La famiglia fa miglia
La famiglia fa miglia
Una bambina ripete gioiosamente: “Noi siamo famiglia!”. La famiglia è la più bella realizzazione del noi in cui si rispetta ogni io. Se si conserva o prevale la mentalità individualistica (come succede spesso, dalle abitudini culinarie all’educazione dei figli), prima o poi i contrasti diventano conflitti laceranti e insanabili.
Secondo lo scrittore Bruno Ferrero: “I pavimenti delle nostre case sono ricoperti di parole. E i cuori sono vuoti”. In molte famiglie di oggi si parla ma non si comunica, si guarda ma non si osserva, si mangia ma non si gusta, si divide ma non si condivide...
Dopo ore dalla tragedia del terremoto gioia immensa per il ritrovamento di bambini sotto le macerie. Questo dovrebbe far riflettere i genitori e gli altri adulti con responsabilità sui danni che subiscono i bambini quando le famiglie vanno in frantumi.
Nelle famiglie del passato si pativa la fame, in quelle attuali si patisce spesso la fame d’amore che, spesso, si manifesta con disturbi del comportamento alimentare o con disturbi della personalità.
I genitori (e anche gli altri adulti) trascurano troppo spesso la salute mentale dei figli cadendo in vari errori: uso inadeguato di parole che vanno a minare l’autostima dei figli; eccessiva femminilizzazione dell’educazione; non abituare i figli all’autonomia (nemmeno di pensiero); non dare loro attenzione e ascolto quando richiesto; lasciarli soli davanti a schermi; conflittualità esacerbata tra i genitori (che agli occhi dei figli risulta una “bestializzazione”). Vari i richiami nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, a cominciare dal binomio “crescita e benessere” menzionato nel Preambolo ove è definita la famiglia.
L’IFS-Institute for Family Studies (U.S.A.) ha approfondito in una ricerca (condotta tra il 1996 e il 2019 e pubblicata nell’agosto 2022) il tema delle performance scolastiche dei ragazzi provenienti da famiglie stabili e basate sul matrimonio rispetto a quelli provenienti da famiglie disgregate, monogenitoriali, ricostituite. Ne è emerso che nell’arco di vent’anni è aumentata la percentuale di studenti provenienti da famiglie disgregate e la struttura familiare rappresenta un fattore predittivo del successo o dell’insuccesso scolastico. I ragazzi provenienti da famiglie stabili e durature hanno maggiori possibilità di ricevere il supporto di cui hanno bisogno per avere buone performance rispetto a quelli provenienti da famiglie disgregate o ricostituite. Ciò non significa che gli studenti provenienti da famiglie non tradizionali non possano andare bene a scuola, ma questo fattore è significativo (almeno quanto l’etnia e il contesto socio-culturale, sebbene ottenga minor attenzione nelle discussioni pubbliche) nella probabilità di incorrere in sospensioni, bocciature, condotte scorrette e conseguenti etichettamenti. I dati della ricerca confermano quanto sia rilevante e insostituibile la famiglia e la cosiddetta alleanza educativa scuola-famiglia.
Il pediatra Giorgio Tamburlini precisa: “Ricordando che i bambini più piccoli apprendono soprattutto implicitamente, cioè attraverso l’osservazione e le interazioni con gli altri membri della famiglia, i genitori possono aiutare i propri figli a sviluppare competenze sociali offrendo modelli di relazioni positive, esperienze emotivamente ricche (storie, letture, giochi, musica) e opportunità di collaborare ad attività di routine, quali prendersi cura di faccende domestiche o dei propri fratelli” (in uno studio del 2020). I genitori devono essere consapevoli che l’apprendimento non è un processo scolastico ma di vita che comincia già dal concepimento e che ogni loro gesto o atteggiamento produce effetti sull’apprendimento dei figli.
“Quando l’attenzione è costretta o richiesta attraverso minacce, il paradosso è che non aiutiamo a creare vera attenzione e in aggiunta i bambini crederanno che l’attenzione sia quella: una condizione di paura e stress. Questo è un apprendimento falso, le neuroscienze ci insegnano che quando siamo attenti siamo in pace, perché quando la mente è focalizzata il nostro cervello produce endorfine (le cosiddette sostanze del benessere). Non è chiedendo attenzione alla classe che la otterremo, ma aiutando i bambini a scoprirla, attivarla e allenarla, così che possano sperimentarne la forza e la bellezza” (un team di esperti). Dare attenzione in una relazione interpersonale, far provare l’attenzione, suscitare attenzione, educare all’attenzione per arrivare a richiedere attenzione e non pretenderla o imporla. Così prima in famiglia e poi a scuola ma, purtroppo, non è così.
Sulla priorità dell’educazione il sociologo Francesco Belletti sostiene: “[…] rimane una delle parole irrinunciabili per qualificare l’identità della famiglia: non c’è famiglia senza educazione, non solo verso i figli, ma anche nei confronti delle persone adulte, che “crescono insieme”, anche nella fede e nella propria vocazione, proprio attraverso la quotidianità della famiglia”. Educazione, interrelazione, fiducia nella vita, quotidianità: i tratti identitari della famiglia senza i quali è un comune gruppo di persone.
Il verbo “custodire” contiene “dire”, “udire”, “cuore”, “cure”, “storie”: sia così il custodire i bambini, gli affetti, le relazioni, in altre parole la famiglia.
La famiglia è culla anche dell’amicizia ma i genitori non devono atteggiarsi da amici dei figli né tanto meno degli amici dei figli. Bisogna inculcare nel fanciullo il rispetto dei genitori (art. 29 lettera c Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
La scrittrice Michela Murgia affermava: “La famiglia è il luogo in cui si può passare la vita a farsi perdonare per l’essere come l’altro non avrebbe voluto, il luogo in cui i sogni dell’uno possono diventare gli incubi dell’altro” (a Matera il 10 giugno 2016). La famiglia è un roseto e la rosa si caratterizza per le spine, altrimenti sarebbe come gli altri fiori.
Edoardo e Chiara Vian, esperti di famiglie in difficoltà, commentano: “Anche una coppia è sempre grano e zizzania insieme; nessuna relazione è priva di elementi infestanti né di elementi fruttuosi e nutrienti. [...] Questo lo si vede anche nella relazione con i figli. Quando smettiamo di concentrarci sui loro limiti, sulle loro mancanze e ci prendiamo cura e valorizziamo le loro capacità, la loro bellezza, allora essi fioriscono, perché si sentono amati e visti nella loro parte migliore e il loro seme buono cresce e porta frutto. Anche tra marito e moglie succede lo stesso”. In famiglia non si deve minare l’autostima altrui con continue critiche e richiami né alimentare un’ingiustificata iperstima ma aiutarsi reciprocamente adempiendo così all’obbligo di assistenza. La famiglia e ogni persona non sono nate già belle e fatte ma vanno costruite e la costruzione di ogni cosa comporta fatica e sudore.
In famiglia ci si dovrebbe preoccupare più della “manutenzione” delle relazioni che del mantenimento dei membri: famiglia quale ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Il pedagogista Pier Cesare Rivoltella spiega: “Siamo di fronte a una generazione che non è abituata a fare i conti con il limite, ma non è colpa dei ragazzi, è frutto dell’educazione della famiglia affettiva, che tende, al contrario di quella di una volta, ad assecondare i desideri, piuttosto che a imporre regole. E questo incide anche sulla scuola”. I genitori devono avere presente la differenza tra addolcire la vita e edulcorarla e che la scuola non deve essere né l’appendice né un surrogato della famiglia: prima o poi loro non ci saranno e i figli cadranno e potrebbero non essere in grado di rialzarsi.
Si può pure non nascere da una famiglia ma non si può vivere senza famiglia. La parola “famiglia” evoca “maniglia” e “caviglia”: la famiglia è una maniglia che fa aprire la porta della vita ed è un’articolazione importante come la caviglia che regge il peso e fa fare passi nella vita.
Famiglia, centro della società, deve essere o tornare al centro della società