L’articolo 144 del codice civile nella pratica

L’articolo 144 del codice civile nella pratica
Sposarsi non è programmare, organizzare e fare il viaggio di nozze, ma programmare, organizzare e fare il viaggio oltre le nozze, perché il matrimonio stesso è un viaggio. Ci si può pure allontanare ma l’importante è essersi muniti di un buon navigatore per far ritorno a casa, alla vera dimensione di “casa”.
Il rapporto di coppia è come il rapporto di un musicista col suo strumento. Lo conosce, lo accorda, lo pulisce con gli appositi panni morbidi e kit di pulizia, lo custodisce, si rivolge ai centri di assistenza per le eventuali riparazioni. Deve avere orecchio, lo sguardo almeno di tanto in tanto allo spartito, provare e riprovare i brani, portare il tempo e rispettare il tempo, cimentarsi anche in nuovi arrangiamenti, provare trasporto con tutto il corpo. E andare avanti nonostante qualche nota stonata o qualche concerto non riuscito. Giuridicamente i principali passi e passaggi sono indicati nei tre articoli letti a conclusione del rito del matrimonio, artt. 143, 144 e 147 cod. civ., in particolare nell’art. 144 rubricato “Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia”.
La psicologa e psicoterapeuta Anna Oliviero Ferraris scrive: “La coppia da complementare è oggi divenuta simmetrica: padre e madre sono impegnati professionalmente per lo stesso numero di ore, i loro ruoli di servizio in casa e accudimento dei figli sono sostanzialmente intercambiabili, ma per “reggere” questa impostazione egualitaria e democratica è necessaria una grande sintonia, e la fatica della coppia a volte è molto elevata” (in “Famiglia”, 2020). La vita di coppia comporta una fatica come il lavoro, per cui alla coppia si possono applicare in senso lato i principi dell’art. 46 della Costituzione relativo alle aziende in cui si parla di diritto a collaborare alla gestione (parola che ha la stessa origine di “gesto”, quei gesti di cui si ha bisogno nella coppia e in famiglia). Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975 il marito era il capo della famiglia (art. 144 cod. civ. previgente) per cui non vi erano la fatica e, al tempo stesso, la fecondità del confronto e del contrasto. Oggi, però, si è a “conoscenza” che la vita di coppia comporta delle difficoltà, anche in quello che può sembrare banale (per esempio sopportare gli odori sgradevoli dell’altro), per cui occorre che si prenda anche “coscienza” e “consapevolezza” di ciò.
Essere sposati non è vedere il mondo nello stesso modo ma guardare il mondo nella stessa direzione. Non significa aggiungersi all’altro ma congiungersi (conservando così la propria identità individuale), non livellarsi all’altro (come nelle relazioni disfunzionali di simbiosi o dipendenza affettiva) ma elevarsi l’un l’altro; non a caso il legislatore ha previsto: “I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare” (art. 144 cod. civ.). Ci si può scontrare, anche andare dalla parte opposta, ma quel che conta è ritrovarsi allo “stesso indirizzo”.
Interessanti le riflessioni e le indicazioni fornite da Edoardo e Chiara Vian, esperti di famiglie in difficoltà: “Tagliandi frequenti. Un’automobile, perché duri nel tempo, ha bisogno di revisioni al motore o all’impianto di condizionamento. E la coppia? Quante volte ci fermiamo per dirci: «Come stiamo noi due?», «Dove siamo come coppia?». Imponetevi di prendervi una serata ogni due settimane e un fine settimana ogni sei mesi, con l’obiettivo di fare un check-up sull’amore e di comprendere su quali cose sia opportuno investire per continuare a nutrirvi”. L’autonomia privata consente ai coniugi (o conviventi more uxorio) di stilare una sorta di programma, progetto o decalogo di vita in comune per ritrovarsi sui punti condivisi e ritrovarsi agli appuntamenti in due e con se stessi: è quell’indirizzo della vita familiare di cui all’art. 144 cod. civ..
Ancora Edoardo e Chiara Vian: “Quante volte anche nella relazione di coppia ci costruiamo i nostri giudizi sul partner e poi questi divengono metro con cui misuriamo la complessità dell’altro! Un particolare diventa un assoluto che cristallizza l’altra persona. Mi dimentico di fare una commissione e divento un inaffidabile, in una discussione perdo la pazienza e divento un irascibile, ti muovo una critica e divento un lamentoso. Quante coppie ho visto spararsi addosso giudizi ormai fossilizzati nel tempo, in cui i fatti risalivano ad anni prima”. La relazione di coppia non è un traguardo ma un processo continuo in cui ci si avvicina e ci si allontana ma alla base deve permanere il rispetto, soprattutto in senso etimologico, cioè “guardare indietro, guardare di nuovo”, quello sguardo che diventa sempre più distratto o inesistente nelle coppie e nelle famiglie di oggi. Per la coppia coniugale fondamentale è il concordare l’indirizzo della vita familiare cui tornare e in cui rincontrarsi.
Gli esperti Edoardo e Chiara Vian continuano: “Spostate lo sguardo dal vostro ombelico. Una parte della vostra persona è votata all’appagamento: non giudicatela, fa solo il suo lavoro, ma imparate a gestirla, non fatevi dominare da essa. La realtà e il vostro partner non sono lì per farvi star bene, per corrispondervi, sono semplicemente quello che sono. Imparate a riconoscere in voi quella parte che vorrebbe mettervi al centro di ogni cosa, per essere venerati, e reindirizzatela, illuminatela da un’altra prospettiva, quella della libertà da voi stessi”. Sposarsi è spostarsi dal proprio ego, dal proprio mondo e posarsi sull’uscio della vita dell’altro, del “mondo del noi”. Tra le più rilevanti innovazioni legislative della riforma del diritto di famiglia le locuzioni “esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa” nell’art. 144.
“9. Un litigio è qualcosa di sgradevole, ma se sappiamo «interrogarlo» può raccontarci tantissime cose interessanti. Come mai quella reazione mi ha provocato quell’emozione? Che cosa dice di me? A quali elementi della mia storia si aggancia? Quale bisogno affettivo insoddisfatto si cela dietro? Quale idea di me racconta? E nell’altra persona che cosa sarà successo? Quale vulnerabilità sarà stata toccata? Come o cosa potrei, o potremmo, fare la prossima volta perché le cose vadano meglio?” (dal “Decalogo per la (buona) coppia” dei coniugi Vian). Litigare non fa male alla coppia perché si deve anche saper litigare, pertanto nell’indirizzo concordato della vita familiare bisognerebbe altresì prevedere uno “spazio neutro” rispetto alla famiglia in cui ciò possa avvenire.
“Forse”, “insieme”, “di nuovo”: alla base della comunicazione, costruzione, consolidamento della coppia. E non usare espressioni “sempre”, “mai”. Anche così ci si concorda sull’indirizzo della vita familiare. Un’altra parola chiave dell’art. 144 è “concordare”, che è più e oltre l’andare d’accordo o raggiungere un accordo come in una qualsiasi relazione interpersonale. “Con-cordia” in una coppia e in famiglia: “Ciò non significa che io debba rispondere di «sì» a ogni loro richiesta, ma che devo frenare il mio atteggiamento respingente, saccente, e scegliere di avere un ascolto comprensivo, accogliente, paziente, che sa anche dire di «no», ma senza la presunzione che l’altro si sottomette automaticamente alla mia presunta autorità” (Edoardo e Chiara Vian). La famiglia nasce da un incontro di due ed è un quotidiano andarsi incontro, è un esercizio di medietà e l’art. 144 cod. civ. ne fornisce la bussola. Quando si perde il controllo è auspicabile che si ricorra a un terzo, come la mediazione familiare, non per avere ragione ma per ritrovare la via della ragione, come già disposto nell’art. 145 cod. civ. caduto in desuetudine.
La linea parabolica di alcune coppie: dal lisciarsi al lasciarsi, dal duetto al duello, dalla corte alla morte (interiore o fisica).
Lo psichiatra tedesco Manfred Spitzer spiega: “La vita in coppia è una risorsa per una vita più sana e lunga. Ma non tutte le relazioni sono sane e hanno un effetto positivo sulla salute. In una coppia, sono di solito le donne che vivono in modo più intenso e che soffrono di più in un rapporto non felice. Nel caso di una separazione o un divorzio, l’effetto negativo sulla salute di tutte le persone coinvolte non è da sottovalutare” (in “Connessi e isolati. Un’epidemia silenziosa”, 2018). Nella vita di coppia, sin dall’inizio, non ci si deve accontentare, ma la vita di coppia deve accontentare. La vita di coppia contribuisce al proprio benessere e a quello altrui, pertanto non è un fatto marginale o solo personale. Realizza anche una forma di solidarietà e di economia. Si pensi agli effetti dei conflitti familiari, dalle depressioni personali ai costi processuali. “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri” (da “Entrare nel futuro” della Carta di Ottawa per la Promozione della salute, 1986).