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Passo, gamba e compasso. strumenti antichi per salvaguardare umanisti ed umanesimo

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Passo, gamba e compasso. strumenti antichi per salvaguardare umanisti ed umanesimo

“E nel nome del progresso, il dibattito sia aperto!” Così l’incipit della nota “Dotti medici e sapienti” (1977) di Edoardo Bennato.

Indagare con sguardo filosofico penultimo e con brandimento teologico ultimo le relazioni umane, comparando affermazioni di filosofi, scienziati, teologi, agnostici e illuministi etimologicamente ben intesi, porta a considerare che ogni essere umano nella vita cambia con frequenza passo, azzardiamo, si converte, perché il desiderio (dal latino de-sidero, ovvero togliere la stella. Era l’augurio dei marinai veneziani per dire: che tu possa raggiunger la meta seguendo la stella), quanto più sembra vicino alla perfetta realizzazione, tanto più pare allontanarsi da sembrar irraggiungibile.

La fisica quantistica, fornendo molteplici prove, sostiene che tutti noi siamo essenze vibranti con frequenze discordi e disparate senza niuna reciproca somiglianza, tuttavia, siamo in grado di attrarre sulla medesima frequenza chi su di essa si trova o, meglio, si ri-trova: si tratta del fascinoso concetto olistico della legge di attrazione. Poveramente: il simile attrae il simile.

Pensieri come calamite! Sempre più attratti da ciò che desideriamo. Cionondimeno accade spesso il tendere a concentrarci, senza neppure accorgercene, sulle cose che non vogliamo (il negativo) anziché sulle cose che vogliamo (il positivo), ragione per cui spesso finiamo per ottenere quello che non vogliamo.

«Video meliora proboque, deteriora sequor»: «vedo il meglio e l’approvo, ma seguo il peggio» scrisse, tempo addietro, il buon Ovidio nelle Metamofosi (Libro VII, vv. 20-21).

Perché accade tutto ciò? Perché cambiamo passo, ci convertiamo, e a volte addirittura, seguiamo ciò che non vogliamo?

Abbandonando l’idea di ciò che non desideriamo, pur non essendo ingenui riguardo al fatto che non scompaia come d’incanto, il cambiar passo positivamente, il retto convertirsi, potrebbe definirsi come il viaggio del desiderio cortese: è il cambiamento del proprio pensare ed esistere (Metanoia, dal greco μετανοεῖν, metanoein, del cambiare idea, pensiero).

Cosa abbiamo alla radice del cambiamento del pensiero, della conversione; cosa si trova all’origine del cambiar passo?

Occupiamoci di come può avvenire la bella conversione, il buon cambiar passo, in modalità consapevole, quali cercatori umili della verità di noi stessi e non dell’inseguir acritico della massa informe per eccesso di conformismo per stare, appunto, nell’ipocrita conformità che spersonalizzando rende alieni.

Procediamo in modo spedito. Pensiamo che per cambiare ideale o archetipo esistenziale sia immediatamente sufficiente aver bisogno di analizzare il problema, successivamente, riflettere e, di conseguenza, agire.

In realtà, anche se immediatamente può apparire strano, noi iniziamo a cambiare quando incontriamo una metafora e, lasciandoci trasportare oltre da essa, ci lasciamo cullare e coinvolgere.

Non è tanto il sillogismo della soddisfazione del bisogno che sprona il cambiamento, quanto il lento tragitto del garbato desiderio coltivato viaggiando sul piccolo veliero allegorico: dal vedere, al sentire, al cambiare.

Il meccanismo metaforico soddisfa la triade vedere-sentire-cambiare perché offre un orizzonte di senso nel quale abitare e pacatamente cambiare in modo stabile ed equilibrato, passo dopo passo come con il compasso, per evitare strambate che potrebbero far rimaner eccitati e perduti a vita.