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Pagamento di mutuo da conto corrente cointestato

Sfumature
Ph. Sara Caliolo / Sfumature

Con una certa frequenza fra coniugi si pone la seguente situazione: vigente regime di separazione legale, un coniuge acquista un immobile, contraendo mutuo ipotecario, e l’altro talora presta fideiussione personale a garanzia. L’immobile viene adibito a casa familiare, quindi abitato da entrambi, oppure a casa delle vacanze e quindi utilizzato da entrambi. Il mutuo viene pagato, talora fino ad estinzione, attingendo da un conto corrente cointestato ad entrambi coniugi sul quale ciascuno versa il proprio stipendio mensile.

L’intestazione ad un solo coniuge avviene spesso per ragioni di salvaguardia del patrimonio familiare perché l’altro coniuge è imprenditore, quindi soggetto a fallimento, o libero professionista, quindi soggetto a possibili cause di risarcimento del danno, oppure perché ha già contratto debito o prestato garanzie, quindi il suo patrimonio è astrattamente aggredibile da terzi. Altre volte per valutazioni di ordine fiscale: l’intestazione di due immobili, anche pro quota, rende quello presso il quale non si risiede tassato come seconda casa.

Nella maggioranza dei casi non v’è una contro scrittura privata che attesti la simulazione parziale, ovvero dalla quale risulti che i coniugi hanno co-acquistato l’immobile, né una scrittura privata nella quale il coniuge intestatario del mutuo si impegni a restituire integralmente o pro quota all’altro quanto sarà prelevato dal conto corrente cointestato per il pagamento dei ratei del mutuo solo a sé intestato.

Quando interviene la separazione come coniugi, il coniuge non proprietario dell’immobile pretende spesso la restituzione di quanto prelevato dal conto corrente cointestato per il pagamento del mutuo, in tutto o per la metà.

La logica comune gli fa pensare di dovere avere il rimborso di quanto versato, tanto più che non può vantare alcun diritto di proprietà sull’immobile.

La questione si pone in maniera cocente quando quell’immobile è l’unico bene di cui i due coniugi dispongono, è adibito a casa familiare, non v’è luogo ad assegnare l’immobile ex art 337 sexies c.c. perché la coppia non ha figli oppure questi sono maggiorenni autonomi e non conviventi, il coniuge non proprietario ha maggiormente alimentato il conto corrente cointestato perché godeva di maggiori redditi o vi ha versato danari propri.

La risposta al quesito se il coniuge cointestatario del conto corrente dal quale sono stati prelevati i ratei di mutuo contratto dall’altro per pagare in parte o totalmente il mutuo, è però negativa per i seguenti motivi.

La contitolarità di un conto corrente rende i cointestatari creditori e debitori in solido del saldo del conto corrente, con presunzione di contitolarità delle somme ivi depositate. La presunzione di contitolarità può essere superata con la prova di una situazione sottostante diversa (Cass. Civ. sez. Lavoro 23.9.2015 n. 18777). La movimentazione di un conto si presume autorizzata dai cointestatari, ove non sia data specificatamente prova contraria.

Ergo nell’aver costituito un conto corrente cointestato e versandovi sopra ciascuno somme, i coniugi determinano la confusione delle somme stesse in un’unica contitolarità, al 50% ed i pagamenti dei ratei del mutuo intestato all’uno effettuati dal conto corrente sono autorizzati da entrambi quali cointestatari del conto, in quanto non opposti o contestati dal coniuge correntista non intestatario del mutuo.

Inoltre, vige fra i coniugi il dovere di assistenza morale e familiare e contribuzione ai bisogni della famiglia, ex art 143 c.c., che ciascuno assolve in relazione delle proprie sostanze, alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo.

Gli esborsi effettuati in costanza di matrimonio a favore dell’altro coniuge sono riconducibili alla solidarietà familiare fra essi vigente (Cass. Civ. 28.5.2009 n. 12551[1]). Non si registrano in giurisprudenza distinguo in base al regime patrimoniale vigente fra i coniugi: ne consegue l’irripetibilità delle somme versate dall’uno per il pagamento delle rate di mutuo intestato solo all’altro.

L’azione generale di arricchimento, infatti, può essere esperita nei confronti di chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di una persona e dà titolo a quest’ultimo ad un indennizzo per la diminuzione patrimoniale subita.

Quindi ammesso che il coniuge non intestatario del mutuo sia in grado di dimostrare di aver alimentato in maggior parte il conto corrente cointestato e di aver subito un danno per il fatto che il mutuo intestato all’altro è stato estinto utilizzando somme giacenti su detto conto, l’azione di arricchimento può non superare il limite della giusta causa , qui costituita dalla solidarietà familiare imposta ai coniugi ex art 143 c.c., confermata dal fatto che il mutuo era stato contratto dall’uno per l’acquisto di un immobile messo a disposizione quale casa familiare, abitato anche dall’altro fino alla separazione.

Nel caso in cui il non proprietario sia anche fideiussore dell’altro, ovvero abbia prestato garanzia personale di pagamento nei confronti dell’istituto mutante, la solidarietà non è solo di tipo familiare ma anche di natura contrattuale: il coniuge non proprietario ha assunto spontaneamente nei confronti dell’istituto mutante obbligo personale di pagamento del mutuo da parte del mutuatario, quindi ha dovere indiretto che i ratei siano pagati puntualmente. Peraltro, molto frequentemente gli istituti di credito chiedono per la concessione del mutuo la sottoscrizione di una scrittura privata aggiuntiva in cui il fideiussore rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale o assume obbligazione solidale: mutuatario e fideiussore assumono così pari obblighi nei confronti dell’istituto mutante.

In queste ipotesi se ne desume quindi ancor più la irripetibilità delle somme prelevate dal conto corrente cointestato per estinguere il mutuo intestato ad uno solo dei coniugi correntisti, specie se non v’è prova di un diverso accordo interno fra i coniugi/condebitori o di un impegno formale dell’intestatario del mutuo a restituire all’altro quanto prelevato dal conto corrente cointestato.

Il coniuge fideiussore, specie se ha rinunciato alla preventiva escussione dell’onerato principale o se ha accettato la solidarietà passiva con questi, ha assunto nei confronti dell’istituto mutuante l’obbligo giuridico di pagare puntualmente fino ad estinzione. Che ciò sia accaduto soddisfa anche un suo proprio interesse, evitare di essere segnalato quale cattivo pagatore alla Centrale dei Rischi delle Banca d’Italia, ovvero di vedersi preclusa la possibilità di accedere personalmente ad altro credito.

In buona sostanza, aver pagato o concorso a pagare i debiti del coniuge in costanza di matrimonio non dà titolo a chiedere restituzione di quanto versato.

Tale diritto sorge dopo la separazione legale quale coniuge, ovvero per i ratei di mutuo venuti a scadenza e pagati dopo l’omologa della separazione consensuale, la sentenza parziale di separazione, l’autorizzazione o il nulla osta del PM alla negoziazione assistita ex art 6 DL 132/2024, il secondo accesso e dichiarazione resa avanti all’Ufficiale di Sato civile per separazioni fatte ex art 12 DL 132/2014. E sempre che il coniuge non proprietario non si sia reso condebitore in solido con l’altro nei confronti dell’istituto bancario sottoscrivendo patti aggiuntivi al mutuo: caso questo in cui, se il rapporto interno fra i coniugi/condebitori non è stato regolamentato, il coniuge mutuatario che eventualmente abbia pagato per intero i ratei del mutuo, potrà esercitare azione di regresso nei confronti dell’altro per la metà degli importi versati.

Quello che comunemente potrebbe essere commentato “oltra al danno, la beffa!”.

 

[1] Frivoli Tarantino “La divisione dei beni dopo la separazione” Giuffré Francis Lefebvre 2020, pag. 86