Prima delle relazioni disfunzionali

Prima delle relazioni disfunzionali
“Nella società contemporanea prevale un discorso pubblico sulla famiglia che ne evidenzia le vulnerabilità, gli aspetti negativi e gli elementi di vincolo alla libertà individuale. Sono inoltre prevalenti, nei media, le “cattive notizie”, in particolare quelle relative alla famiglia. Lo storytelling di buone pratiche, di relazioni positive,di modelli funzionanti è invece meno frequente. Le stesse famiglie, anche nelle loro forme associate, faticano a generare un racconto pubblico della famiglia come “buona notizia”, e a volte rendono la propria comunicazione funzionale solo ad aspetti rivendicativi/prestazionali. Si perde così l’opportunità di raccontare la famiglia come risorsa strategica per il benessere delle persone e della società. È invece importante riconoscere la bellezza della comunione di amore che si vive in famiglia, nel dono reciproco e gratuito, nella paternità e nella maternità, nei legami familiari, superando le ideologie contrapposte e ritornando al reale. Per questo, la narrazione della bellezza e della gioia dell’amore in famiglia dovrebbe partire dal basso, dalle famiglie stesse, come testimonianza viva, affinché esse possano esprimere la propria identità e i propri interessi”. Questa l’analisi del sociologo Francesco Belletti. La famiglia ha sempre comportato fatica e sono sempre esistite famiglie patologiche, disfunzionali o multiproblematiche, ma non si deve dimenticare che la storia umana è stata scritta e costruita dalle famiglie. Basti pensare alla storia industriale italiana. La famiglia è fonte di vita e una risorsa quotidiana ed è questo che bisogna raccontare, rammentare per rammendare le trame di ogni famiglia. La narrazione è uno strumento pedagogico e psicologico per bambini e adulti e tra bambini e adulti per prevenire e lenire disfunzioni relazionali.
La psicologa Anna Bortoni spiega: “Stare in relazione non significa essere dipendenti dall’altra persona, ma portare il proprio essere, la propria individualità con qualcun altro. Anche nel legame più stretto, il nostro essere, la nostra identità non scompaiono, ma si mettono in dialogo con qualcuno che è profondamente e irriducibilmente diverso da noi”. Oggi parecchie coppie sono disfunzionali perché nascono su premesse sbagliate (per esempio, aspettative sopravvalutate) o senza alcuna base (es. mancata conoscenza dell’altro). Per poter entrare in relazione con un altro bisogna aver prima costruito una sana relazione con se stessi. Due persone legate da affetto devono conservare la propria individualità, come due alberi che si possono intrecciare con rami e radici, ma ognuno continua a crescere da sé e a portare o meno i propri frutti. Bisogna acquisire la consapevolezza (quella di cui tanto si parla, ma manca) del significato e della differenza tra dipendenza, codipendenza, interdipendenza e indipendenza.
A volte una coppia disfunzionale è tale sin dall’inizio, come se un girino si innamorasse di un’anguillina o un millepiedi di un bruco. Prima di amare l’altro bisogna amare se stessi e la vita in generale, prima di annodare la propria vita a quella dell’altro bisogna conoscere e riconoscere i propri nodi irrisolti. L’amore è sviluppo e non inviluppo della propria personalità e della propria vita, per cui non può esistere né si può giustificare un amore violento, possessivo o patologico. “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita, garantendo che la società in cui uno vive sia in grado di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute” (dalla Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, 1986).
Edoardo e Chiara Vian, esperti di famiglie in difficoltà, specificano: “Tutti noi tendiamo a catalogare la realtà e quindi anche le persone: tu sei una brava persona, quell’altro è un poco di buono, tu sei affidabile, a quell’altro invece non affiderei mai nulla. Questo istinto tassonomico è inscritto evoluzionisticamente in noi, e ci ha permesso di distinguere e apprendere più velocemente come agire in realtà. [...] il difetto di questo istinto tassonomico, però, è che funziona molto bene con le realtà statiche e semplici (uno scorpione resta in modo permanente un animale da cui tenersi alla larga), ma può essere di ostacolo con le realtà complesse e dinamiche (un delinquente può diventare un santo, come racconta la vicenda di Jacques Fesch [criminale francese, convertitosi in carcere])”. Alcune relazioni familiari sono disfunzionali perché basate sulla “tassonomia”, per esempio il rapporto dei genitori nei confronti dei primogeniti, il rapporto tra nuore e suocere, tra cognate. Per districare questi nodi relazionali bisognerebbe innanzitutto prendere consapevolezza di questa impasse iniziale per intessere un rapporto basato sulla conoscenza o confidenza e non sugli status. La conoscenza dell’altro è fondamentale tanto che l’errore sulle qualità personali è motivo di impugnazione del matrimonio (art. 122 cod. civ.).
Edoardo e Chiara Vian continuano: “«Tagliare», cioè con tutte quelle cose della nostra vita che ci ostacolano nel divenire le persone capaci di amare che siamo chiamati a essere. Per esempio, possiamo tagliare tutto il tempo trascorso al cellulare guardando video stupidi e superficiali che non ci fanno crescere; possiamo tagliare tutte le forme di dipendenza (sostanze, alcol, pornografia, azzardo…); tagliare con altre donne/uomini che si avvicinano a noi o da cui siamo attratti; tagliare con le parole che feriscono e i comportamenti egoistici, con l’idea che sia sempre e solo responsabilità dell’altro se le cose non vanno bene; tagliare con gli atteggiamenti di chiusura che tengono lontana l’altra persona”. Molte coppie si rompono o sono disfunzionali perché sin dall’inizio non si entra nell’ottica “giusta” della coppia: fare coppia con qualcuno non è entrare nella vita dell’altro e farlo entrare nella propria con la dimensione dell’io ma del noi; non è annientarsi ma continuare a conservare la propria individualità che non è individualismo. La sfera della coppia è uno dei cerchi intersecanti con la propria personalità e formanti la propria personalità. Fare coppia è tagliarsi un tempo e uno spazio per la coppia; è fare potatura o innesto sul proprio albero (e, viceversa, sull’albero altrui) che rimane tale con una nuova ramificazione. Non a caso, in alcuni percorsi di terapia di coppia si è sottoposti al disegno dell’albero di coppia.
“La presenza di relazioni qualitativamente rilevanti è indispensabile, oltre che per la felicità individuale, anche per la salute della collettività, perché è legata a quella che il sociologo statunitense Robert Putnam chiama «il capitale sociale», la rete di relazioni e interessi alla base di una società e della sua salute” (lo studioso gesuita Giovanni Cucci). Le relazioni private non sono mai solo private perché determinano la vita e la salute di ciascuno e di tutti (art. 32 Costituzione). È banale, perciò, dire che “l’importante è che siano contenti loro, che si vogliano bene, lo si fa per i figli”, quando nella realtà ci sono delle dinamiche familiari disfunzionali perché qualche malessere (o anche peggio) a più di qualcuno lo si procura (a cominciare da se stessi, snaturandosi o scendendo a continui e vili compromessi). Basti pensare, nei casi estremi, al drammatico fenomeno degli “orfani di femminicidio”.
I bambini soldato non sono solo quelli schierati nei conflitti armati, in particolare in Africa, ma anche i tanti bambini coinvolti nelle dinamiche triangolari disfunzionali. I bambini dovrebbero essere condotti alla e nella vita e non essere alla mercé di vili condottieri di guerre che non appartengono al mondo dei bambini. Tra i vari articoli della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si tenga conto dell’art. 16 dove si sancisce il divieto di interferenze e lesioni nei confronti dei bambini.
L’economista Luigino Bruni richiama: “[...] i figli non devono sentirsi condannati a continuare “l’impero” dei genitori o nonni. Possono farlo, ma non devono. E invece i ricatti impliciti, le aspettative sono spesso dei lacci che bloccano figli e figlie, e impediscono loro di spiccare un volo libero. Il destino dei figli non deve essere determinato da quello dei padri. E, se accade, siamo dentro una forma di incesto, dove i genitori si mangiano il futuro libero dei figli”. Nelle tante (o troppe) famiglie disfunzionali di oggi ci sono tante forme di amore incestuoso da parte dei genitori, adulti egoisti, irrisolti, frustrati, che frena lo sviluppo dei figli e le cui conseguenze si manifestano dopo. Alcuni genitori (in particolare le madri) sono “castranti”, invece dovrebbero relazionarsi con i figli come “astanti”, ovvero “coloro che stanno in piedi, accanto” ricordandosi (e pre-occupandosi) che sono responsabili non solo e non tanto della crescita quanto dello sviluppo dei figli (art. 27 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Un altro elemento determinante è l’educazione alimentare. “La selettività alimentare e le condotte disfunzionali associate sono frequentemente presenti nel bambino con disturbo dello spettro autistico. Queste si manifestano come un continuum di sintomi caratterizzate da rifiuto di uno o più alimenti, avversione per specifici sapori, colori o consistenze di cibo, selezione di specifiche categorie alimentari fino ad arrivare, nei casi più gravi, al rifiuto totale di accettare cibi per via orale. Ciò ha ripercussioni sia sul piano nutrizionale che sociale e rappresenta una fonte di forte stress e preoccupazione per la famiglia” (cit.). In realtà uno dei problemi diffusi tra i bambini in età della scuola dell’infanzia - e non solo nei bambini con neurodiversità - è la cosiddetta “alimentazione selettiva”. I genitori devono fare molta attenzione a non influenzare i figli con i loro gusti alimentari, con le loro scelte alimentari, all’educazione alimentare nella quotidianità che passa anche attraverso il preparare insieme ai figli una pietanza, apparecchiare la tavola, condividere almeno un pasto principale, non assecondarli nei loro rifiuti, non imboccarli o spezzettare loro il cibo fino all’età della scuola primaria, non farli mangiare davanti a schermi o in qualsiasi posto della casa e in qualsiasi posizione, conoscere la differenza tra alimentazione e nutrizione. I genitori devono essere informati e formati su ogni aspetto della salute dei figli e non solo preoccuparsi della crescita (art. 24 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).
Genitori - figli: una fitta e inestricabile trama di amore e dolore. Ogni famiglia ha un suo equilibrio e cerca un suo equilibrio ma, quando lo squilibrio è manifesto e deleterio per qualcuno o più di qualcuno, la famiglia è disfunzionale e bisogna riconoscerlo e intervenire adeguatamente.