La comunicazione di coppia
La comunicazione di coppia
Nella vita di coppia con i compromessi ci si comprime e ci compromette. La vita è una e bisogna viverla al massimo o al meglio, soprattutto nelle relazioni di vita, altrimenti non è amore innanzitutto verso se stessi. La “normalità” di e in una coppia è data da rispetto, reciprocità, comunicazione e condivisione (come nel “fare l’amore”), come si ricava dagli artt. 143 e 144 cod. civ.. Gli esperti di coppie in difficoltà, Edoardo e Chiara Vian, riportano: “Un grande psicoterapeuta, Carl Whitaker, quando incontrava una famiglia che si autodefiniva «normale», rispondeva che la cosa gli risultava strana, perché non aveva mai visto una famiglia «normale» in tanti anni di professione. […] le persone vanno viste singolarmente e da vicino, perché, come recitava uno slogan dei tempi di Basaglia: «Visto da vicino nessuno è normale», ma unico e originale (aggiungiamo noi), come ogni coppia”. “E vissero felici e contenti” è possibile, insieme, nella vicendevolezza (da “vicenda”), se ci si intende sul vero significato dell’essere felici e contenti.
Edoardo e Chiara Vian puntualizzano: “Il tuo partner è altro da te, non contro di te”. L’altro è portatore di alterità e alienità e non di altezzosità, alterigia o alterazione. Un contrasto non deve essere visto come contrapposizione ma come possibilità di confronto e conforto reciproco. E, comunque, ogni tanto bisognerebbe fermarsi e ricordarsi cosa si sia amato nell’altra persona e per quale motivo ci si sia scelti per mettere su un progetto di vita insieme (e non una prova da cui, tanto, si può tornare indietro). Sono basilari in una coppia innanzitutto la conoscenza di sé e la comunicazione con se stessi per avere, poi, una comunicazione efficace con l’altro. Di tutto ciò, purtroppo spesso, non si ha consapevolezza perché prevalgono individualismo, immaturità e irresponsabilità. L’altro è depositario di differenze, quelle differenze che fanno la sua personalità e la sua singolarità e che, spesso, sono il motivo per cui ci si innamora e poi si ama proprio quella persona e non un’altra. Anche laddove le differenze siano più marcate e siano diversità, bisogna fare in modo che non diventino divario, divergenze che portano al “divorzio”. La comunicazione è alla base della famiglia costituenda o costituita, aspetto rimarcato nel previgente Piano Nazionale per la famiglia (agosto 2022) in cui, tra le azioni per “sostenere le famiglie, supportare la stabilità della relazione, le competenze comunicative e la capacità genitoriale”, si prevedevano strumenti quali percorsi di enrichment familiare (letteralmente “arricchimento”, è uno strumento di accompagnamento della famiglia nelle varie fasi di vita per potenziare le competenze comunicative e interpersonali e prevenire situazioni conflittuali), oltre alla mediazione familiare.
Edoardo e Chiara Vian, perciò, propongono: “[…] quando parli al tuo partner, piuttosto di elencare ciò che non va, giudicare il suo modo di fare, criticare o disprezzare il suo atteggiamento, la prossima volta prova a dire:
- Le tue emozioni nel momento. Per esempio. «Io mi sento: triste, ferito, deluso, impaurito, ecc.».
- I tuoi bisogni affettivi. «Perché per me è importante: sentirti vicino, sentirmi apprezzato, sentire che mi capisci, sentire che non ce l’hai con me, sentire che sono importante per te, sentirmi rispettato, ecc.».
- Le tue paure rispetto a chi sei per il tuo partner. «Perché a volte ho paura per te: non sono importante, sono rifiutabile, sono dimenticabile, sono uno schifo, sono un niente, ecc.».
- Una proposta concreta per il futuro. «Allora ti chiedo, una prossima volta, di: parlarmi senza alzare la voce, di dirmi le cose con calma, di provare ad aiutarmi in un determinato modo quando sono in difficoltà, di non dire certe cose personali ai tuoi genitori, di darmi fiducia se provo a fare quella cosa, ecc.»”.
Il collante o ponte nella coppia è la comunicazione per la quale bisogna seguire le “regole della comunicazione efficace”, anche in base alle indicazioni normative degli artt. 143 e 144 cod. civ.. Fondamentale è il “so-stare”: darsi tempo, ascolto, pause, calma.
I coniugi Vian aggiungono: “Magnanimità, cioè l’agire con grandezza d’animo, con generosità. Sono chiamato a «non badare a spese» nella relazione con mia moglie. Questo non solo dal punto di vista economico. Sono chiamato a non essere avaro anche sul tempo da passare con lei, sull’ascolto delle sue parole ed esigenze, sui gesti di servizio nei suoi confronti, nel sorprenderla. [...] Fortunatamente mi vengono in soccorso altre traduzioni che mettono la parola «pazienza» al posto di magnanimità. Probabilmente perché ne devo avere tanta anche con me stesso (e mia moglie con me)”. Una chiave di volta della coppia è la reciproca assistenza morale e materiale (art. 143 cod. civ.), continuare a conoscersi, ad andarsi incontro, a incuriosirsi, a esprimersi, dirsi le cose (che non significa dirsi tutto) e non tenersele per sé. Perché gli anni e gli eventi fanno cambiare tutti, dentro e fuori, per cui non ci si deve sorprendere poi di ritrovarsi di fronte uno/a sconosciuto/a e dire pure ingenuamente “non è più la persona di cui mi sono innamorato/a”. L’assistenza è così importante che ha anche una tutela penalistica nell’art. 570 cod. pen., in cui, tra l’altro, si legge la locuzione “condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie […] o alla qualità di coniuge”, da cui si coglie che l’assistenza racchiude tutto quello che “ci si aspetta” dal coniuge, in famiglia, perché non è una relazione interpersonale qualsiasi ma fondante l’esistenza.
Gli esperti Vian specificano: “Adulterare significa falsificare e solitamente lo si fa con gli alimenti: delle mozzarelle di bufala adulterate saranno delle mozzarelle in cui non vi è esclusivamente latte di bufala, ma vengono fatte passare per tali. Negli ingredienti scriverò delle cose che sarebbe giusto ci fossero, ma in realtà ho manipolato quell’alimento al fine di spendere di meno aumentando così il margine di profitto. Spesso sarà capitato anche a noi di «adulterare» il nostro matrimonio. Parliamo di pazienza, di rispetto, di perdono, di ascolto ma poi nei fatti facciamo altro, trascinati dai nostri egoismi, dai nostri limiti, dal peccato. Non serve essere andati con un altro uomo o un’altra donna per essere degli adulteri”. Essenziale per la comunicazione di coppia è adottare lo stesso linguaggio, altrimenti ci si trascina equivoci, fraintendimenti, non detti. Anche quest’aspetto fa parte dell’indirizzo concordato della vita familiare di cui all’art. 144 cod. civ.. Si noti pure che nell’art. 143 cod. civ., subito dopo l’obbligo reciproco alla fedeltà, è stabilito quello all’assistenza morale e materiale che è di supporto a quello precedente. Darsi assistenza innanzitutto morale e poi materiale è mantenere fede al patto d’amore, che si stringe nel momento della celebrazione del matrimonio con formule significative nel rito civile, “prendere in moglie” e “prendere in marito”, e ancor di più nel rito concordatario, “accolgo te […] e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
Lo psicologo Simone Olianti afferma altresì: “Ci sono degli approcci psicoterapeutici alla terapia di coppia che si basano proprio sul cambiamento sia del che cosa sia del come parlare. Soprattutto con le coppie che vivono situazioni gravi di crisi coniugale si è visto che invece di lunghi percorsi dove si analizza tutta la loro storia personale, tutte le ferite che si sono inflitti reciprocamente e tutti gli insuccessi affettivi, è molto più utile andare a insegnare loro un modo diverso di parlarsi, più rispettoso, più centrato sulle proprie emozioni, sui propri bisogni, su richieste chiare, invece di accusarsi reciprocamente del cattivo andamento della propria relazione. Si è visto come queste coppie scoprano velocemente che cambiando il modo di parlarsi ci si capisca meglio, le emozioni negative siano meno intense e inficianti e la relazione tra di loro migliori. Cambiare il modo di parlarsi dentro una relazione può far risorgere una relazione malandata”. Parecchie coppie vanno in crisi non per tradimento o finito amore o altro di negativo, ma per problemi di comunicazione, perché si usa un linguaggio diverso, per interferenze, perché ci si urla o non ci si parla più. Anziché dirlo ad altri o accusarsi a vicenda o chiudersi bisognerebbe prendersi il tempo di sedersi (come si faceva una volta che si condividevano i pasti principali o almeno la cena e allora ci si confrontava su quanto vissuto nella giornata) e chiarirsi oppure andare in ambienti appositi per ripristinare la comunicazione, come si fa nella mediazione familiare.
Si ricordi che “comunicazione” ha la stessa origine etimologica di “comunione” (comunione spirituale e materiale tra i coniugi, espressamente richiamata nell’art. 1 legge 898/1970 “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”), dal latino “communis”, “cum”, “con, insieme”, e “munus”, “dono, incarico, dovere”, per cui comunicare è scambiarsi un dono, farsi dono. E di questo significato si dovrebbe fare tesoro nella coppia, nella famiglia.