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L’ordinamento giuridico. Tra concetto e presupposti finalistici

Ordinamento giuridico
Ordinamento giuridico

Abstract:

Il concetto di ordinamento giuridico è stato oggetto di un continuo ripensamento fin dalla sua “scoperta”. La determinazione dei suoi caratteri differenziali è il frutto di un complesso intreccio di ricerche che han visto alternarsi questioni di natura concettuale e prospettive di natura teleologica.

 

Indice

1. Il concetto di “ordinamento” e la strutturazione a gradi

2. Gli elementi costitutivi

3. Il fondamento “ideologico”

 

1. Il concetto di “ordinamento” e la strutturazione a gradi

L’indagine sul concetto di ordinamento giuridico risponde ad una necessità strutturale, sorta all’interno delle ricerche teorico-giuridiche novecentesche, le quali rilevavano l’insoddisfazione che suscitava lo studio della norma giuridica quale dato isolato. Si riteneva necessario volgere lo sguardo verso una ricerca più comprensiva e relazionale della normatività. Una volta inquadrati i connotati differenziali della regola giuridica, una volta determinati i suoi caratteri essenziali, sorgevano problemi ulteriori che una teoria della norma giuridica non poteva riuscire a risolvere.

Tale consapevolezza ha condotto la teoria del diritto contemporanea ad indagare non solo la norma giuridica quale cellula solitaria del discorso giuridico, ma ad inquadrarla attraverso un esame complessivo che ne mettesse in luce le problematiche logiche che la dinamica di relazione, in un contesto di natura sistematica, non poteva non suscitare. Alludendo ad un concetto similare, in letteratura, si è soliti far riferimento, altresì, all’espressione sistema giuridico. Al di là delle dispute di natura terminologica, l’elemento comune ad entrambe le locuzioni è la loro opposizione rispetto alla nozione, più generica, di “diritto oggettivo”.

Mentre quest’ultima formulazione vuol riferirsi ad un mero insieme di norme giuridiche sincronicamente determinate da un punto di vista spazio-temporale, il concetto di “ordinamento” (e/o sistema) vuole alludere ad un insieme ordinato di norme o, come da altri è stato detto, un insieme strutturato di norme [Guastini, 2014]. Tale criterio differenziante è fondamentale non solo per evitare controversie sintattico-espressive ma anche per porre l’accento sul fatto che il problema di un complesso di norme si pone nel momento in cui queste debbano entrare in relazione secondo criteri logico-deontici e che, pertanto, non possono sopravvivere contemporaneamente se, tra loro –  in quanto dirette a regolare l’ambito delle azioni umane possibili – si verificano incoerenze, contraddizioni e vuoti di regolamentazione.

Lo scopo di orientare l’ambito delle azioni umane viene assolto nell’ambito di una dimensione piramidale dove assume un carattere decisivo il criterio di determinazione gerarchica. Questa si struttura nella duplice categoria della gerarchia formale e della gerarchia materiale.

Intercorre una gerarchia formale allorché una disposizione stabilisca quale sia l’organo competente e quali procedure debba seguire affinché possa emettere norme non contrastanti con quelle di ordine superiore.

Per converso, il secondo criterio allude ad una necessità di non contraddizione di natura contenutistica. Tra due fonti, A e B, intercorre una gerarchia materiale nel momento in cui la fonte A non può esprimere norme il cui contenuto di significato risulti in disaccordo con quanto statuito dalla fonte B, a pena di invalidità.

Come vediamo, mentre il secondo criterio afferisce ad una dimensione contenutistica, il primo risponde ad una logica prettamente formale e procedurale.

 

2. Gli elementi costitutivi

Gli studi in materia di teoria dell’ordinamento giuridico, sulla scia degli insegnamenti di Norberto Bobbio [Bobbio, 1993] – che recepiva, a sua volta la rivoluzione kelseniana – si sono sviluppati, principalmente, ancorché non esclusivamente, in un’ottica filosofico-analitica, cercando di determinarne i caratteri strutturali e gli elementi sostanziali di cui una teoria generale doveva necessariamente tener conto. Tali elementi sono costituiti, in via di prima approssimazione, dai concetti di unità, autonomia, esclusività, coerenza e completezza.

Il requisito della unità allude all’esigenza che l’ordinamento giuridico sia riconducibile, in via diretta o indiretta, ad un’unica norma fondamentale. Nel contesto degli ordinamenti giuridici contemporanei, si tende ad identificare tale elemento originario nella costituzione, intesa come esito di un processo produttivo extra-ordinem.

Il concetto di Stefenbau di kelseniana memoria, allude proprio all’esigenza di una strutturazione a gradi – nell’ottica di un sistema dinamico – delle norme giuridiche le quali, mediate dall’esercizio di potere degli organi preposti, risultino le une e le altre interconnesse in un sistema gerarchico e riconducibili ad un identico fondamento originario [Poggi, 2013].

L’elemento dell’autonomia allude alla necessità che l’ordinamento sia in grado di determinare, da solo, i proprio criteri di esistenza. Da un punto di vista diacronico, il variare nel tempo dei sistemi giuridici costringe questi ultimi a porre in essere dei correttivi affinché riescano ad adeguarsi alle modificazioni dei contesti sociali di riferimento.

Ciò avviene attraverso l’introduzione di quelle che, in letteratura, sono state chiamate norme di mutamento e norme di giudizio [Hart, 2002].

Strettamente connesso all’elemento dell’autonomia è il requisito della esclusività. Nel momento in cui un sistema risulta autonomo sarà, conseguentemente, esclusivo in quanto volto a considerare irrilevanti le norme di altri ordinamenti, a cui può riferirsi solo attraverso forme di delegazione o di rinvio.

Se l’autonomia è determinata dalla qualificazione di specifici criteri di appartenenza, l’impossibilità, da parte di sistemi esterni, di soddisfare questi stessi criteri, sancisce l’esclusività dell’ordinamento.

Il requisito della coerenza attiene ad una dimensione logico-normativa nelle relazioni tra norme. Un ordinamento si dimostra incoerente nel momento in cui si verificano delle antinomie. Dal punto di vista logico si integra una antinomia laddove ad una medesima fattispecie fattuale vengono ricondotte due o più conseguenze giuridiche tra loro incompatibili.

Dal punto di vista storico i sistemi giuridici contemporanei hanno cercato di ovviare a tali inconvenienti sancendo specifiche disposizioni giuridiche che intervengano nel momento in cui si concretizzi una antinomia: il criterio gerarchico, il criterio cronologico e il criterio di specialità. L’intrinseca e logica necessità di tali canoni di risoluzione ha fatto sostenere, in dottrina, che tali strumenti sarebbero impliciti in ogni ordinamento giuridico storicamente esistente e che, pertanto, non dovrebbero essere statuiti. Invece che rappresentare vere e proprie norme positive, tali criteri assumerebbero la qualità di strumenti concettuali volti alla “coerentizzazione” del sistema.

Come la coerenza, anche la completezza invece che rappresentare un elemento indefettibile all’interno degli ordinamenti giuridici odierni, sembra raffigurare una tendenza, un’aspirazione cogente.

Un ordinamento lo si definisce incompleto allorché ad un determinato fenomeno fattuale non sia ricollegabile alcuna conseguenza giuridica. L’ordinamento, cioè, si troverebbe incapace a rispondere normativamente.

È il problema delle lacune del diritto [Donati, 1966]. Anche in questa sede, le ricostruzioni concettuali di natura dottrinale si intersecano alle disposizioni di diritto positivo.

Secondo il criterio della norma giuridica esclusiva, la mancata disciplina fornita dall’ordinamento ad un determinato evento di fatto, implicherebbe la qualifica di quest’ultimo come lecito (o permesso).

Essa si differenza da un criterio contenutisticamente analogo ma strutturalmente diverso: il principio di proibizione il quale cerca di descrivere, in termini logici, la realtà dell’ordinamento giuridico secondo il criterio del terzo escluso: se in un sistema giuridico non vi è una norma che proibisce il comportamento Y allora vi sarà una norma che lo permette.

Mentre il criterio della norma generale esclusiva afferisce all’ambito prescrittivo, il principio di proibizione tenta di argomentare in una chiave logico-descrittiva – sarebbe cioè un’evidenza logica latente in ogni sistema di norme, invece che una statuizione normativa contingente.

A questi si contrappone il principio dello spazio giuridico vuoto: in tal caso, in presenza di una mancanza di una norma giuridica che qualifichi il fatto (come vietato, obbligatorio o permesso) si risponde che, tale fatto è, per l’ordinamento, giuridicamente indifferente.

La differenza con i criteri visti sopra è questa: mentre per i primi due la qualifica di liceità presupponeva, comunque, una qualificazione normativa, in quest’ultima ipotesi ciò che non viene lambito dalle prescrizioni dell’ordinamento è, per il sistema stesso, irrilevante.

 

3. Il fondamento “ideologico”

L’indagine sull’ordinamento giuridico risponde, chiaramente, ad una esigenza teorica.

È indubbio, tuttavia, che la costruzione di una teoria conseguente debba necessariamente tener conto del sostrato ideologico dell’indagine [Catania, 2009].

Ora, è possibile costatare come la configurazione dell’ordinamento giuridico secondo i postulati di origine kelseniana – con i successivi correttivi di natura hartiana – tenda a mettere in luce la pervasività all’interno del sistema del principio di autorità. Lo stesso concetto di nomodinamica mostra come il fondamento sostanziale del sistema sia intrinsecamente debole, cioè fondato sulla predisposizione ed attuazione del “giuridico” come forma.

Tutto ciò, lungi da allontanare la componente valutativa ne consente una sua più chiara identificazione grazie all’isolamento della componente etico-morale rispetto al dispiegarsi  delle forme autoritative. In questo senso, la natura del “giuridico” potrebbe ravvisarsi, come da altri  notato [Gianformaggio, 2008], proprio nel delicato bilanciamento tra ragione e potere.

Tali interrogativi si sono fatti ancora più insistenti a partire dall’avvento delle Costituzioni del secondo dopo guerra le quali avrebbero incorporato al loro interno veri e propri postulati morali, nelle forme dei principi giuridici.

Tale assorbimento avrebbe introiettato la dialettica tra diritto e giustizia all’interno dello stesso discorso giuridico e non già in una dialettica esterno-interno. La valutazione sostanziale sarebbe, adesso, vero e proprio criterio di validità interno alla giustificazione delle norme del sistema.

Un altro aspetto da mettere in luce è se i caratteri differenziali summenzionati appaiono come elementi strutturali, caratteristiche sostanziali immanenti al complesso ordinamentale o siano, piuttosto, criteri ideali a cui l’ordinamento cerca di attingere.

In quest’ottica, quindi, la natura degli elementi strutturali troverebbe il suo fondamento in una componente di natura valutativa.

L’ordinamento fattualmente esistente – nel suo complesso intreccio di relazioni, ed ingranaggi [Santi Romano, 2018] – si troverebbe ad essere comparato con un modello teorico il quale ne costituisce una sorta di tensione ideale.

In quest’ottica, le caratteristiche definitorie del concetto di ordinamento giuridico piuttosto che apparire, in termini essenzialistici, come momenti necessari del concetto, ne identificano una aspirazione la quale risulta, di volta, in volta, strettamente correlata alla concezione ideologica di riferimento, pur anche dettata da obiettivi teorici.

Barberis, Mauro, Introduzione allo studio del diritto, Giappichelli, Torino 2014;

Bobbio, Norberto, Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993;

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Donati, Donato, Il problema delle lacune nell’ordinamento giuridico (1910), in Id. Scritti di diritto pubblico, vol. 1, Giuffrè, Milano 1966.

Gianformaggio, Letizia, Filosofia del diritto e ragionamento giuridico, Giappichelli, Torino 2008.

Guastini, Riccardo, La sintassi del diritto, Giappichelli, Torino 2014;

Hart, Herbert L.A., Il concetto di diritto (1961), Einaudi, Torino 2002;

Kelsen, Hans, Teoria generale del diritto e dello Stato (1945), Edizioni di Comunità, Milano 1952.

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Romano, Santi, L’ordinamento giuridico (1917), Quodlibet, Macerata 2018.

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