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Struttura giuridica e ordine inter-soggettivo in Giorgio Del Vecchio

Il viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, 1818, Hamburger Kunsthalle, Amburgo
Il viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, 1818, Hamburger Kunsthalle, Amburgo

Abstract

L’opera di Giorgio Del Vecchio si è misurata con la necessità di identificare il ruolo del diritto nell’ambito complessivo della realtà etica. L’esigenza di una puntuale determinazione della sfera del “iure”, oltre a svolgere una fondamentale funzione di chiarificazione concettuale, ha altresì contribuito a delineare precise linee di confine nell’ambito dei rapporti di coesistenza e nelle relazioni pratiche.

 

Indice:

1. Giorgio Del Vecchio e il ritorno a Kant

2. Il criterio logico di determinazione della giuridicità

3. I caratteri differenziali di diritto e la fondazione dell’ordine giuridico

 

1. Giorgio Del Vecchio e il ritorno a Kant

L’opera filosofica di Giorgio Del Vecchio (1878-1970) si è sviluppata in una fase cruciale per la storia del pensiero giuridico italiano, quella della prima metà del Novecento.

Il nucleo in cui si concentrano le principali coordinate teoriche dell’autore (costituite dalla famosa “trilogia” che si situa tra il 1905 e il 1908: I presupposti filosofici della nozione del diritto, Il concetto del diritto, Il concetto della natura e il principio del diritto) si inserisce nel fermento culturale suscitato dalla reazione al positivismo (giuridico e filosofico) e all’interno della reviviscenza neokantiana e idealistica.

Il percorso del filosofo si è articolato attraverso la costante ricerca di una rinnovata interpretazione dei problemi giuridici, affrontando tematiche trasversali e all’ordine del giorno all’interno della teoria giuridica europea, associando alla produzione scientifica pur anco riflessioni di attualità politica.

Negli anni tra il 1920 e il 1938 le ricerche di natura logico-filosofica si orienteranno sempre più verso il campo etico e di teoria della giustizia.

Oltre a svolgere un ruolo di preminente rilievo nella filosofia del diritto italiana, Del Vecchio si dimostrò abile nella promozione, a livello istituzionale, di attività culturali ed accademiche: fra le altre, la fondazione della Rivista internazionale di filosofia del diritto nel 1921, stesso anno in cui assunse, altresì, la direzione dell’Archivio Giuridico. Nel 1933 fondò l’Istituto italiano di filosofia del diritto e nel 1936 la Società italiana di filosofia del diritto.

La famosa definizione di diritto che l’autore delinea nella sopracitata “trilogia” rimarrà ferma e sostanzialmente invariata in tutte le opere successive [Frosini, 1990]. Attraverso una formulazione che rimanda alla tradizione kantiana, Del Vecchio definisce il diritto come “la coordinazione obiettiva delle azioni possibili tra più soggetti, secondo un principio etico che le determina, escludendone l'impedimento” [Del Vecchio, 1906]. Del Vecchio mantiene ferma una distinzione che è quella fra criterio logico e canone deontologico, tra concetto e idea del diritto. La determinazione logica del concetto di diritto, pertanto, è indipendente dalla sua valutazione ideale.

La identificazione degli attributi logici è distinta dalla presa di posizione su ciò che il diritto dovrebbe essere, secondo determinati postulati etici; la funzione logica (ciò che è diritto da ciò che non è diritto) deve essere distinta dalla funzione discretiva (il diritto giusto da quello ingiusto) [Quaglio, 1984; Caragliu, 2016].

L’intento di Del Vecchio è quello di ricavare le condizioni di pensabilità dell’agire giuridico. In quest’ottica, il lavoro è orientato alla costruzione di una filosofia trascendentale che si fonda, come sopra accennato, sulle assunzioni di Immanuel Kant (1724 - 1804) nonché sulle più recenti acquisizioni della scuola neokantiana di Marburgo (H. Cohen, P. Natorp, E. Cassirer).

Come dal Nostro più tardi dichiarato, infatti, il ritorno a Kant avrebbe dovuto consentire la possibilità di superare, da una parte, le astrattezze del positivismo filosofico e, dall’altra, di evitare le eccessive pretese metafisiche dell’idealismo [Del Vecchio, 1958]. Pur senza un’adesione incondizionata, Del Vecchio accettò la fondamentale distinzione tra universali a priori che, precedendo l’esperienza, la condizionano, e universali a posteriori che risultano dall’esperienza stessa. Adattando tale procedere metodologico all’orizzonte dell’esperienza giuridica cercò di comprendere se fosse possibile determinare un universale giuridico il quale abbracciasse tutti i dati fenomenici del diritto.

 

2. Il criterio logico di determinazione della giuridicità

Secondo Del Vecchio, leggere il diritto come “entità” significa porsi la domanda sul suo contenuto effettivo, storicamente condizionato. Tale contenuto è, in quanto tale, mutevole. La materia degli enunciati giuridici è, per le sue caratteristiche, variabile. Ciò che invece risulta immutabile è la struttura fondante del diritto, frutto unitario della funzione ordinatrice delle forme “a priori”. La forma logica del diritto, pur innervando ogni singola proposizione giuridica, non si esaurisce nel concrescere degli atti linguistici e dei comportamenti.

La descrizione fenomenica, quindi, non può condurre ad una comprensione del diritto nella sua “essenza” e l’universale logico del diritto non è, pertanto, accessibile attraverso un semplice processo di generalizzazione. Da qui, l’inevitabile critica al positivismo (sia giuridico, che filosofico), da lui identificato, per quanto concerne gli studi di teoria giuridica, sia nelle correnti risalenti alla teoria generale del diritto di origine tedesca (Allgemeine Rechtslehre) sia negli esponenti inglesi della Analytical Jurisprudence.

Il criterio logico del diritto si applica, secondo Del Vecchio, alle azioni umane (da lui intese come “il modo di essere di un soggetto, il contegno suo, in quanto ha il suo principio nel soggetto medesimo. […] anche l’astensione, o atteggiamento negativo, rientra nel concetto di azione”), incorrendo nel rischio, negativo secondo un certo indirizzo critico, di una circolarità definitoria tra azione e concetto di diritto [Scarpelli, 1955]. Il concetto di diritto delvecchiano lo si riscontra nel momento in cui si indaghi i rapporti tra il concetto stesso ed i suoi presupposti reali. Il diritto, secondo Del Vecchio, si applica alle azioni possibili. Anzi: è proprio nella distinzione tra certune azioni possibili da altre azioni possibili che si riscontra la specifica funzione logica del “iure”.

Diritto e morale hanno la medesima estensione, includendosi l’una nell’altro e sovrapponendosi, perciò non esiste una sfera del giuridicamente e/o moralmente irrilevante: così il diritto, come la morale, riguardano le azioni possibili ed il discrimine risiede nella modalità di qualificazione [Bobbio, 1961].

Dice Del Vecchio, in un saggio del 1934: «tanto la morale quanto il diritto comprendono integralmente le azioni umane, in ambedue i loro elementi costitutivi, ma movendo da punti di vista diversi e anzi opposti» [Del Vecchio, 1934]. Se il diritto può essere definito come l’etica inter-soggettiva, la morale costituisce l’etica soggettiva.

Il diritto, come la morale, rappresenta, dunque, un criterio di valutazione super-esistenziale dei fatti, sovraordinato agli stessi. Il contenuto (oggetto del diritto e della morale) è il medesimo, mentre lo scarto differenziale risiede nella loro diversa posizione logica. Da ciò ne deriva che Del Vecchio definisce diritto e morale come due categorie etiche correlative: mentre nel giudizio morale il principio etico che lo determina si struttura in una modalità subiettiva, nel giudizio giuridico il criterio è di ordine obiettivo.

Il diritto opera laddove si riscontri una “collisione tra più soggetti, un’antitesi tra l’esplicazione di più voleri” mentre la morale vige al fine di riequilibrare un’antitesi tra più esplicazioni possibili di un medesimo soggetto, cercando di “risolvere la collisione interna”.

Come vediamo, nel neo-criticismo di Del Vecchio sopravvive ancora, rispetto agli indirizzi successivi di natura più spiccatamente idealistica, un andamento dicotomico che tende a scindere, logicamente ed ontologicamente, la sfera della morale dalla dimensione giuridica. Emerge con evidenza il tentativo di valorizzare entrambe le aree dell’etica riconoscendo a queste uno specifico ruolo nell’ambito della realtà pratica.

La biforcazione dei due rami nelle due categorie correlative non deve far pensare, tuttavia, ad una distinzione tra diversi sistemi normativi. Il sistema etico rimane unico ed ha una conformazione – per utilizzare la terminologia kelseniana – statica. All’interno della medesima struttura, dunque, si dipanano, come sopra accennato, due dissimili criteri di valutazione: l’uno orientato al soggetto isolatamente considerato, l’altro rivolto al soggetto in rapporto con gli altri soggetti. Riferito al soggetto, così, il criterio morale introduce una distinzione tra le azioni che l’individuo deve compiere da quelle che egli stesso non deve compiere; nella prospettiva giuridica riferita al soggetto, invece, il criterio giuridico sta ad indicare un’azione che un soggetto può compiere e quella che l’altro soggetto non deve impedire.

 

3. I caratteri differenziali del concetto di diritto e la fondazione dell’ordine giuridico

In virtù di questo procedimento definitorio Del Vecchio riesce a determinare i caratteri differenziali del diritto.

In primo luogo, mentre la morale opera in una direzione che va dai motivi alle azioni, il diritto opera nel senso inverso: dalle azioni ai motivi, assumendo come fondamentali le prime nella loro esplicazione esteriore; il diritto è, inoltre, caratterizzato dalla coercibilità, dacché l’ambito giuridico è un limite tra l’operare di più soggetti ed il superamento del confine implica la facoltà di respingimento; in terzo luogo, il diritto gode di una maggiore definitezza: la necessità della determinazione degli ambiti di confine dell’agire dei diversi soggetti implica, infatti, una precisa delimitazione dei rispettivi spazi di operatività, laddove la morale, vivendo nella coscienza individuale, si proietta all’esterno come alcunché di informe e disorganico [Del Vecchio, 1906; 1965].

Dalle brevi riflessioni svolte emerge come nell’opera di Del Vecchio il diritto assuma i connotati, sul piano concettuale, della pura forma.

L’unica via percorribile affinché sia possibile giungere ad una definizione universale del “giuridico” è discernere, in modo netto, il contenuto sostanziale dalla forma stessa: ed in effetti la definizione di “diritto” che Del Vecchio ci offre nulla dice circa il suo contenuto. Al fine di pervenire ad una conoscenza del contenuto del diritto ed eventualmente ad una critica del diritto vigente, è necessario trasferire l’ordine di indagine su un’altra piattaforma prospettica, quella deontologica che pertiene, tuttavia, ad un altro orizzonte, quello ideale e che, dal piano formale risulta, almeno nei presupposti, distinto.

Per Del Vecchio, dunque, che lo sguardo si orienti in una direzione sincronica (cioè comparatistica) sia che si rivolga verso un orizzonte diacronico (storico) la lettura del “iure” e la constatazione della sua mutevolezza dà luogo ad una inevitabile forma di relativismo, il quale risulta poco ferace, per il Nostro autore, sul piano conoscitivo-concettuale.

La ricerca, pertanto, di un prius logico costituisce, altresì, una risposta alla fondazione dell’ordine giuridico. Quest’ultimo, còlto nella purezza della sua forma logica, consente di incanalare la riflessione al di là di ogni possibile tentativo di rendicontazione dell’esistente, a favore di un processo di determinazione filosofica che trovi nella facoltà dell’intelletto la chiave di orientamento della ragion pratica.

I presupposti di fondo delvecchiani, pertanto, si inseriscono in un clima storico che percepiva in (non troppa) lontananza la crisi della ragione, della razionalità della forma-Stato e della messa in discussione di una lettura unitaria e logico-formale della struttura sociale cercando di fornire, a tali problematiche una risposta adeguata.

La stessa definizione di “diritto” sopra citata risente, ad ogni modo, di una lettura figlia del suo tempo storico, con ciò volendo dire che il concetto di diritto delineato da Del Vecchio mira a far convivere al suo interno il legittimo esercizio delle libertà altrui, in un attento equilibrio tra i diversi confini di operatività delle azioni dei soggetti, mantenendo ferma, tuttavia, la persistenza di una dimensione morale, assunta dalla determinazione del principio etico e dalla supremazia dell’individuo e della volontà del soggetto [Solari, 1932; Treves, 1934].

Bibliografia

Bobbio, N., Diritto e morale nell’opera di Giorgio Del Vecchio in AA.VV. “Scritti vari di filosofia del diritto raccolti per l’inaugurazione della Biblioteca di Giorgio Del Vecchio”, Giuffrè, Milano, 1961.

Caragliu, A., Il principio etico. Diritto e morale in Giorgio Del Vecchio, Aracne, Roma, 2016.

Del Vecchio, G., I presupposti filosofici della nozione del diritto, Zanichelli, Bologna, 1905.

Del Vecchio, G., Il concetto del diritto, Zanichelli, Bologna, 1906.

Del Vecchio, G., Il concetto della natura e il principio del diritto, Bocca, Milano, 1908.

Del Vecchio, G., Etica Diritto e Stato, “Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto”, XIV, 1934, pp. 726-768.

Del Vecchio, G., Lezioni di filosofia del diritto, Giuffrè, Milano, 1965.

Del Vecchio, [1958] Questione antiche e nuove di filosofia del diritto. (Note autobiografiche) in “Parerga. Saggi filosofici e giuridici”, vol I, Giuffrè, Milano, 1961.

Frosini, V., Del Vecchio, Giorgio, Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 38, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma, 1990.

Perticone, G., Ricordo di G. D., in “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, XLVIII (1971), pp. 3-7.

Scarpelli, U., [1955] Il problema delle definizione e il concetto del diritto, in Id., Filosofia analitica del diritto, a cura di A. Pintore, Edizioni ETS, Pisa, 2014.

Solari, G., L’indirizzo neo-kantiano nella filosofia del diritto, in “Rivista di filosofia”, 4, 1932.

Quaglio, G., Giorgio Del Vecchio. Il diritto tra concetto e idea, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1984.

Quintas, A. M., La filosofia giuridica di Giorgio Del Vecchio, in “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, LXVIII, 1986, pp. 119-127.

Treves, R., [1934] Il diritto come relazione. Saggio critico sul neokantismo contemporaneo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1994.