolo del 24 luglio 2022). Il rispetto degli anziani, della loro personalità e dignità e la loro permanenza (o vicinanza a) in famiglia o nella loro casa rappresentano anche il rispetto dei principali valori della Costituzione, dalla solidarietà (art. 2) alla tutela della salute quale interesse della collettività (art. 32).
Lo psichiatra Marco Trabucchi: “Sono i vecchi che assistono altri vecchi, i vecchi che aiutano la crescita dei bambini, i vecchi che continuano a lavorare per aiutare economicamente i famigliari più giovani, i vecchi che pensano a come contribuire con le più diverse modalità allo sviluppo delle comunità, i vecchi che temono per la propria salute, perché una malattia potrebbe rompere la catena di legami che si sono creati intorno a loro e vivono grazie a loro […]. Vi sono, però, anche i vecchi che soffrono per la fatica di vivere, per le malattie, quelli soli, quelli che hanno il senso di colpa per non essere riusciti a realizzare le proprie speranze; per questi gli anni sono più difficili e hanno bisogno di tanto aiuto per costruire piccole nicchie di “possibilità”. […] Il vecchio è storia, per sé e per gli altri. Non si deve limitare il suo essere nel mondo a considerazioni sulla sua debolezza, come talvolta si tende a fare”. Non solo il diritto a essere anziani, ma anche il diritto ad avere anziani, in particolare è un diritto dei bambini; si leggano i vari atti normativi, tra cui la Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della società, presentata a settembre 2021.
Una delle asserzioni più significative della Carta del punto 1.8: “Quanti interagiscono con le persone anziane hanno il dovere di adottare comportamenti riguardosi, onorevoli, premurosi e cortesi, di prestare ascolto ed adeguata attenzione alle segnalazioni e osservazioni avanzate dalle persone anziane”. Interazione, ascolto, attenzione, tutto ciò che caratterizza (o dovrebbe caratterizzare) la famiglia e che si viveva nelle famiglie di una volta; ciò che manca non solo nei confronti degli anziani ma, spesso, anche nei confronti dei bambini.
“[…] la famiglia ha un ruolo centrale, non può essere sostituita e neppure – potremmo dire – «privatizzata». A maggior ragione adesso, con la piramide demografica rovesciata, la popolazione che invecchia e i sempre più numerosi anziani di cui dobbiamo prenderci cura. Le politiche familiari, in Italia, sono state sovente fanalino di coda, prive di un’ampia visione, limitate alle misure di contrasto alla povertà e senza interventi strutturali. È il problema che ogni anno, puntualmente, si ripropone al momento della discussione sulla legge di bilancio. Ed è un paradosso, oltre che una miopia dei decisori pubblici: perché, alla fine, proprio la famiglia viene considerata un ammortizzatore sociale” (AA.VV., “Il potenziale del lavoro domestico”, 2023). La disciplina della famiglia ha una collocazione centrale nella Costituzione, dettagliatamente nella Parte I “Diritti e doveri dei cittadini” ed è all’inizio del titolo “Rapporti etico-sociali”. Ciò deve indurre a riflettere il legislatore e altri decisori. L’importanza e, al tempo stesso, la fragilità della famiglia sono emerse durante la pandemia.
E proprio allora, negli USA alcune famiglie (genitori anziani e figli già sposati o indipendenti) hanno cominciato a vivere insieme e dopo la pandemia questo trend di famiglie multigenerazionali è continuato (tanto da divenire oggetto di studio anche da parte di consulenti finanziari [dati del 2024]) perché ne sono emersi i benefici: condivisione delle spese e dei problemi, l’essere più preparati pure a situazioni difficili, realizzazione di forme di risparmio, spartizione delle mansioni di cura. Questo a dimostrazione della fondamentalità, insostituibilità e universalità della famiglia.
Il bioeticista Paolo Marino Cattorini spiega: “Una società in cui vengono privatizzate e nascoste le questioni ultime sul senso del vivere e del morire e sul delicato legame tra noi e chi non c’è più. Le pertinenti curiosità dei piccoli sono spesso, purtroppo, congelate nel silenzio o ricevono dagli adulti (impauriti e imbarazzati) risposte ingenue, banali, insoddisfacenti. È brutto per un bambino non essere preso sul serio. È più amara per lui questa fuga morale, questo buco nero del discorso, rispetto a una risposta onesta, a una conversazione leale, a una confessione commossa”. Oggi i genitori non parlano della morte, non portano i figli al cimitero, non li accompagnano dai nonni anziani o malati per evitare loro dolore o paura, elementi che invece fanno parte della vita e verso cui alcuni ragazzi sviluppano interessi perversi o patologici come l’autolesionismo, l’autodistruttività o gusto per il macabro, l’orrido. Bisogna, perciò, “educare alla morte per educare alla vita”. “Preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società” (dal preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) richiede anche questo.
Edoardo e Chiara Vian, esperti di famiglie in difficoltà, ribadiscono: “Credo sia utile anche per noi, singolarmente e in coppia, agire questa intelligente curiosità verso quelle relazioni che non estinguono il loro fuoco d’amore con il passare delle primavere. Dovremmo andare a suonare il campanello di casa di quegli anziani coniugi che si tengono ancora per mano, chiedendo loro perché il loro amore non si sia consumato, come invece è successo a tanti altri, che cosa li ha aiutati a mantenersi affettivamente vitali, quali ingredienti relazionali hanno permesso che il sacro fuoco della passione amorosa non li consumasse nei primi anni della relazione”. L’amore non è solo un fatto personale, un puro e semplice sentimento, è fonte di salute, di economia ed ecologia relazionale, per cui bisogna agire (e non farsi agire) nelle proprie scelte con consapevolezza e responsabilità. “La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita” (dalla Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, 1986).
Lo psicoanalista e sociologo Luigi Zoja denuncia: “Dopo la morte di Dio, la morte del prossimo è la scomparsa della seconda relazione fondamentale dell’uomo. L’uomo cade in una fondamentale solitudine. È un orfano senza precedenti nella storia” (in “La morte del prossimo”, 2009). “Orfano”, “privo, mancante”: i bambini e i ragazzi di oggi nascono orfani, perché privi, mancanti di punti di riferimento, di fratelli e sorelle (perché figli unici), di reti parentali (perché i pochi parenti sono anziani o distanti), di rapporti con i vicini di casa, di coppie genitoriali stabili, di regole, di adulti realmente tali.
“Buone relazioni intime sembrano proteggerci dagli acciacchi della vecchiaia. Alcune coppie di ottuagenari possono bisticciare un giorno sì e un giorno no, ma, finché sentono di poter davvero contare sull’altro quando le cose si fanno difficili, quei litigi non scalfiscono per nulla i loro ricordi” (da una ricerca condotta dallo psichiatra Robert Waldinger, dell’Università di Harvard). I conflitti, le crisi possono scolpire la coppia ma non sfaldarla se alla base vi è la sostanza, come i blocchi di marmo scelti da Michelangelo perché dentro vi era già un’opera d’arte da far emergere.
Arte di invecchiare, buon invecchiamento, invecchiamento attivo (così definito dall’OMS nel 2002 e nella nostra legislazione, specialmente regionale), quello di cui hanno bisogno le persone anziane e che possono esprimere, meglio di qualsiasi terapia o riabilitazione. “Non c’è dubbio che l’Arte migliori il benessere fisico, mentale ed emozionale delle persone. Infatti attraverso gli strumenti dell’Arteterapia - ormai una vera e propria disciplina - si facilita la comunicazione, si promuove la guarigione e si offre un percorso verso la scoperta di sé. L’Arteterapia può inoltre essere applicata in diversi contesti, aiutare bambini e adolescenti, ma anche anziani e gruppi con specifiche esigenze, dimostrando la sua versatilità e il suo vasto potenziale nel campo del benessere e della riabilitazione” (cit.). La vita è arte e ogni attività umana è una forma di arte, dall’arte dell’educare all’arte del comunicare, tutto quello che si fa in famiglia, che è la prima bottega d’arte.
Densa di significati è la descrizione dello scrittore Luciano Manicardi: “L’anzianità riguarda dunque chi la vive, chi vede e incontra la persona anziana, e l’immaginario collettivo. Per dare segni di speranza agli anziani non basta esortare figli e nipoti a essere vicini a genitori e nonni, ma occorre uno sforzo culturale per immaginare e creare funzioni per loro. E occorre accedere a una visione dell’anzianità come una fase della vita con le sue prerogative e opportunità proprie. Può essere tempo di anamnesi, di racconto, di integrazione, di essenzializzazione, di lentezza, di recupero dei rapporti incrinati”.
“Le rughe della vecchiaia formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni” (lo scrittore francese Marc Levy). Non bisogna mai trascurare il parallelismo tra il mondo dei bambini e quello delle persone anziane.
Bambini e anziani: alfa e omega della vita, grandi risorse, gli uni per tutto quello che si può fare e gli altri per tutto quello che si è potuto fare.