La validità del contratto di mantenimento e assistenza
Abstract
Il contratto di mantenimento e assistenza, è un accordo aleatorio atipico a cui ricorrono spesso gli anziani che, bisognosi di cure e sostegno, acquistano l’assistenza, materiale e/o morale, loro necessaria cedendo in cambio la nuda proprietà del loro immobile mantenendo l’usufrutto. Si caratterizza per l’infungibilità e la proporzionalità delle prestazioni nonché per l’alea che deve sussistere al momento della conclusione del contratto (il rischio), pena nullità per difetto di causa.
Indice:
1. Un caso paradigmatico di contratto di mantenimento e assistenza
2. Gli elementi caratterizzanti del contratto di mantenimento e assistenza
3. Aleatorietà e proporzionalità delle prestazioni nel contratto di mantenimento e assistenza
4. Risoluzione del contratto di contratto di mantenimento e assistenza
5. Nullità del contratto di mantenimento e assistenza e onere della prova
6. Considerazioni finali sul contratto di mantenimento e assistenza
1. Un caso paradigmatico di contratto di mantenimento e assistenza
Mevia, anziana vedova di quasi novant’anni e madre di Tizio e Caio, trovandosi in condizioni personali tali da lasciar presumere la possibile difficoltà di provvedere in futuro autonomamente alle proprie esigenze, innanzi al notaio Sempronio, stipulava con Filano un contratto di mantenimento e assistenza.
Con il predetto contratto Filano (quale costituente e cessionario) si obbligava a garantire a Mevia (quale beneficiaria e cedente) vita natural durante tutta la necessaria assistenza, le cure e quant’altro risultasse utile alla stessa per condurre una vita decorosa.
Per contro, Mevia, riservandosi il diritto di usufrutto vitalizio, gli cedeva la nuda proprietà, comprensiva di tutti i connessi diritti, accessori, accensioni, pertinenze e servitù attive e passive, di un’unità immobiliare e un garage.
Circa un anno dopo decedeva Mevia, lasciando quali unici eredi legittimari i figli Tizio e Caio, i quali dopo la morte della madre, venivano a conoscenza dell’esistenza del contratto di mantenimento e assistenza e che la stessa, con revoca di ogni precedente disposizione testamentaria, lasciava loro solo la quota di legittima nominando Filano erede in ragione della quota disponibile il cui valore indicato nel testamento ammontava a quasi 200 mila euro.
Tanto premesso, occorre valutare la legittimità, la validità e l’efficacia del contratto di mantenimento ed assistenza stipulato ante mortem in favore di Filano nonché la possibilità di impugnarlo giudizialmente, l’onere probatorio e le possibili eccezioni deducibili da parte avversaria in caso di esperimento dell’azione giudiziale.
2. Gli elementi caratterizzanti del contratto di mantenimento e assistenza
La tipologia del contratto di mantenimento e assistenza, non espressamente prevista dal nostro codice civile, è stata elaborata dalla prassi, accanto alla figura tipica della rendita vitalizia di cui all’articolo 1872 Codice Civile, per soddisfare esigenze di assistenza personale future e mutevoli che sarebbero difficilmente assolte ricevendo una rendita.
Solitamente vi ricorrono gli anziani che, in quanto bisognosi di cure e sostegno, “acquistano” l’assistenza loro necessaria cedendo in cambio la nuda proprietà del loro immobile mantenendo l’usufrutto. Si sostanzia, quindi, in un accordo aleatorio con cui una parte, in cambio del trasferimento di un bene mobile e/o immobile, si obbliga a prestare assistenza morale e/o materiale ad un’altra per tutta la durata della vita di quest’ultima.
Non operano le prelazioni legali. Elementi caratterizzanti sono:
a) le obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni infungibili (a carattere materiale e/o morale) eseguibili unicamente da un soggetto individuato per le sue qualità personali. Per tale motivo il “credito” del mantenimento e dell’assistenza non può essere ceduto e il “debito” non è trasmissibile né inter vivos né mortis causa (in tal senso si è espressa Cass. Civ., Sez. II, ordinanza n. 27014 del 23/11/2017; Cass. Civ. Sez. III, sentenza n. 6395 dello 01/04/2004; Cass. Civ. sentenza n. 8854 dello 08/09/1998);
b) la doppia alea che presuppone una situazione di incertezza circa la vita del beneficiario e l’entità delle prestazioni indeterminabili per quantità e qualità, variando continuamente e quotidianamente in base allo stato di bisogno del beneficiario (ad esempio cure mediche, pulizia della casa, compagnia ecc.);
c) la proporzionalità delle prestazioni (tra le due prestazioni vi deve essere un rischio gravante su entrambe le parti, connesso unicamente alla durata della vita dell’usufruttuaria. È chiaro che se la beneficiaria vive a lungo il cessionario è tenuto ad una prestazione più onerosa).
3. Aleatorietà e proporzionalità delle prestazioni nel contratto di mantenimento e assistenza
Essendo le parti a specificare le prestazioni dovute, a richiesta del beneficiario del mantenimento, questa tipologia contrattuale non può essere sussumibile nei contratti di rendita vitalizia ex articolo 1872 Codice Civile in cui le obbligazioni assunte dal vitaliziante sono prestazioni periodiche di denaro o di altre cose fungibili. Né può impropriamente definirsi “vitalizio alimentare”, come invece lo definisce la giurisprudenza di legittimità, perché non si limita all’assistenza materiale ma fornisce anche quella morale.
Nonostante le differenze, la rendita vitalizia di cui all’articolo 1872 Codice Civile e il contratto di mantenimento e assistenza si possono considerare affini, in quanto entrambi sono contratti consensuali, ad effetti obbligatori (per il soggetto beneficiario) e ad effetti reali (per il soggetto obbligato che acquista il bene).
Inoltre, entrambi i contratti, a titolo gratuito o oneroso, sono caratterizzati dall’elemento alea (anche se nel contratto di mantenimento ed assistenza tale elemento è più marcato, sussistendo una doppia alea per l’incertezza della durata della vita del beneficiario e della controprestazione variabile in relazione agli specifici e mutevoli bisogni di assistenza).
Ciò vuol dire che al momento della conclusione del contratto devono sussistere un’obiettiva incertezza iniziale circa la durata di vita del beneficiario e la correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute in merito alle esigenze assistenziali ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo.
Difatti, ai fini della validità dev’esserci da una parte una proporzionale situazione di incertezza tra il vantaggio e la correlativa perdita economica, dall’altra l’imprevedibile durata della sopravvivenza del vitaliziato perché se al momento della stipula del contratto manca l’alea (e quindi il rischio), venendo meno una proporzionalità tra le prestazioni, il contratto di mantenimento e assistenza deve considerarsi nullo per difetto di causa (in tal senso Tribunale Lucca, sentenza del 15/05/2018; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 23895 del 23/11/2016; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 8209 del 22/04/2016; Cass. Civ., Sez. II, ordinanza n. 4533 dello 05/03/2015; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 7479 del 25/03/2013; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 15848 del 19/07/2011; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 14796 del 24/06/2009; Cass. Civ. Sez. Unite n. 6532 dell’11/07/1994).
L’alea si considera assente se al momento della stipula del contratto il beneficiario era gravemente malato ed era, quindi, probabile il suo decesso poco dopo tempo oppure era talmente anziano da avere probabilità di sopravvivenza molto limitate oltre un arco di tempo determinabile (in tal senso Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 19214 del 28/09/2016, Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 14796 del 14/06/2009, Trib. Treviso, Sez. I, 16/07/2014).
Tale accertamento è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito e solo se compiutamente motivato sfugge al sindacato di legittimità essendo facilmente prevedibile l’imminente morte del beneficiario/usufruttuario (Cass. Civ., SS. UU., sentenza n. 6532 dell’11/07/1994, Trib. di Vicenza, Sez. I, sentenza n. 882 del 10/05/2016).
Laddove la sproporzione tra le prestazioni risulti evidente dall’inizio il contratto si inquadrerebbe più correttamente nella diversa fattispecie della donazione modale ex articolo 793 Codice Civile per cui, ai sensi del combinato disposto degli articoli 782 Codice Civile e 2699 Codice Civile, è prevista la forma ad substantiam ovvero sotto pena di nullità dell’atto pubblico e la presenza di due testimoni, ex articoli 48 (come sostituito dall’articolo 12 comma 1 lett. c) Legge n. 246 del 28/11/2005) e 50 della Legge 16/02/1913 n. 89 (in tal senso Cass. Civ., Sez. II, n. 15904 del 29/07/2016; Cass. Civ., Sez. II, n. 8209 del 22/04/2016).
La mancanza di alea potrebbe dissimulare una donazione a favore dell’acquirente (che in tal caso diventerebbe un donatario), per sottrarre i beni dall’asse ereditario, con conseguente lesione della quota di legittima spettante agli eredi legittimari (considerati soggetti terzi rispetto all’azione di simulazione) i quali, al fine di ripristinare la propria quota ereditaria lesa, dovrebbero agire in giudizio per far apparire la simulazione e, con il buon esito, richiedere ed ottenere la riduzione della donazione stessa (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 12955 dello 09/06/2014 ; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 7479 del 25/03/2013; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 9956 del 26/04/2007; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 20868 del 27/10/2005; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 6031 del 29/05/1995).
4. Risoluzione del contratto di contratto di mantenimento e assistenza
Ulteriore problema connesso al contratto di mantenimento e assistenza è quello relativo al caso di inadempimento contrattuale.
Considerando che si tratta di un contratto atipico non riconducibile alla rendita vitalizia e che le obbligazioni dedotte nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni di dare e fare infungibili (eseguibili, quindi, unicamente dal soggetto individuato alla luce delle sue proprie qualità personali), il vitalizio alimentare sarebbe sottratto all’applicazione diretta dell’articolo 1878 Codice Civile e, ad avviso di una consolidata dottrina e giurisprudenza, il contratto di mantenimento e assistenza sarebbe soggetto al rimedio della risoluzione per inadempimento di cui all’articolo 1453 Codice Civile (in tal senso Cass. Civ., Sez. II, ordinanza n. 13232 del 25/05/2017; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 10859 dello 05/05/2010; Cass. Civ., Sez. III, sentenza n. 6395 dello 01/04/2004; Cass. Civ. sentenza n. 7033 del 29/05/2000; Cass. Civ., SS. UU., sentenza n. 8432 del 18/08/1990; Trib. Frosinone, sentenza dello 05/07/2016; Trib. Salerno Mercato San Severino, sentenza del 12/05/2014).
Ciò che desta perplessità è se il contratto debba necessariamente contenere una clausola risolutiva espressa ex articolo 1456 Codice Civile determinante lo scioglimento dell’accordo in caso di inadempimento degli obblighi di mantenimento e assistenza.
Mentre la giurisprudenza non accenna nulla in merito prevedendo unicamente la possibilità di richiedere la risoluzione ex articolo 1453 Codice Civile; la dottrina è divisa in quanto una parte la ritiene parte necessaria dell’atto, un’altra la considera facoltativa sebbene consigliabile.
5. Nullità del contratto di mantenimento e assistenza e onere della prova
Gli eredi legittimari che intendono far valere la nullità del contratto di mantenimento e assistenza devono provare la mancanza dell’alea al momento della stipula del contratto.
Ciò è desumibile dalla sproporzione tra il valore degli immobili ceduti e il valore dell’assistenza ricevuta (per la prospettiva di vita non elevata), soprattutto qualora in sede giudiziale si dimostrasse che oltre all’età avanzata sussistano condizioni di salute precarie. Valutazione che sarà rimessa al prudente apprezzamento del giudice adito.
L’espletamento di una CTU potrebbe aiutare a determinare l’effettiva stima dell’immobile e l’eventuale sproporzione tra le entità delle prestazioni.
Per contro, parte avversa potrebbe eccepire che al momento della stipula l’elemento dell’alea fosse pienamente sussistente in ragione di un modesto valore economico dell’immobile nonché dell’obbligazione assunta di prestare tutta l’assistenza necessaria ed utile per una vita decorosa del beneficiario.
Nel caso poi si dimostrasse la sussistenza di una patologia e/o malattia, parte avversa potrebbe asserire che ciò rendeva possibile anche l’eventualità di consistenti oneri per l’ipotesi di degenza e della necessità di particolare assistenza medica. Spese che, però, dovrebbero essere documentalmente provate.
Tuttavia, anche in caso di esibizione di spese rendicontate, si potrebbe replicare asserendo e dimostrando, ad esempio nel caso prospettato, che Mevia godeva di una solida situazione economica e patrimoniale al punto da provvedere con mezzi propri a tutto ciò di cui materialmente aveva bisogno (quali cibo, vestiario, medicine, assistenza medica). In questo modo verrebbe meno del tutto la simmetria tra le prestazioni e si evidenzierebbe l’esistenza di una donazione dissimulata, nonché l’accertamento dell’animus donandi.
Difatti, tramite la verifica dell’originaria sproporzione tra le prestazioni, si riterrebbe presuntivamente provato lo spirito di liberalità, tipico della dissimulata donazione, e il contratto dovrà considerarsi nullo (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 7479 del 25/03/2013).
Celandosi una donazione, gli eredi legittimari, assumendo veste di terzi, sulla premessa che l’atto simulato comporti una diminuzione della loro quota di legittima, potrebbero avvalersi della prova testimoniale senza limiti e chiedere, mediante una domanda di riduzione, di nullità o di inefficacia della donazione, la dichiarazione di simulazione (assoluta o relativa) della vendita/cessione fatta dal de cuius dissimulata.
Qualora, invece, il contratto non leda la quota di legittima ma i legittimari tendano ugualmente al conseguimento della quota disponibile, al fine di far rientrare gli immobili ceduti tra i beni facenti parte dell’asse ereditario (senza espressa domanda di riduzione e di reintegra della quota di legittima), l’impugnazione del contratto soggiacerebbe alla preclusione sia della prova testimoniale sia alla prova per presunzioni e, pertanto, ai limiti di cui all’articolo 1417 Codice Civile (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 848 dello 02/02/1999; Trib. Vicenza, Sez. I, 10/05/2016).
Poiché non può escludersi con certezza che non sia stata lesa la quota di legittima, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, i legittimari che intendono invalidare il contratto di mantenimento e assistenza, per violazione della quota di legittima, devono dimostrare la lesione della stessa, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché il valore della quota violata dal testatore.
Devono, pertanto, richiedere di conseguire la legittima, previa determinazione di essa mediante il calcolo della quota disponibile e la susseguente riduzione della donazione posta in essere in vita dal de cuius (in tal senso si è espressa Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 4848 del 26/03/2012; Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 14473 del 30/06/2011; Cass. Civ. sentenza n. 13310 del 12/09/2002).
Al momento della sottoscrizione del contratto di mantenimento e assistenza, nel caso prospettato, Mevia aveva la considerevole età di quasi novant’anni e le prospettive di vita della vitaliziante, per quanto ottimistiche, non erano elevate. Tant’è vero che un anno dopo la stipula del contratto la beneficiaria decedeva all’età novant’anni.
Qualora poi Mevia fosse stata affetta da qualche demenza o malattia la prospettiva di vita sarebbe stata addirittura pressoché inesistente.
In questo caso è evidente la mancanza di alea nonché la sproporzione fra il valore della nuda proprietà e il valore della complessiva controprestazione che, seppur non propriamente stimabile, è evidentemente presumibile non essere neppure un terzo del valore della cessione.
Invero, data l’età della donna al momento della stipula, non sussisteva alcun rischio in capo a Filano che poteva facilmente prevedere l’imminente morte della beneficiaria/usufruttuaria. Essendo, infatti, prefigurabile con ragionevole certezza il tempo del decesso di Mevia (difatti l’anziana decedeva un anno dopo), era possibile calcolare per entrambe le parti guadagni e perdite.
Per l’effetto, quindi, in questo caso, il contratto dovrebbe considerarsi nullo. Infatti, la scelta di stipulare un contratto di mantenimento e assistenza lascerebbe presumere una simulazione di donazione modale, al fine di escludere i beni immobili oggetto del contratto dall’asse ereditario.
Considerando, soprattutto, quale ulteriore indizio della carenza di alea e della sproporzione tra le prestazioni, la dichiarazione resa dalle parti nel contratto di valutare quale base imponibile non il valore venale in comune commercio indicato, bensì il valore degli immobili determinato ai sensi dell’articolo 52 commi 4 e 5 del D.P.R. 131/1986.
La donazione modale di cui all’articolo 793 Codice Civile è una forma particolare di donazione con la quale un soggetto dona ad un altro un bene, inserendo nell’atto una clausola in base alla quale chi lo riceve si impegna a svolgere una determinata attività (c.d. “modus” o onere) in favore del donante. Attività solitamente consistente in “assistenza” in favore del donante per tutta la durata della sua vita.
Questo tipo di donazione ha in comune con il contratto di mantenimento e assistenza lo scopo e l’aleatorietà, in quanto essendo incerto il termine della vita del donante non può indicarsi con certezza per quanto tempo sarà dovuta la prestazione assistenziale.
Le due fattispecie si distinguono per la natura poiché, mentre il contratto di mantenimento e assistenza è a titolo oneroso, ove l’assistenza morale e materiale costituisce il corrispettivo dovuto per il bene mobile o immobile ricevuto; la donazione modale è a titolo gratuito, caratterizzata dallo spirito di liberalità (seppur limitata dalla presenza di un onere) in favore del donatario.
L’esistenza di un “onere” potrebbe fuorviare circa la natura della donazione, ma la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che la presenza del “modus” non snatura l’essenza della donazione rimanendo causa dell’atto lo spirito di liberalità.
Ciò perché l’onere costituisce un limite alla liberalità che, però, non altera la causa gratuita del contratto non diventando mai il corrispettivo dell’attribuzione negoziale (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 6925 dello 07/04/2015; Cass. Civ. sentenza n. 13876 del 28/06/2005; Trib. Taranto, 06/11/2014).
6. Considerazioni finali sul contratto di mantenimento e assistenza
Gli elementi sulla possibile invalidità del contratto sono da ricercare nell’alea (il rischio) e nella proporzione tra il valore del bene ceduto (la nuda proprietà dell’immobile ceduto) e le possibili prestazioni assistenziali dovute (cure mediche, compagnia ecc.), che ovviamente non possono prescindere dal tener conto dell’età e dello stato di salute del soggetto beneficiario al momento della stipula.
Essendo il contratto di mantenimento e assistenza un accordo atipico fondato sull’alea occorrerebbe comprendere fino a che età del cedente sussisterebbe l’alea anche in considerazione dello stato di salute del cedente.
La legge non chiarendo dove inizia la sproporzione tra valore del bene e probabile assistenza lascia ampia discrezionalità al Giudice, il cui “prudente apprezzamento” rende incerti i possibili esiti di una causa tesa ad accertare la nullità del contratto per la mancanza di alea o la sproporzione della controprestazione.