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Rider: il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato

Sentenza storica del Tribunale di Milano
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Rider: il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato
 

Indice

il riconoscimento della subordinazione

subordinazione ed obbligo di accettare la prestazione

L’assenza di un’effettiva libertà di scelta

 

Il riconoscimento della subordinazione

Con la sentenza n.1018 del 20/04/2022 il Tribunale di Milano – Sez. Lavoro – ha accertato e dichiarato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato tra il rider ricorrente e l’azienda titolare della piattaforma digitale di food-delivery per cui lavorava, condannando quest’ultima al pagamento delle differenze retributive dovute.

Il rider, che aveva sottoscritto il 14.10.2018 un “contratto di lavoro autonomo” con Deliveroo Italia s.r.l., nel marzo 2019 chiedeva al Tribunale milanese il riconoscimento della natura subordinata di tale rapporto di lavoro o, in subordine, l’applicazione allo stesso della disciplina del lavoro subordinato ex art. 2 d.lgs. n. 81/2015.

Nella sentenza si ricostruisce, come segue, la prestazione del rider al momento dei fatti di causa:

  • il rider riceveva delle credenziali per accedere all’app, scaricata sul proprio smartphone, attraverso la quale veniva offerta e accettata la consegna;
  • il rider accedeva all’app se e quando intendeva rendersi disponibile a ricevere proposte di servizio;
  • ogni lunedì, per poter ricevere proposte, il rider effettuava (tramite app) le prenotazioni della sessione di lavoro per la settimana, selezionando giorno e ora disponibili;
  • il rider poteva procedere alla prenotazione del lunedì a decorrere da tre diversi orari: dalle 11.00, dalle 15.00 e dalle 17.00.

L’accesso alle tre fasce orarie di prenotazione era consentito da Deliveroo in base ai valori nei due indici di prenotazione:

  1. l’indice di “affidabilità”, che valutava il numero di volte in cui il rider non effettuava il login entro i primi 15 minuti della fascia oraria prenotata;
  2. l’indice di “partecipazione durante le sessioni con maggiore richiesta di lavoro”, che valutava il numero di volte in cui il rider si rendeva disponibile negli orari della fascia 20.00/22.00 dei giorni dal venerdì alla domenica.

Dunque l’accesso alla fascia oraria di prenotazione delle 11.00 (più vantaggiosa, essendo in quel momento prenotabili tutti i turni disponibili nella settimana) era consentito solo ai rider che presentavano un valore massimo nei predetti indici; alle fasce orarie di prenotazione successive (con i rimanenti turni) accedevano, invece, i rider con i valori più bassi.

Inoltre nella sentenza si precisa che:

  • per poter ricevere proposte il rider doveva trovarsi all’interno della zona in cui aveva prenotato la sua sessione e, comunque, riceveva le proposte in base alla posizione in cui si trovava rispetto alla sede del ristorante o del bar;
  • durante la sessione prenotata il rider riceveva le proposte e poteva accettarle, ignorarle o rifiutarle (il rifiuto del rider non incideva sugli indici di prenotazione);
  • accettata la proposta, il rider ritirava il prodotto presso l’esercizio di ristorazione per poi consegnarlo al cliente che aveva effettuato l’ordine tramite app;
  • Deliveroo conosceva costantemente la posizione del rider mentre era online ed eseguiva la prestazione grazie ad un sistema di geolocalizzazione.
     

Subordinazione ed obbligo di accettare la prestazione

Il Tribunale milanese ha ritenuto che l’attività lavorativa del rider, come sopra descritta, presentasse ‹‹i connotati propri della subordinazione››.

In particolare nella sentenza si evidenzia come, all’epoca dei fatti di causa, la prestazione del rider ‹‹risultasse completamente organizzata dall’esterno con un’incidenza diretta sulle modalità di esecuzione, sui tempi e sui luoghi››, dato che:

  1. l’accesso alle fasce orarie di prenotazione era condizionato dal punteggio posseduto dal rider, secondo gli indici di prenotazione;
  2. il rider veniva penalizzato con decurtazione del punteggio per il ritardo (superiore a 15 minuti) nel login nella sessione prenotata e/o se non si rendeva disponibile negli orari e nei giorni considerati ‹‹più rilevanti per il consumo di cibo a domicilio››;
  3. per essere selezionato dall’algoritmo e ricevere la proposta, il rider doveva trovarsi nelle vicinanze del locale da cui doveva essere ritirata la merce;
  4. la piattaforma indicava al rider dove recarsi per ritirare il prodotto e dove consegnarlo;
  5. Deliveroo “geolocalizzava” il lavoratore durante tutto lo svolgimento dell’attività lavorativa.

In particolare, secondo il giudice, l’assenza dell’obbligo in capo al rider di eseguire la prestazione non escludeva la natura subordinata del rapporto di lavoro (come, invece, sostenuto da Deliveroo).

Difatti ‹‹è bene osservare come la facoltà di rifiutare la singola prestazione non integri affatto un elemento di incompatibilità rispetto alla subordinazione››. Questo ‹‹sia perché il lavoro subordinato può afferire ad una singola prestazione (si pensi al lavoro agricolo a giornata, secondo le disponibilità del lavoratore, oppure al lavoro a chiamata, che resta comunque una forma speciale di lavoro subordinato); sia perché […] ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro subordinato, non presenta significato determinante la circostanza che il collaboratore sia libero o meno di accettare se svolgere la prestazione trattandosi di elemento non rilevante per la natura del rapporto›› (cfr. Cass. n. 9343/2005, Cass. n. 3457/2018).

La scelta del rider (e del lavoratore in generale) ‹‹di accettare o meno l’offerta è un elemento esterno al contenuto del rapporto, idoneo a incidere, quindi, sulla sua costituzione e sulla sua durata, ma non sulla forma e sul contenuto della prestazione: la continuità del rapporto (che esiste e rimane in forza dell’accordo tra le parti) non esclude che vi possa essere discontinuità della prestazione››.

Così, dato che la subordinazione è limitata al rapporto effettivamente svoltosi, diventa irrilevante il fatto che, nel caso in esame, il rider fosse libero di accettare o non accettare l’offerta.
 

L’assenza di un’effettiva libertà di scelta

D’altra parte, secondo il Tribunale di Milano, ben si può ‹‹dubitare dell’effettiva libertà del rider››.

Infatti nel sistema di prenotazione in uso solo i rider che avevano ottenuto il punteggio massimo potevano scegliere tra tutti i turni disponibili nella settimana, mentre chi presentava indici inferiori aveva un ambito di selezione più ridotto: ciò, si legge nella sentenza, ‹‹incide[va] non poco sulla libertà di determinare la fascia oraria (il quando) di svolgimento dell’attività››.

Inoltre, questo meccanismo di classificazione finiva con l’indurre il rider a effettuare tempestivamente il login nelle sessioni prenotate (indice di “affidabilità”) e a rendersi disponibile nelle sessioni più rilevanti per Deliveroo (indice di “partecipazione durante le sessioni con maggiore richiesta di lavoro”), ‹‹così limitando la sua (apparente) libertà di decidere l’an e il quando della prestazione››.

In questo modo, secondo il giudice, la decurtazione del punteggio al rider si configura come:

  1. espressione di un potere disciplinare (sanzionando il rendimento del rider con la riduzione della possibilità di lavorare a condizioni migliori o più vantaggiose);
  2. manifestazione di un più generale potere direttivo, poiché per il rider l’unico modo per prenotare le sessioni di lavoro più comode e vantaggiose consisteva nell’adottare determinati comportamenti prestazionali che gli garantivano il massimo punteggio: così tali comportamenti risultavano ‹‹di fatto etero-diretti (se non addirittura imposti dal datore)››.

Peraltro, continua il giudice, ‹‹far dipendere la scelta dei turni orari da un sistema di punteggio nega di per sé che possa parlarsi di libertà››.

Inoltre le modalità di assegnazione degli incarichi di consegna (in base all’algoritmo) costringevano il rider ad essere a disposizione del datore di lavoro nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione (mediante connessione all’app) e ad essere fisicamente vicino ai locali di ritiro: in sostanza ‹‹si impone[va] al rider di essere già disponibile ad effettuare la consegna››.

Queste modalità, si sottolinea nella sentenza, non consentivano al rider di ‹‹ricevere offerte relative a locali più distanti, restringendo di fatto la sua scelta delle prestazioni da eseguire››.

Peraltro al rider non era ‹‹concessa la facoltà di cumulare al meglio i prodotti da consegnare›› poiché era sempre Deliveroo a decidere quante consegne affidare (e a chi) nel corso del turno (così incidendo sull’ammontare del compenso che il rider poteva conseguire): in questo modo il rider non disponeva ‹‹di un concreto spazio di libertà decisionale nemmeno in ordine al quantum della prestazione››.

A ciò va aggiunto che ‹‹l’asserita libertà di scelta›› era ulteriormente intaccata dal fatto che le proposte venivano ‹‹assegnate dalla piattaforma, tramite l’algoritmo, sulla scorta di criteri del tutto estranei alle preferenze e agli interessi›› del rider.