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Quando il lavoro è agile e sfugge alla sicurezza

Analisi del lavoro in “modalità agile”: affinità e differenze col telelavoro
Quando il lavoro è agile e sfugge alla sicurezza
Quando il lavoro è agile e sfugge alla sicurezza

Una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato finalizzata ad incrementare la produttività e ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro: questo dovrebbe essere il c.d. lavoro agile (o smart working) secondo il disegno di legge varato dal Consiglio dei Ministri il 28 gennaio 2016 e recentemente approvato dalla Commissione Lavoro del Senato.

Si definisce lavoro agile quella modalità di prestazione di lavoro subordinato ‹‹stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi››, che si svolge ‹‹in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale››. Per il suo svolgimento è possibile l’utilizzo di strumenti tecnologici e non è prevista una postazione fissa per i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali (art. 13).

L’accordo (artt. 14 e 16) che disciplina l’esecuzione della prestazione fuori dei locali dell’impresa dovrà essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, regolerà l’esercizio del potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro e l’utilizzo degli strumenti da parte del lavoratore; stabilirà, inoltre, i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

L’accordo potrà essere a tempo determinato o indeterminato:

a) se l’accordo è a tempo indeterminato il recesso può avvenire con preavviso non inferiore a 30 giorni e, in caso di giustificato motivo, senza preavviso;

b) se l’accordo è a tempo determinato e in presenza di un giustificato motivo ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine;

c) nel caso di lavoratori disabili il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore ai 90 giorni.

Si riconoscono al prestatore di lavoro in modalità agile gli stessi diritti garantiti ai lavoratori che svolgono la medesima attività esclusivamente all’interno dei locali dell’impresa, oltreché il diritto alla tutela contro infortuni sul lavoro e malattie professionali per l’attività resa al di fuori dei locali aziendali.

La scarna disciplina prevista dal d.d.l. messo a punto dall’Esecutivo e vagliato dal Senato (complessivamente sette articoli), difficilmente può considerarsi una novità: il lavoro agile, così come strutturato, mostra una evidente, oggettiva e sostanziale conformità al c.d. telelavoro, tanto che lo sforzo maggiore consiste nell’individuazione dei tratti distintivi fra i due istituti.

Difatti anche il telelavoro altro non è che una modalità di esplicazione dell’attività lavorativa che, peraltro, ha avuto scarsa diffusione tanto nel settore pubblico, dove pure gode di un supporto legislativo (DPR 25 marzo 1999, n. 70), tanto in quello privato, dove il Legislatore, non essendo mai intervenuto, ha di fatto affidato la disciplina dell’istituto alla contrattazione collettiva; in tal senso  il testo di riferimento risulta essere l’Accordo Interconfederale del 09/06/2004 di recepimento dell’Accordo – quadro europeo del 2002 sul telelavoro.

Al netto della sostanziale sovrapponibilità delle discipline in materia di trattamento economico e normativo del lavoratore, le differenze più significative sembrano essere due: la quantità della prestazione resa in modalità “da remoto” e la sicurezza sul lavoro.

Il d.d.l. prevede che l’attività lavorativa resa in modalità agile sia svolta solo in parte all’esterno dell’azienda, stabilendo un principio di  non totale esecuzione della prestazione al di fuori dei locali dell’impresa che non trova riscontro nella disciplina relativa al telelavoro.

Infatti secondo l’Accordo Interconfederale del 2004 ‹‹il telelavoro costituisce una forma di organizzazione e/o svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa›› (art. 1, co. 1) ; così come nel DPR 25 marzo 1999, n. 70 per “telelavoro” si intende  «la prestazione di lavoro eseguita dal dipendente di una delle amministrazioni pubbliche…in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che consentano il collegamento con l’amministrazione cui la prestazione stessa inerisce» (art. 2, lett.b).

È evidente che in entrambi i casi si prevede che l’attività di lavoro da remoto venga svolta al di fuori del tradizionale luogo di lavoro, senza alcun riferimento a logiche di alternanza o prevalenza. Da ciò deriva la scelta, più che sensata, di consentire l’accesso al luogo in cui si svolge il telelavoro (che può anche coincidere col domicilio) al fine di verificare che la prestazione venga svolta in modo corretto e che sia garantita la salute e la sicurezza del telelavoratore (cfr. art. 7 A.I. del 09/06/2004  e art. 8 DPR 70/1990).

Proprio la disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro costituisce la più preoccupante peculiarità del lavoro agile. Secondo l’articolo18, comma 1, del d.d.l. ‹‹il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro››.

Dunque nulla più della previsione di un generico obbligo per il datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore in modalità agile, obbligo il cui contenuto viene specificato solo in relazione ad un’informativa scritta, e a cui fa da contraltare la cooperazione del lavoratore all’attuazione delle misure prevenzionistiche messe a punto dal datore (cfr. art. 18, co. 2, d.d.l. 27/07/2016).

Diversa, invece, la disciplina in materia prevista per il telelavoro che, oltre ad essere più articolata, viene integrata da un’altra normativa, ben più completa e specifica, che prevede obblighi stringenti in capo al datore di lavoro.

Si tratta del Decreto Legislativo n. 81/2008 che, al comma 10 dell’articolo 3, stabilisce che: ‹‹A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza può chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali››.

L’impressione è che il Governo abbia messo a punto una nuova versione del telelavoro, scevra di quelle che, da parte datoriale, sono state percepite come “complicazioni normative” che ne hanno impedito la diffusione: si tratta principalmente degli obblighi relativi alla copertura dei costi e al rimborso delle spese per lo svolgimento dell’attività lavorativa resa da remoto (cfr. art. 6, co.3, A.I. e art. 5, co.2, D.P.R. 70/1999) e degli obblighi di informazione, formazione e addestramento previsti dal T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro con particolare riferimento all’utilizzo di attrezzature munite di videoterminali ( titolo VII del d.lgs. 81/2008 ) e alla loro conformità a precisi requisiti di sicurezza (titolo III del d.lgs. 81/2008).

In conclusione sembrerebbe che l’assenza di una postazione fissa all’esterno dei locali aziendali, il generico riferimento ai limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, la previsione del parziale svolgimento (non meglio quantificato) del lavoro all’interno dell’azienda e, più in generale, la mancata articolazione nello spazio e nel tempo della prestazione resa in modalità agile, sottragga quest’ultima dal campo di applicazioni di previsioni legislative e contrattuali probabilmente gravose per il datore di lavoro (anche dal punto di vista economico), ma sicuramente idonee a tutelare adeguatamente il lavoratore.

Fa riflettere inoltre il riferimento a forme di organizzazione della prestazione per fasi, cicli e obiettivi introdotto dalla Commissione Lavoro del Senato e assente nell’originaria versione del d.d.l. : una formula questa che sembrerebbe quasi rievocare il lavoro a progetto (peraltro recentemente soppresso) nella parte in cui si legava  la collaborazione alla realizzazione di un progetto specifico o programma di lavoro o fasi di esso.

Allo stesso modo mal si comprende la soppressione ad opera della stessa Commissione delle disposizioni (originariamente previste dall’Esecutivo) relative alla protezione e riservatezza dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore, alla diligente custodia da parte di quest’ultimo degli strumenti tecnologici messi a disposizione, e alla possibilità per la contrattazione collettiva di introdurre ulteriori previsioni finalizzate a rendere più agevole e fruibile, tanto per i lavoratori quanto per le imprese, questa modalità di lavoro.

La preoccupazione è che, a queste condizioni e senza modifiche sostanziali alla Camera, agilità vi sarà soltanto nell’utilizzo della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro, mentre al lavoratore rimarrà tutto il carico di difficoltà di un lavoro mal tutelato.

Disegno di legge n. 2233 del 28/01/2016:

http://www.governo.it/sites/governo.it/files/testo_16.pdf

Disegno di legge licenziato dalla Commissione Lavoro del Senato del 27/07/2016:

http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2016/08/ddl-lavoro-autonomo-testo-approvato.pdf

Accordo Interconfederale del 09/06/2004:

https://www.cliclavoro.gov.it/Aziende/Documents/accordo_interconfederale_telelavoro_9_6_2004.pdf

Una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato finalizzata ad incrementare la produttività e ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro: questo dovrebbe essere il c.d. lavoro agile (o smart working) secondo il disegno di legge varato dal Consiglio dei Ministri il 28 gennaio 2016 e recentemente approvato dalla Commissione Lavoro del Senato.

Si definisce lavoro agile quella modalità di prestazione di lavoro subordinato ‹‹stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi››, che si svolge ‹‹in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale››. Per il suo svolgimento è possibile l’utilizzo di strumenti tecnologici e non è prevista una postazione fissa per i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali aziendali (art. 13).

L’accordo (artt. 14 e 16) che disciplina l’esecuzione della prestazione fuori dei locali dell’impresa dovrà essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, regolerà l’esercizio del potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro e l’utilizzo degli strumenti da parte del lavoratore; stabilirà, inoltre, i tempi di riposo e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

L’accordo potrà essere a tempo determinato o indeterminato:

a) se l’accordo è a tempo indeterminato il recesso può avvenire con preavviso non inferiore a 30 giorni e, in caso di giustificato motivo, senza preavviso;

b) se l’accordo è a tempo determinato e in presenza di un giustificato motivo ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine;

c) nel caso di lavoratori disabili il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore ai 90 giorni.

Si riconoscono al prestatore di lavoro in modalità agile gli stessi diritti garantiti ai lavoratori che svolgono la medesima attività esclusivamente all’interno dei locali dell’impresa, oltreché il diritto alla tutela contro infortuni sul lavoro e malattie professionali per l’attività resa al di fuori dei locali aziendali.

La scarna disciplina prevista dal d.d.l. messo a punto dall’Esecutivo e vagliato dal Senato (complessivamente sette articoli), difficilmente può considerarsi una novità: il lavoro agile, così come strutturato, mostra una evidente, oggettiva e sostanziale conformità al c.d. telelavoro, tanto che lo sforzo maggiore consiste nell’individuazione dei tratti distintivi fra i due istituti.

Difatti anche il telelavoro altro non è che una modalità di esplicazione dell’attività lavorativa che, peraltro, ha avuto scarsa diffusione tanto nel settore pubblico, dove pure gode di un supporto legislativo (DPR 25 marzo 1999, n. 70), tanto in quello privato, dove il Legislatore, non essendo mai intervenuto, ha di fatto affidato la disciplina dell’istituto alla contrattazione collettiva; in tal senso  il testo di riferimento risulta essere l’Accordo Interconfederale del 09/06/2004 di recepimento dell’Accordo – quadro europeo del 2002 sul telelavoro.

Al netto della sostanziale sovrapponibilità delle discipline in materia di trattamento economico e normativo del lavoratore, le differenze più significative sembrano essere due: la quantità della prestazione resa in modalità “da remoto” e la sicurezza sul lavoro.

Il d.d.l. prevede che l’attività lavorativa resa in modalità agile sia svolta solo in parte all’esterno dell’azienda, stabilendo un principio di  non totale esecuzione della prestazione al di fuori dei locali dell’impresa che non trova riscontro nella disciplina relativa al telelavoro.

Infatti secondo l’Accordo Interconfederale del 2004 ‹‹il telelavoro costituisce una forma di organizzazione e/o svolgimento del lavoro che si avvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito di un contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attività lavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei locali dell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori dei locali della stessa›› (art. 1, co. 1) ; così come nel DPR 25 marzo 1999, n. 70 per “telelavoro” si intende  «la prestazione di lavoro eseguita dal dipendente di una delle amministrazioni pubbliche…in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che consentano il collegamento con l’amministrazione cui la prestazione stessa inerisce» (art. 2, lett.b).

È evidente che in entrambi i casi si prevede che l’attività di lavoro da remoto venga svolta al di fuori del tradizionale luogo di lavoro, senza alcun riferimento a logiche di alternanza o prevalenza. Da ciò deriva la scelta, più che sensata, di consentire l’accesso al luogo in cui si svolge il telelavoro (che può anche coincidere col domicilio) al fine di verificare che la prestazione venga svolta in modo corretto e che sia garantita la salute e la sicurezza del telelavoratore (cfr. art. 7 A.I. del 09/06/2004  e art. 8 DPR 70/1990).

Proprio la disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro costituisce la più preoccupante peculiarità del lavoro agile. Secondo l’articolo18, comma 1, del d.d.l. ‹‹il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro››.

Dunque nulla più della previsione di un generico obbligo per il datore di lavoro di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore in modalità agile, obbligo il cui contenuto viene specificato solo in relazione ad un’informativa scritta, e a cui fa da contraltare la cooperazione del lavoratore all’attuazione delle misure prevenzionistiche messe a punto dal datore (cfr. art. 18, co. 2, d.d.l. 27/07/2016).

Diversa, invece, la disciplina in materia prevista per il telelavoro che, oltre ad essere più articolata, viene integrata da un’altra normativa, ben più completa e specifica, che prevede obblighi stringenti in capo al datore di lavoro.

Si tratta del Decreto Legislativo n. 81/2008 che, al comma 10 dell’articolo 3, stabilisce che: ‹‹A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza può chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l’adozione di misure dirette a prevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali››.

L’impressione è che il Governo abbia messo a punto una nuova versione del telelavoro, scevra di quelle che, da parte datoriale, sono state percepite come “complicazioni normative” che ne hanno impedito la diffusione: si tratta principalmente degli obblighi relativi alla copertura dei costi e al rimborso delle spese per lo svolgimento dell’attività lavorativa resa da remoto (cfr. art. 6, co.3, A.I. e art. 5, co.2, D.P.R. 70/1999) e degli obblighi di informazione, formazione e addestramento previsti dal T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro con particolare riferimento all’utilizzo di attrezzature munite di videoterminali ( titolo VII del d.lgs. 81/2008 ) e alla loro conformità a precisi requisiti di sicurezza (titolo III del d.lgs. 81/2008).

In conclusione sembrerebbe che l’assenza di una postazione fissa all’esterno dei locali aziendali, il generico riferimento ai limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, la previsione del parziale svolgimento (non meglio quantificato) del lavoro all’interno dell’azienda e, più in generale, la mancata articolazione nello spazio e nel tempo della prestazione resa in modalità agile, sottragga quest’ultima dal campo di applicazioni di previsioni legislative e contrattuali probabilmente gravose per il datore di lavoro (anche dal punto di vista economico), ma sicuramente idonee a tutelare adeguatamente il lavoratore.

Fa riflettere inoltre il riferimento a forme di organizzazione della prestazione per fasi, cicli e obiettivi introdotto dalla Commissione Lavoro del Senato e assente nell’originaria versione del d.d.l. : una formula questa che sembrerebbe quasi rievocare il lavoro a progetto (peraltro recentemente soppresso) nella parte in cui si legava  la collaborazione alla realizzazione di un progetto specifico o programma di lavoro o fasi di esso.

Allo stesso modo mal si comprende la soppressione ad opera della stessa Commissione delle disposizioni (originariamente previste dall’Esecutivo) relative alla protezione e riservatezza dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore, alla diligente custodia da parte di quest’ultimo degli strumenti tecnologici messi a disposizione, e alla possibilità per la contrattazione collettiva di introdurre ulteriori previsioni finalizzate a rendere più agevole e fruibile, tanto per i lavoratori quanto per le imprese, questa modalità di lavoro.

La preoccupazione è che, a queste condizioni e senza modifiche sostanziali alla Camera, agilità vi sarà soltanto nell’utilizzo della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro, mentre al lavoratore rimarrà tutto il carico di difficoltà di un lavoro mal tutelato.

Disegno di legge n. 2233 del 28/01/2016:

http://www.governo.it/sites/governo.it/files/testo_16.pdf

Disegno di legge licenziato dalla Commissione Lavoro del Senato del 27/07/2016:

http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2016/08/ddl-lavoro-autonomo-testo-approvato.pdf

Accordo Interconfederale del 09/06/2004:

https://www.cliclavoro.gov.it/Aziende/Documents/accordo_interconfederale_telelavoro_9_6_2004.pdf