Cross-border worker and teleworking

Cross-border worker and teleworking
Abstract: A partire dal 1° gennaio 2024, i lavoratori frontalieri possono svolgere fino al 25% della loro attività lavorativa in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza, senza che ciò comporti modifiche allo status di lavoratore frontaliere né variazioni nel regime fiscale applicabile.
Premessa
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 19 giugno scorso un disegno di legge, su proposta del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, per la ratifica del Protocollo aggiuntivo, firmato il 6 giugno 2024, di modifica dell'Accordo tra Italia e Svizzera del 23 dicembre 2020 relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri.
A partire dal 1° gennaio 2024, i lavoratori frontalieri possono svolgere fino al 25% della loro attività lavorativa in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza, senza che ciò comporti modifiche allo status di lavoratore frontaliere né variazioni nel regime fiscale applicabile.
La legge di Bilancio 2025 (art. 1, comma 97 della legge n. 207/2024), in attesa della ratifica definitiva del citato Protocollo, ha introdotto una misura transitoria che consente ai lavoratori frontalieri di svolgere fino al 25% della loro attività lavorativa in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza, senza perdere lo status di lavoratore frontaliere.
Nella sostanza, verrà regolamentato il ricorso al telelavoro a partire dal 2024 per i lavoratori transfrontalieri tra Svizzera e Italia che potrà essere previsto fino al 25% dell’orario di lavoro ordinario.
Il frontaliere “svizzero” e la definizione unionale
Ai fini dell’Accordo del 23 dicembre 2020, l'espressione "lavoratore frontaliere" contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera b) designa un residente di uno Stato contraente che:
- è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, totalmente o parzialmente, nella zona di 20 km dal confine con l'altro Stato contraente,
- svolge un'attività di lavoro dipendente nell'area di frontiera dell'altro Stato contraente per un datore di lavoro residente, una stabile organizzazione o una base fissa di detto altro Stato,
- ritorna, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
La disposizione individua, tra le altre caratteristiche elencate per essere considerato un lavoratore frontaliere, quella che lo stesso deve risiedere in uno dei due Stati e ritornare, in linea di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
Il punto 2 del Protocollo aggiuntivo, a titolo eccezionale, dispone che, salva la facoltà dei due Paesi contraenti di decidere diversamente, ad un lavoratore frontaliere è consentito di non rientrare quotidianamente al proprio domicilio nello Stato di residenza, per motivi professionali, per un massimo di 45 giorni in un anno civile. In questo limite non si conteggiano i giorni di ferie e di malattia.
A livello unionale, ciò che distingue il lavoratore frontaliere dal tradizionale lavoratore migrante è il fatto di essere residente in uno Stato e di lavorare in un altro: mentre il secondo lascia il suo Paese di origine, con o senza la sua famiglia, per abitare e lavorare in un Paese diverso dal suo, il frontaliere ha una doppia cittadinanza nazionale per il luogo di residenza e il luogo di lavoro.
Tuttavia risulta impossibile stabilire un concetto univoco che comprenda criteri obiettivi per la definizione del lavoro frontaliero: tale concetto copre infatti realtà diverse, a seconda che si consideri l'accezione comunitaria - enunciata in particolare in materia di sicurezza sociale - o le numerose definizioni contenute nelle convenzioni bilaterali di doppia imposizione - valide per la determinazione del regime fiscale applicabile ai lavoratori frontalieri.
In virtù della normativa comunitaria, l'espressione "lavoratore frontaliere" designa qualsiasi lavoratore occupato sul territorio di uno Stato membro e residente sul territorio di un altro Stato membro (criterio politico), dove torna in teoria ogni giorno o almeno una volta alla settimana (criterio temporale). Questa definizione, che, oltre agli elementi intrinseci dello spostamento dal domicilio al luogo di lavoro attraverso una frontiera, conserva la condizione temporanea del ritorno quotidiano o settimanale al domicilio, si applica tuttavia solamente alla protezione sociale dei lavoratori in questione all'interno dell'Unione europea.
In campo fiscale, le convenzioni bilaterali di doppia imposizione, che determinano il regime fiscale dei lavoratori frontalieri, fissano invece definizioni maggiormente restrittive, che impongono inoltre un criterio spaziale, secondo il quale il fatto di risiedere e lavorare in una zona frontaliera in senso stretto, definita in modo variabile in ciascuna convenzione fiscale, è considerato un elemento costitutivo del concetto di lavoro frontaliero.
Il primo problema riflette dunque la mancanza di una definizione uniforme del lavoro frontaliero che, secondo i criteri fissati, può portare nella pratica all'identificazione di diverse categorie di popolazione.
In assenza di una competenza comunitaria precisa, il regime fiscale al quale sono soggetti i lavoratori frontalieri rinvia interamente alle convenzioni fiscali bilaterali firmate dagli Stati europei al fine di evitare la doppia imposizione sui redditi transnazionali. Le regole e i criteri da esse fissati variano da un caso all'altro, e possono in particolare comprendere la tassazione del frontaliere nello Stato di residenza (es. convenzione franco-belga di doppia imposizione), nello Stato del luogo di lavoro (es. convenzione tra Paesi Bassi e Germania), o in entrambi (convenzione tra Svizzera e Germania).
Infatti, quando un reddito è percepito nel quadro di un lavoro transfrontaliero, più Stati possono, in virtù della propria sovranità fiscale, esigere di diritto di riscuotere un'imposta solo su questo reddito conformemente alla loro legislazione in materia. Al fine di evitare che tale reddito transnazionale sia tassato due volte (doppia imposizione), la vasta maggioranza degli Stati europei ha concluso convenzioni fiscali bilaterali, ampiamente uniformate secondo la convenzione modello dell'OCSE riguardante la doppia imposizione sul reddito e sul capitale. Mentre la regola generale enunciata dal modello dell'OCSE nel caso in cui la persona risieda in uno Stato e lavori in un altro è l'imposizione nello Stato del luogo di lavoro, il regolamento specifico in materia di lavoro frontaliero, contenuto nei trattati interstatali di doppia imposizione, attribuisce più spesso il diritto di tassazione allo Stato di residenza piuttosto che allo Stato del luogo di lavoro, quando il contribuente abita nella regione frontaliera di uno Stato e lavora nella regione frontaliera di un altro Stato, e a condizione che l'interessato ritorni regolarmente al suo domicilio. Se il luogo di residenza e/o quello di lavoro sono situati al di fuori della zona frontaliera, il reddito di tale lavoro è invece tassato alla fonte, vale a dire nel Paese in cui il lavoratore è occupato. In questo ultimo caso, al frontaliere viene trattenuto dal datore di lavoro e per conto dello Stato nel quale è occupato l'importo dell'imposta corrispondente al sistema previsto dalla legislazione fiscale di tale Paese. Si rammenta che il criterio di tassazione delle persone fisiche è di norma quello della tassazione mondiale (worldwide taxation principle), vale a dire che chiunque sia residente sul territorio nazionale è soggetto all'imposta sull'insieme dei redditi percepiti, anche se originati all'estero con la possibilità di recapture delle imposte pagate all’estero a titolo definitivo con il foreign tax credit di cui all’articolo 165 del TUIR.
Telelavoro del lavoratore frontaliere
L’altra novità introdotta dal nuovo punto 2 va ad incidere sull’imposizione del lavoro dipendente in modalità di telelavoro: in particolare, è previsto che il lavoratore frontaliere può svolgere al massimo il 25% della sua attività di lavoro dipendente in modalità di telelavoro, senza che ciò comporti alcuna modifica dello status di lavoratore frontaliere ai sensi dell’Accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri del 23 dicembre 2020.
Il punto 2 specifica, inoltre, che tale facoltà vale per tutti i frontalieri (come definiti dall’art. 2, lett. b) dell’Accordo del 2020), compresi quelli che beneficiano del regime transitorio previsto dall’art. 9 dell’Accordo, i.e. “vecchi frontalieri”. È opportuno ricordare che tale regime, che consente di mantenere il regime della tassazione esclusiva in Svizzera per i residenti italiani, si applica ai soggetti che avevano lo status di frontaliere alla data del 17 luglio 2023 o lo avevano avuto tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023.
Questo nuovo regime prevede che i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri e pagate da un datore di lavoro quale corrispettivo di un’attività di lavoro dipendente, svolta in modalità di telelavoro presso il proprio domicilio nello Stato di residenza, fino ad un massimo del 25 % del tempo di lavoro, sono considerati, ai fini impositivi, come ottenuti in virtù di giorni di lavoro svolti nell’altro Stato contraente presso il datore di lavoro.
Da non sottovalutare le criticità a cui potrebbe essere soggetti i "vecchi frontalieri" nelle ipotesi di superamento della soglia del 25% del tempo di lavoro in telelavoro: i "vecchi frontalieri" (coloro che hanno iniziato l'attività frontaliera prima del 18 luglio 2023) potrebbero perdere lo status fiscale di "vecchio frontaliere" per l'anno d'imposta in questione, dovendo dichiarare il reddito da lavoro anche in Italia. In questa ipotesi si applica il principio della tassazione concorrente che prevede:
- sia l’assoggettamento all’imposta dei redditi nel luogo dove sono prodotti (c.d.Paese di destinazione), in base al principio di territorialità,
- sia l’assoggettamento all’imposta in Italia in quanto il lavoratore residente è soggetto alla “tassazione mondiale”, che prevede che i redditi prodotti in tutto il mondo. siano tassati nel luogo di residenza del lavoratore.
Aspetti previdenziali
Lo scorso 28 dicembre 2023 il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha sottoscritto l'accordo quadro europeo sul telelavoro dei transfrontalieri "Framework Agreement on the application of Article 16 of Regulation (EC) No. 883/2004 in cases of habitual cross-border telework "". L'accordo entra in vigore, per l’Italia, dal 1° gennaio 2024.
In particolare è previsto l'innalzamento dal 25% al 50% del limite di tempo di lavoro complessivo svolto dal lavoratore nel Paese di residenza entro il quale è consentito il versamento dei contributi previdenziali nel Paese in cui ha sede l’impresa: in questo modo diviene meno frequente la competenza della legislazione sociale del Paese di residenza, con effetti potenzialmente positivi sia per i lavoratori sia per le imprese coinvolte.
L'accordo prevede che un individuo residente in Italia con un contratto di lavoro in Svizzera potrà lavorare da casa fino al 49,99% del tempo di lavoro previsto dal contratto a partire dal 1° gennaio 2024, senza modifiche alla sua posizione pensionistica e assicurativa: se supera tale soglia, la competenza passa all'INPS, che può richiedere all'azienda svizzera il versamento del contributo corrispondente in Italia, con aggravi amministrativi ed economici.
Nell'accordo il telelavoro transfrontaliero viene definito un’attività che può essere svolta da un qualsiasi luogo e può essere eseguita presso i locali o la sede del datore di lavoro, e che presenta le seguenti caratteristiche:
- viene svolta in uno o più Stati membri diversi da quello in cui sono situati i locali o la sede del datore di lavoro;
- si basa su tecnologie informatiche che permettono di rimanere connessi con l’ambiente di lavoro del datore di lavoro o dell’azienda e con le parti interessate o i clienti, al fine di svolgere i compiti assegnati dal datore di lavoro, nel caso dei lavoratori dipendenti, o dai clienti, nel caso dei lavoratori autonomi.
Si sottolinea che il collegamento informatico con l'infrastruttura aziendale è parte integrante della definizione di lavoro a distanza come telelavoro anche se non è previsto l'obbligo di connessione per tutto l’orario di lavoro.
Le attività manuali svolte al di fuori dei locali del datore di lavoro o della sede di attività non rientrano nella definizione di telelavoro transfrontaliero.
L’Accordo si applica ai lavoratori dipendenti che svolgono abitualmente telelavoro transfrontaliero a condizione che la loro residenza sia in uno Stato firmatario e che la sede legale o il domicilio dell’impresa o del datore di lavoro siano situati in un altro Stato firmatario.