Paesi a fiscalità privilegiata e non cooperativi a fini fiscali  

Paradiso fiscale
Paradiso fiscale

Paesi a fiscalità privilegiata e non cooperativi a fini fiscali  

 

Abstract

Le norme applicabili ai contribuenti che risiedono in Paesi non cooperativi a fini fiscali ovvero in Paesi a fiscalità privilegiata, ossia quei Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni e/o presentano un livello di tassazione basso, sono articolate e presentano differenze in relazione alle diverse fattispecie disciplinate.

 

Premessa

La lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali è composta da Paesi che non hanno rispettato gli impegni assunti per conformarsi ai criteri di buona governance fiscale entro un termine specifico e da Paesi che si sono rifiutati di farlo. Nell’elenco figurano:

  • Samoa americane
  • Anguilla
  • Figi
  • Guam
  • Palau
  • Panama
  • Russia
  • Samoa
  • Trinidad e Tobago
  • Isole Vergini degli Stai Uniti
  • Vanuatu.

Monitoraggio dinamico del Consiglio UE

Per essere considerate cooperative a fini fiscali, le giurisdizioni sono vagliate sulla base di una serie di criteri stabiliti dal Consiglio dell’Unione europea che, attraverso il monitoraggio dinamico delle misure attuate dalle giurisdizioni per rispettare i loro impegni, aggiorna periodicamente (due volte l'anno a partire dal 2020) i criteri in linea con le norme fiscali internazionali, dialoga con i Paesi non conformi e monitora gli sviluppi per garantire che le giurisdizioni non facciano marcia indietro sulle riforme già avviate.

I criteri di inserimento nella lista riguardano:

  • trasparenza fiscale che mira a garantire che le autorità fiscali degli Stati membri dell'UE abbiano accesso a dati adeguati sulle attività estere dei loro cittadini, in modo che tali attività non possano essere occultate per eludere la tassazione;
  • equa imposizione che affronta le pratiche fiscali dannose grazie alle quali delle giurisdizioni attraggono flussi finanziari che non riflettono un'attività economica effettiva;
  • misure contro l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili ("misure anti-BEPS") che dovrebbero garantire il rispetto gli standard minimi dell'OCSE in materia di BEPS, che riguardano le misure fiscali dannose, il "treaty shopping", la rendicontazione paese per Paese e la risoluzione delle controversie.

Misure di difesa nel settore fiscale

Nel settore fiscale gli Stati membri dell'UE dispongono di un ampio potere discrezionale quanto al tipo e alla portata delle misure di difesa, che dipendono in larga misura dai rispettivi sistemi fiscali nazionali. A livello domestico i Paesi dell’UE hanno concordato di applicare almeno una delle seguenti misure amministrative:

  • monitoraggio rafforzato delle operazioni
  • maggiori audit di rischio per i contribuenti che beneficiano dei regimi figuranti nella lista
  • maggiori audit di rischio per i contribuenti che si avvalgono di sistemi fiscali che coinvolgono questi regimi

Gli Stati membri si sono inoltre impegnati, a partire dal 1º gennaio 2021, a utilizzare la lista UE nell'applicazione di almeno una delle seguenti quattro misure legislative specifiche:

  • non deducibilità dei costi sostenuti in una giurisdizione inserita nella lista
  • norme sulle società controllate estere (CFC) per limitare il differimento artificiale delle imposte verso entità offshore a basso tasso d'imposizione
  • misure di ritenuta alla fonte, per contrastare le esenzioni o i rimborsi indebiti
  • limitazione dell'esenzione dei redditi da partecipazioni in relazione ai dividendi degli azionisti.

 

Paesi a fiscalità privilegiata e non cooperativi a fini fiscali: disciplina antielusiva

Le norme applicabili ai contribuenti che operano o risiedono in Paesi non cooperativi a fini fiscali ovvero in Paesi a fiscalità privilegiata, ossia quei Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni e/o presentano un livello di tassazione basso, è molto articolata, presentando alcune differenze in relazione alle diverse fattispecie disciplinate. In particolare rilevano:

 a) le disposizioni relative alla residenza delle persone fisiche

Si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 4 maggio 1999 (articolo 1, comma 2-bis, del TUIR).

La qualificazione di un soggetto come residente o non residente ai fini fiscali comporta un diverso criterio di determinazione della base imponibile, la quale è costituita, ai sensi dell'articolo 3 del TUIR, per i primi, da tutti i redditi posseduti, indipendentemente dal luogo di produzione degli stessi (c.d. principio del worldwide income taxation), salvo l'applicazione di eventuali convenzioni per evitare la doppia imposizione sul reddito, e, per i non residenti, dai soli redditi prodotti in Italia (c.d. principio di territorialità). Per evitare che uno o più redditi possano essere soggette a duplice imposizione internazionale, l'articolo 165 del TUIR riconosce ai contribuenti residenti in Italia un credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero (c.d. foreign tax credit): in particolare, si consente di scomputare dalle imposte dovute quelle assolte all'estero su redditi ivi prodotti. Tale credito d'imposta opera sia ai fini IRPEF sia ai fini IRES.

b) le disposizioni concernenti l'indeducibilità componenti negativi di reddito per i soggetti passivi IRES

A decorrere dal 1° gennaio 2023, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in tali Paesi o territori non cooperativi ai fini fiscali di cui alla lista UE sono deducibili nei limiti del loro valore normale (nuovo comma 9-bis, dell'articolo 110 del TUIR, inserito dall'articolo 1, comma 84, della legge 29 dicembre 2022, n. 197).

 A tali componenti non trova applicazione il regime ordinario di deducibilità previsto dall’articolo 110 del TUIR, restando deducibili solo entro il limite del valore normale, qualora derivino da operazioni che abbiano avuto concreta esecuzione: si rammenta che secondo l’articolo 9 del TUIR si definisce “valore normale” il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per determinare il valore normale occorre fare riferimento, ove possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Diversamente, per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.

Invece, per alcune categorie di beni il valore normale è determinato secondo queste regole art. 9, comma 4, del TUIR):

  • per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;
  • per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti;
  • per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.

La citata disciplina di limite alla deduzione dei Costi Black List non si applica in presenza di due condizioni, che devono essere provate dalle imprese residenti in Italia:

  • che le operazioni perfezionate rispondano ad un effettivo interesse economico;
  • che tali operazioni abbiano avuto concreta esecuzione.

Per cui, qualora il costo risulti inferiore o uguale al valore normale del bene o servizio, lo stesso sarà deducibile per l’intero valore: al contrario, se il costo in questione risulta superiore, lo stesso sarà comunque ammesso in deduzione fino a concorrenza del valore normale.

c) le disposizioni in materia di regimi fiscali privilegiati con riferimento ai redditi da capitali

Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del TUIR, si considerano regimi fiscali privilegiati di Stati o territori diversi da quelli appartenenti all'Unione europea e da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni qualora:

  1. l'impresa non residente sottoposta a controllo da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia abbia un livello di tassazione effettiva inferiore al 15 per cento;
  2. nel caso in cui non ricorra il requisito del controllo, l'impresa non residente abbia un livello nominale di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia (articolo 47-bis del TUIR).

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E/2016 ha precisato che per confrontare il livello di tassazione nominale nel nostro ordinamento si devono considerare l’Ires (senza addizionali) e l’Irap ((24+3,9)/2=13,95); mentre per lo Stato estero bisogna valutare le imposte sui redditi societari da individuare facendo riferimento, qualora esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni, tenendo conto anche delle eventuali imposte di natura identica o analoga intervenute in sostituzione di quelle menzionate espressamente nella Convenzione.

d) le disposizioni in materia di imprese estere controllate (cosiddette CFC) applicabili sia ai soggetti passivi IRPEF sia ai soggetti passivi IRES

Nell'ambito di attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, il regime delle "CFC" (Controlled Foreign Companies ossia le imprese estere controllate), di cui all'articolo 167 del TUIR, è stato modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 209/2023.

Tale regime prevede l'imputazione del reddito realizzato dal soggetto controllato non residente al soggetto controllante residente o localizzato in Italia, in proporzione alla quota di partecipazione da questi (direttamente o indirettamente) detenuta, laddove – in assenza di esimenti – il soggetto controllato non residente integri congiuntamente le seguenti condizioni:

  1. sia assoggettato a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento;
  2. oltre un terzo dei proventi da esso realizzati rientra in una o più delle cd. "passive income" ivi previste dalla norma (a titolo esemplificativo: interessi, canoni, dividendi, etc.).

In alternativa, i soggetti controllanti possono optare per l'applicazione di un'imposta sostitutiva del 15 per cento sull'utile contabile netto dell'esercizio della controllata non residente, a condizione che il bilancio di esercizio di quest'ultima sia oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione. L'opzione è irrevocabile ed ha durata di tre esercizi.

Con il DL n. 84/2025 sono state introdotte ulteriori modifiche alla normativa delle CFC ex art. 167 del TUIR a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (ossia, dal 2024 per i soggetti c.d. “solari”):

  • la modifica del comma 4-bis dell’art. 167 del TUIR, che consente di prendere come riferimento il criterio di ripartizione dell’imposta minima nazionale equivalente adottato dalla giurisdizione della controllata in sostituzione del rapporto tra i profitti eccedenti (excess profit) della controllata localizzati in un determinato Paese e il totale dei profitti eccedenti delle entità soggette all’imposta minima nazionale;
  • la revisione del comma 4-ter del medesimo art. 167, il quale si occupa dell’opzione per la verifica del reddito effettivo con il pagamento del 15% sull’utile delle società estere controllate. L’importo versato dal soggetto controllante è calcolato avendo riguardo all’utile contabile netto dell’esercizio in proporzione alla quota di partecipazione agli utili detenuta, direttamente o indirettamente, dal soggetto controllante, determinato con le modalità disciplinate nel medesimo art. 167 del TUIR, viene considerato non deducibile dalle imposte sui redditi e dall’IRAP e integra la condizione richiesta dalla lett. a) del comma 4 dell’art. 167 del TUIR (tassazione effettiva congrua), anche ai fini dell’imposizione dei dividendi percepiti dai soci: gli utili distribuiti dalla società controllata estera, realizzati nel periodo d’imposta per il quale si è fruito del meccanismo opzionale in argomento, non risultano per il socio come provenienti da Paesi a regimi fiscali privilegiati.

e) la disciplina riguardante il regime fiscale degli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati

Il regime di esenzione dall'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari è applicabile ai soggetti percettori residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni (articolo 6 del decreto legislativo n. 239/1996).

Con specifico riferimento al profilo oggettivo del regime di esenzione di cui all’art. 6, D.Lgs. n. 239/1996, è stato evidenziato che tale disposizione prevede che non sono soggetti a imposizione gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari di cui all’art. 2, comma 1, percepiti da soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.

Non sono altresì soggetti ad imposizione gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari percepiti da:

  • enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
  • gli investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi di cui al primo periodo;
  • banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.

Sotto il profilo soggettivo, dunque, rientrano nel regime di esenzione dall’imposta sostituiva di cui al DLgs n. 239/1996, in generale, i soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni indicati nel decreto ministeriale 4 settembre 1996 e successive modificazioni e integrazioni (cd. white list), ovvero le persone fisiche, le società, le associazioni di persone ed ogni altra entità che viene considerata soggetto passivo ai fini tributari.